Provate un po’ a pensare chi sono oggi gli “strumenti ciechi d’occhiuta rapina” e quelli che tengono divisi i popoli (in debitori e creditori) per meglio dominarli
La letteratura italiana di metà Ottocento fu caratterizzata dal binomio poesia-patriottismo. Il Risorgimento dei poeti fu, infatti, legato ad una letteratura che venne definita “per il popolo”, in altre parole quella borghesia che Giovanni Berchet, nella Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliolo, individuò come il pubblico ideale. Una poesia che aveva lo scopo di smuovere le coscienze, che tuonava contro lo “straniero”, che anelava all’indipendenza, nei cui versi il poeta intrecciava amor patrio e sentimento individuale per condividere con gli Italiani un fermento d’emozioni che aveva un denominatore comune: la voglia di essere una nazione, di vivere in uno Stato finalmente unitario.
Uno dei poeti, un tempo certamente più conosciuti dagli studenti (i suoi versi si imparavano a memoria fin dalle elementari, spesso senza capirci un’acca), è Giuseppe Giusti(1809-1850), i cui versi sono caratterizzati dall’associazione tra la satira e l’invettiva, efficacemente espressa…
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E che dire poi di Marzo 1821? (A.Manzoni):
Oggi, o forti, sui volti baleni
Il furor delle menti segrete:
Per l’Italia si pugna, vincete!
Il suo fato sui brandi vi sta.
O risorta per voi la vedremo
Al convito dei popoli assisa,
O più serva, più vil, più derisa
Sotto l’orrida verga starà.
Oh giornate del nostro riscatto!
Oh dolente per sempre colui
Che da lunge, dal labbro d’altrui,
Come un uomo straniero, le udrà!
Che a’ suoi figli narrandole un giorno,
Dovrà dir sospirando: «io non c’era»;
Che la santa vittrice bandiera
Salutata quel dì non avrà.