Reductio ad angelum

Maria Elena Boschi al maggio musicale fiorentino

Arriviamo al punto. Il fatto che ad occupare l’incarico di ministro delle Riforme sia Maria Elena Boschi non è un caso. Viso angelico, sguardo penetrante, occhi di ghiaccio, lineamenti piccoli, grande femminilità. La svolta autoritaria della democrazia parlamentare italiana poteva passare soltanto attraverso di lei. Immaginatevi se al posto della sua firma ci fosse stata quella di un ministro uomo, virile, imponente, con una certa statura politica. La riforma costituzionale avrebbe preso una connotazione autoritaria e la reductio ad hitlerum (tattica oratoria mirante a discreditare un discorso o un soggetto paragonandolo banalmente ad Adolf Hitler) sarebbe stata sulla bocca di tutti. Con il ministro Boschi invece si è riprodotto un processo inverso: la reductio ad angelum. E non è un caso infatti che anche i telegiornali vedono sempre più presentatrici che presentatori. Il motivo non è l’emancipazione della donna nel mondo del lavoro, sia chiaro. In realtà, le brutte notizie (crisi, disoccupazione, povertà, guerra, morti, insicurezza), vengono digerite meglio dall’opinione pubblica se ad annunciarle è una voce femminile.

Sebastiano Caputo

estratto da http://www.lintellettualedissidente.it/reductio-ad-angelum/

Il titolo è tanto più calzante se si tiene conto delle origini democristiane della famiglia (Arezzo era fanfaniana) e del fatto che la Boschi ricorda: «Sono stata la prima chierichetta femmina nella storia della parrocchia dei santi Ippolito e Cassiano. Pensa tu che record! E sono stata catechista per cinque anni». Ha inoltre partecipato a due giornate mondiali della gioventù wojtyliane [4]

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Ma soprattutto mi rendo conto che in questo anno, dal luglio scorso, ho buttato via, pulito, sfoltito.Sì. Ho buttato via la televisione, ad esempio. Non mi ricordo nemmeno di averla, se non fosse per i bambini che alla sera desiderano rincitrullirsi davanti ai cartoni. Io l’ho accesa una volta sola quest’anno, per vedere La grande bellezza. Il fatto di accenderla, guardare, ho notato, era un automatismo, evidentemente, ma che non mi portava molto, se ora non mi manca per nulla. La sera in casa c’è silenzio, io sul divano che leggo o scrivo, luce bassa. Bello.

Ho buttato via vestiti, tanti, troppi, dei bambini, miei, a sacchetti. Abbiamo troppe cose, troppe, alle volte ne sono nauseata, nauseata da come ce le propongono, a basso prezzo, che par impossibile non comprarsi quella magliettina a sette euro se vai a farti un giro, in fondo che sono sette euro? E poi la metti una volta e fine, e qualche bambino si è tagliato un dito in una fabbrica schifosa per farla, per esser ottimisti, e tu non la metterai più, e poi la butterai, e finirà magari addosso a qualcuno o forse al macero, a riempire la terra di roba che non sapremo più dove mettere e che ci seppellirà. Cerco di uscire da questo meccanismo, alle volte con difficoltà, certo.

estratto da http://thepellons.wordpress.com/2014/07/23/i-gave-all-i-could-but-it-left-me-so-sore/

Il fumetto europeo da Mortimer a Nathan Never

Rileggere i “vecchi” fumetti o leggerli per la prima volta, può essere una piacevole sorpresa

Il Tredicesimo Cavaliere

Quando ho iniziato  ad avventurarmi in questa analisi sulla fantascienza a fumetti, non mi ero reso conto di stare scoperchiando il vaso di Pandora. Attirato dai volumi della Mondadori, collana Fantastica, che riproponevano autori per lo più europei di ‘culto’, ben presto mi sono accorto che il fumetto è fantascienza, perlomeno  all’80 per cento. Addio quindi pretesa di esaustività, mi devo accontentare di tracciare le grandi linee di questo mondo, limitandomi a ciò che nell’accezione comune è sf .

mortimerHo ritenuto necessaria questa premessa perché, dopo aver esplorato il mondo supereroistico americano e quello dei manga nipponici, intendo tornare nel ‘Vecchio mondo’, in Europa, i cui autori hanno dato tantissimo al genere, ma in modo molto diverso, “dirompente” è l’aggettivo che mi viene in mente per primo.  Lo stile, espresso principalmente dagli autori francesi e italiani, è molto colto e giustifica anche le perplessità di chi è abituato alla classica…

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Falsificazionismo

Citazione

Beati coloro che hanno studiato (e non solo economia) e che credono ancora nella “scientificità” delle teorie, con buona pace di Popper secondo il quale “il progresso scientifico avverrebbe per falsificazione (ossia confutazione) delle teorie esistenti e l’invenzione di nuove teorie, falsificabili, che ne prendono il posto (ma ovviamente è solo una teoria) . La pratica è che le teorie accettate sono quelle meglio finanziate da chi pensa di trarne qualche vantaggio.

