Piano Kalergi

Richard Coudenhove Kalergi (1894-1972), personaggio storico sconosciuto all’opinione pubblica, mai citato nei libri di storia ufficiali e sconosciuto anche tra i deputati europei è considerato come il vero padre di Maastricht, fondatore del paneuropeismo e del multiculturalismo.

Questo personaggio ( austriaco ma nato a Tokio) nel suo libro «Praktischer Idealismus» pubblicato nel 1925, Kalergi esponeva una sua visione multiculturalista e multi-etnicista dell’Europa, dichiarando che gli abitanti dei futuri “Stati Uniti d’Europa” non saranno i popoli originali del Vecchio continente, bensì una nuova popolazione multietnica ottenuta da un processo di mescolanza razziale”
Kalergi, con le sue teorie, ebbe allora il sostegno finanziario del banchiere Max Warburg, che rappresentava la banca tedesca di Amburgo (la Banca Warburg). Consideriamo che il fratello di Max Warburg, Paul Warburg, trasferitosi negli USA,fu uno dei fondatori della FED (la Federal Reserve statunitense) oltre che leader del Council on Foreign Relation (il CFR), uno dei più importanti organismi della élite dominante.

In sintesi il piano teorizzato da Kalergi prevedeva la necessità che i popoli d’Europa dovessero essere mescolati con africani ed asiatici per distruggerne l’identità originale e le culture e creare un’unica popolazione meticcia, multiculturale, un concetto che sta alla base di tutte le politiche comunitarie volte all’integrazione e alla tutela delle minoranze. Secondo il Kalergi, questa popolazione, mescolata e privata di una propria identità, avrebbe reso più facile il dominio della elite di potere sovranazionale. Benché nessun libro di scuola parli di Kalergi, le sue idee sono rimaste fra i principi ispiratori dell’odierna Unione Europea.

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=49827

estratto da Sebastiano Caputo

http://www.lintellettualedissidente.it/editoriale/la-storia-segreta-dellunione-europea-il-piano-kalergi/

Cent’anni dopo

Cent’anni dopo il 1848, con la carta costituzionale Italiana e la nascita della Repubblica si può dire si sia compiuta la vicenda risorgimentale con una vittoria delle idee liberali e mazziniane; ma sappiamo tutti che qualcosa poi non ha funzionato.

Se leggete la biografia di Parri, primo presidente del consiglio, capite subito perché:

avevamo perso la guerra;

come al solito, continuammo a litigare tra di noi;

le nostre scelte politiche erano pesantemente condizionate dalle forze occupanti

l’idea di nazione fu subito accantonata dai globalizzatori

Il risultato lo vediamo chiaramente adesso:

essere un vaso di coccio tra vasi di ferro
  • • Essere indifesi in mezzo a persone o avvenimenti pericolosi; essere costretti a trattare con un prepotente, o con una persona più forte o più abile, senza essere in grado di contrastarla. Quindi, in senso lato, rischiare di rimetterci fortemente.
  • Il detto riprende una favola di Esopo (Favole,354) in cui si narra che un giorno un Vaso di coccio si trovò trascinato dalla corrente di un fiume che aveva travolto il carico in cui si trovava. Quando vide che vicino a lui navigava un Vaso di metallo si spaventò, e lo pregò di tenersi alla larga per non rischiare uno scontro dal quale sarebbe uscito in pezzi. La favola è ripresa da La Fontaine (Fables,V,2) e da Flavio Aviano (Favole,11) ed è ricordata da Alessandro Manzoni nel primo capitolo dei Promessi Sposi a proposito di Don Abbondio.

http://dizionari.corriere.it/dizionario-modi-di-dire/V/vaso.shtml

Don Abbondio

Lo spirito del Risorgimento

O giovani, voi siete d’una terra che fu grande oltre ogni altra, grande, essa sola nella storia d’Europa, due volte, e sarà grande la terza. Le vostre Università diffusero istitutori e scienza a tutti i popoli. Le vostre scuole filosofiche cacciarono fin dal XVII secolo i germi, pur troppo inavvertiti fra noi, delle dottrine che diedero e danno vita alle scuole Francesi e Tedesche. Il vostro intelletto, potente quanto quello d’ogni altra contrada, è più audace e più rapido. E il Genio Italiano, quando Genio Italiano fu, non guasto, non traviato dal vezzo dell’imitazione straniera, ebbe sempre, unico in Europa, capacita singolare di porre in perfetta armonia due cose quasi sempre disgiunte, la sintesi e l’analisi, la teorica e la pratica, il pensiero e l’azione. La civiltà dei padri nostri, gli Etruschi, faceva tutta la legislazione interprete d’un concetto religioso, e architettava la terra, la città sull’ideale che si formava del cielo. Pitagora, italiano, se non per nascita, per adozione, e gl’Italiani di lui seguaci, non soddisfatti d’essere depositari del più alto e profetico sapere che allora fosse, sentivano il bisogno di tradurlo in atti e ordinavano associazioni segrete e città repubblicane nel mezzogiorno della Penisola. Dante era poeta, guerriero, pensatore politico e profugo cospiratore ad un tempo. Machiavelli affrontava tortura e persecuzioni. Michelangiolo fortificava i bastioni di Firenze. Tommaso Campanella scendeva dalla sfera delle utopie filosofiche per proporre ordinamenti di Stati e congiurava audacemente contro la dominazione straniera. I nostri più potenti intelletti furono apostoli e martiri. L’unita delle umane facoltà non s’è mai rivelata tanto quaggiù quanto nella nostra Italia. Voi siete degni, giovani, d’altri destini che non quelli ai quali oggi ancor soggiacete.

