Fermo restando che rimane fondamentale su questo tema il” Discorso sopra i costumi degli Italiani” di Giacomo Leopardi, in estrema sintesi direi che la caratteristica saliente degli italiani è il pressapochismo.
Probabilmente dovuto alla concorrenza di più fattori: storica scarsità di mezzi, scarsa affezione per il lavoro (siamo cattolici, non protestanti), nepotismo.
Come tutti i difetti, il contraltare positivo è la creatività (che nasce come arte di arrangiarsi), ma che non va certo disgiunta da una solida preparazione, se si vuole anche l’originalità.
A questo proposito, ricollegandomi al post precedente, una scuola che costringa ad una preparazione costante e precisa (anche se si può discutere sull’oggetto della medesima) si porrebbe certamente come efficace correttivo di questa deleteria tendenza.
Va da sé che il modello di scuola gesuitica alla quale era ispirato per filiazione diretta il liceo classico (anche a Ferrara, dopo il 1860 si limitò a cambiare nome) è stato progressivamente abbandonato; però, nei momenti di crisi, e lo dimostra la scelta dell’ultimo papa, diventa l‘extrema ratio.
“Dal 1980 nei paesi occidentali il volume totale del debito (che include quello pubblico, delle famiglie e delle società) si è quadruplicato tanto che ormai è tre volte la somma del Pil di queste nazioni. Quello di Eurolandia ammonta a 61mila miliardi di euro ed è di gran lunga superiore al 180 per cento del pil in tutti gli stati membri. Un debito di queste dimensioni è non solo ingestibile ma impedisce qualsiasi tipo di ripresa, su questo tutti gli economisti sono d’accordo.”
Così afferma Loretta Napoleoni su “Il fatto quotidiano” eppure nessun italiano sembra preoccuparsene…
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