“…La nostra epoca mostra una certa riluttanza ad attribuire grandi effetti alla pochezza umana, cioè a quella che in un’epoca semanticamente meno cauta veniva chiamata stupidità.
Noi preferiamo credere che ogni azione umana sia determinata da forze sociali più profonde. In effetti la tolleranza ha sempre i suoi lati buoni.
Ma dovremmo deciderci ad ammettere che la pochezza – cioè l’ottusità unita all’inerzia – costituisce un problema. E che non è inevitabile.
Si sono avuti in passato esempi felici di politica economica. E noi dobbiamo partire dal presupposto che furono felici non per un puro caso fortunato ma per merito di persone informate ed energiche.In futuro non sarà certo più facile che in passato, per il profano o per il politico incompetente, distinguere gli uomini capaci dagli altri.
In compenso non è per niente difficile distinguere il successo dal fallimento. D’ora in avanti per tutte le questioni economiche e monetarie dovrebbe valere una semplice regola: chi deve spiegare il proprio fallimento vuol dire che ha fallito. Dovremo essere miti con chi ha ottenuto risultati mediocri. Ma mai tanto gentili da confermarlo nella sua carica…”
(John Kenneth Galbraith – Money – 1975/1995 – Conclusioni)