Falsificazionismo

Vocabolario on line

falsificazionismo s. m. [der. di falsificazione, nel sign. 2]. – Orientamento epistemologico che si richiama alle tesi del filosofo austr. K. R. Popper (Logik der Forschung, 1934, e in ediz. ingl. 1958), secondo le quali una teoria è scientifica se e in quanto possa essere contraddetta da esperimenti adeguati: ciò per il fatto che la verifica è un procedimento aperto mentre alla falsificazione (cioè alla dimostrazione di falsità) basta una sola prova negativa (v. anche falsificabilità, n. 2)

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La manipolazione sociale

Dopo i risultati degli esperimenti condotti su Facebook e Twitter, appare evidente il potenziale di controllo sociale esercitabile tramite semplici interventi effettuabili sui social network. Ma le dinamiche emerse confermano anche un meccanismo più generale secondo il quale l’opinione pubblica tende ad orientarsi nella direzione che ritiene essere quella della maggioranza (corsivo nostro), basta anche un margine iniziale minimo, e questo potrebbe valere anche nel caso dei sondaggi d’opinione o di una serie di articoli giornalistici che potrebbero generare l’opinione pubblica anziché misurarla o documentarla.

Si tratta quindi di un meccanismo di facile impiego e realizzazione, uno strumento che fornendo l’immagine desiderata degli orientamenti della maggioranza potrebbe essere impiegato per creare quella stessa maggioranza che si vuole indicare come già esistente.

http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=106842&typeb=0

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La vicenda di Las Vegas ha il grande merito di stimolare due riflessioni riguardo all’acqua, specie in relazione al rapporto di sostanziale indifferenza che abbiamo nei suoi confronti: come ha scritto Benjamin Franklin, è solo quando troviamo il pozzo asciutto che ci rendiamo conto della preziosità dell’acqua.

http://www.lintellettualedissidente.it/las-vegas-la-citta-degli-sprechi/

E noi qui

Quella che nel 1970 era solo una trasmissione estiva (l’ultima di Gaber, prima di passare definitivamente al teatro) oggi, leggendo il testo che confluì poi nello spettacolo “Dialogo tra un impegnato e un non so”, diventa un testo profetico della situazione dell’Italia odierna.

Il mare è fermo e grigio
il cielo è fermo e grigio
strani uccelli neri gridano…
Il secondo uomo parla adagio, con calma indaga, spiega, deduce, conclude
Il terzo uomo parla adagio, con calma
Il quarto uomo parla adagio, con calma indaga, spiega, deduce, conclude indaga, spiega, deduce, conclude dài, dài, dài…

Eccola
ritenta cammina ha vinto, ha vinto è salva, viva, grandiosa
ancora un metro, ancora un metro…
Un ultimo sforzo la testa si gonfia la bocca si allarga viscida, umida, acquosa
ancora un metro, ancora un metro

Dal ventre esce un rantolo di rabbia, un urlo di morte e di dolore poi basta…
più niente…
Si muore, si muore, si muore…

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Gettiamo via con noncuranza ciò che non siamo in grado di procurarci da soli con gli occhi puntati solo al portafoglio, senza pensare che i soldi sono solo mucchi di carta o stringhe in un sistema informatico. E tutto per appropriarci di beni che non ci sono di alcuna utilità.
Come sottolinea Herman Daly, “la crescita diventa anti-economica quando gli incrementi della produzione costano, in termini di risorse e benessere, più del valore dei beni prodotti. Una popolazione in crescita anti-economica arriva al limite di futilità, il punto in cui l’aumento dei consumi non aggiunge alcuna utilità; una crescita anti-economica produce rapidamente più mali che beni, e ci rende più poveri invece che più ricchi.

Fonti

http://www.naturalcapitaldeclaration.org/wp-content/uploads/2012/04/natural_capital_declaration_it.pdf

Herman Daly, L’economia in un mondo pieno, in Le Scienze, numero 447, novembre 2005

L’articolo Il capitale naturale, l’unico di cui non possiamo fare a meno sembra essere il primo su L’ intellettuale dissidente.