Ed io vi chiamo a compirli. Vi chiamo a compirli, perch’è dovere: vi chiamo a compirli, perché so che ne siete capaci; stanno mallevadori per voi i tanti che segnarono col sangue nel 1848 e nel 1849 il Patto fra le Università e la Nazione.

Voi siete, Giovani delle Scuole, sacerdoti del Pensiero tra noi; in voi, consacrati agli studi, vivono le speranze dell’intelletto italiano: consacratevi a un tempo sacerdoti dell’Azione, e vivano in voi le speranze dell’onore e dell’avvenire d’Italia. Sia ogni vostra Università come un santuario della Nazione; l’altare su cui arda perenne, alimentata da mani giovani e pure, la fiamma delle grandi idee e dei grandi fatti; il simbolo e la promessa della Patria futura: voi chiamano le vostre tradizioni e la potenza della mente e del core ad essere, nella battaglia che si combatte, primi all’assalto, ultimi nel ritrarsi; esempio e scorta ai migliori nei momenti solenni d’entusiasmo e di santo ardire, freno, difesa e rimprovero nei momenti di subito e vergognoso sconforto che talora assalgono i popoli tentennanti sulle vie della vita. E tutte le vostre Università si colleghino da un punto all’altro d’Italia in una fratellanza nella quale la sacra bandiera della Nazione sia trasmessa come nella Legione Sacra de’ Lacedemoni da chi cade a chi sorge. È questa, o giovani, la vostra missione. Il sangue corre a voi più fervido nelle vene; il pensiero v’è dato più pronto e spontaneo: vostro è il foco delle forti passioni; vostro il coraggio che fa il braccio ministro della mente. E i doveri, non lo dimenticate mai, stanno in ragione delle doti che l’uomo possiede. Voi incontrerete forse, prodotto bastardo delle recenti delusioni e di scuole straniere, uomini vecchi a venticinque anni, incadaveriti anzi tempo nell’egoismo della vanità e della paura, uomini che si dicon filosofi e non hanno se non scetticismo, ch’è la negazione d’ogni filosofia, meschini beffeggiatori che, dopo aver veduto un popolo disarmato scacciare un esercito austriaco, negano la potenza del popolo, dopo aver veduto le difese di Roma e Venezia negano l’attitudine dei giovani volontari alla guerra, dopo aver veduto la fede patria diffondersi, attraverso i martirii e i tentativi falliti e ognor rinascenti, dalla gioventù culta agli operai delle nostre città, negano l’efficacia educatrice del martirio e della lunga incessante protesta. Respingete

 

Giuseppe Mazzini, 4 luglio 1856

Fonte: http://www.appelloalpopolo.it/?p=12417

Va’ pensiero

In realtà, come spiega wikipedia, nel testo originale non c’è l’apostrofo:

Va, pensiero, sull’ali dorate;

Va, ti posa sui clivi, sui colli,
Ove olezzano tepide e molli
L’aure dolci del suolo natal!

Del Giordano le rive saluta,

Di Sïonne[3] le torri atterrate…
Oh mia patria sì bella e perduta!
Oh membranza sì cara e fatal!

Arpa d’or dei fatidici vati,

Perché muta dal salice pendi?
Le memorie nel petto raccendi,
Ci favella del tempo che fu!

O simile di Solima[4] ai fati

Traggi un suono di crudo lamento,
O t’ispiri il Signore un concento
Che ne infonda al patire virtù! ( 4 volte)’
Era il 1961 e, per il centenario dell’unità d’Italia, il nostro insegnante di musica delle medie ci fece studiare e cantare proprio questo inno che ricordo tuttora.
Ora provate a immaginare che cosa potevamo capire dei riferimenti colti di cui parla wikipedia, ma anche Bruno Belli in http://www.classicaonline.com/inviato/appuntamenti/14-03-11.html
Eppure il fascino della musica è innegabile, tanto che è stato proposto anche come alternativa all’inno nazionale italiano e adottato come tale dagli esuli di Istria e Dalmazia dopo la seconda guerra mondiale.
Nell’originale (il Nabucco) gli esuli erano gli ebrei in Babilonia, ma, fin dal suo debutto nel 1842, ci fu una piena immedesimazione (come per molte opere Verdiane) con i destini della liberazione dell’Italia dallo straniero.

LE POESIE DEL RISORGIMENTO: “IL GIURAMENTO DI PONTIDA” DI GIOVANNI BERCHET

Marisa Moles's Weblog

Un’altra poesia che caratterizza il Romanticismo italiano, strettamente legato all’età risorgimentale, è Il giuramento di Pontida di Giovanni Berchet. Un’altra celebre lirica, tornata negli ultimi decenni alla ribalta, suo malgrado, come inno della Lega Nord. (per leggere i commenti alle altre poesie del Risorgimento CLICCA QUI)


Giovanni Berchet (Milano 1783 – Torino 1851) fu poeta, critico e traduttore. Nella Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliuolo, pubblicata nel 1816, avviò, assieme a Borsieri e Di Breme, la battaglia romantica, proseguita sul Il Conciliatore, a favore di una poesia accessibile a un pubblico ampio, identificato nella borghesia considerata la classe sociale dotata della cultura sufficiente per apprezzare gli scritti del tempo.
Partecipò attivamente al Risorgimento italiano, aderendo alla Carboneria ma nel 1821, per evitare l’arresto, fu costretto a fuggire, visitando parecchi paesi europei. Ritornò in patria nel 1845 e a Milano nel 1848…

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