Dopo la consueta selezione e rimpasto, l’ultimo anno di corso ci vide in 30 (al centro della foto la insegnante di Italiano con accanto il professore di Matematica e fisica), ma la novità fu che, data la scarsità di aule, ci fu assegnato il gabinetto di scienze, al secondo piano, che si raggiungeva salendo uno scalone, sulla destra subito dopo l’ingresso, che si affacciava sul sagrato della chiesa attigua.
Non che la vista panoramica ci facesse sentire dei privilegiati, ma, ogni volta che una classe doveva usufruire del gabinetto di scienze, noi scambiavamo la nostra aula con la loro, il che ci consentiva piacevoli passeggiate all’interno dell’istituto.
Dato lo scarso uso dei laboratori comunque, la cosa non avveniva spesso: anche quello di fisica (a gradoni, con pesanti tende nere, strumenti ottocenteschi, in fondo al corridoio principale) veniva usato raramente, tanto “mancando le condizioni ideali, gli esperimenti non venivano mai”, nonostante gli sforzi del tecnico di laboratorio (certo Leone, che probabilmente viveva lì, e che noi vedemmo tre volte in tutto).
Altra cosa che successe tre volte in tutto, fu di andare al cinema Boldini, a pochi passi da noi e ricordo ancora “Il vangelo secondo Matteo” di Pasolini e Alexander Nevsky (Russian: Александр Невский) di Sergei Eisenstein 1938 (sì, quello della corazzata Potemkin, naturalmente!).
Un’altra uscita inaspettata, che ricordo con piacere, fu per i campionati studenteschi di atletica, al campo scuola: non che io partecipassi, ovviamente, ma, per tradizione, toccava alla terza A maschile fare i giudici di gara; fu la prima e unica volta che misi piede in una struttura sportiva.
Come avrete capito da questa lunga introduzione, praticamente tutto l’anno non ci fu storia: si viveva ormai nell’attesa (ricordataci ogni giorno dagli insegnanti) dell’ evento finale, quasi apocalittico, dell’esame di maturità (tutte le materie, scritti e orali, dell’ultimo anno di corso, un corposo programma di “richiami” ai due anni precedenti, commissione esterna di docenti universitari).
L’esame si faceva a luglio, per cui praticamente tutto giugno era dedicato alla preparazione: molti andavano a lezione da titolati accademici, altri formavano team di studio assistiti dalle famiglie che li provvedevano costantemente di cibarie e di Acutil fosforo, altri, come me, studiavano in solitario.
Ripetere in 20 giorni tutto il programma richiedeva organizzazione, per cui lasciai perdere immediatamente matematica e fisica (che da sole avevano assorbito la metà del mio tempo di studio nei tre anni precedenti) e, per il resto mi affidai a S.Bignami, di cui del resto raccomanderei, anche adesso , i commenti alle tre cantiche della Divina Commedia, molto utili per chi volesse approfondire il Benigni.
Se durante l’anno studiavo mediamente 5 ore al giorno, in questo periodo arrivai a 10, ma mai di notte o dopo cena, tanto che mio padre, ad un certo punto, mi chiese se non mi sembrava di studiare un po’ poco!
In realtà, neanche all’università, sotto esami, ho mai superato le 6 ore, per cui, anche alla luce dei risultati, posso affermare che furono sufficienti; e, nonostante quanto mostrato da recente mitologia cinematografica, l’esperienza non fu traumatica (di esami noi ne avevamo già fatti parecchi).
Infatti le materie in cui ebbi solo 6 furono italiano, dove mi interrogò il Pazzaglia (autore di un noto testo di Storia della letteratura italiana per le superiori) e fisica, dove il commissario era un giovane docente universitario che cercava di farci ragionare sui perché dei fenomeni fisici (ma poi, con mia sorpresa, mi diede 7 in matematica).
Tanto per capirci, 7 era e fu il voto massimo che si poteva prendere al classico in quei tempi, tant’è vero che, in classifica, il primo ebbe tutti sette, il secondo un 6 e tutti sette, poi venni io con i miei due 6 e il resto 7; e almeno una decina di persone fu rimandata a settembre (sì, allora si veniva rimandati anche alla maturità).
So che tutti noi tre poi facemmo Lettere, che era , del resto, quasi uno sbocco obbligato del classico (in proposito inserirò una Appendice nel quaderno che raccoglierà questi articoli del blog).
Molti dei miei compagni ho avuto modo di rivederli, specialmente quelli che sono diventati poi miei colleghi di insegnamento, alcuni non li ho mai più rivisti, anche perché, per fortuna, non abbiamo mai fatto cene di classe!
Pingback: Ricordi di scuola 4 | apoforeti
Gruppo su FB: https://www.facebook.com/groups/266470860388758/