Anni difficili

di Anna Lombroso per il Simplicissimus – 25 febbraio 2015

Non venitemi a dire che gli “anni difficili” erano più difficili dell’oggi. La povertà era riscattata dalla speranza, l’ignoranza era una condanna o una colpa, l’ambizione era un vizio, come l’avidità, l’egoismo era un difetto,  la vanità era una debolezza, il cinismo era una depravazione, come tutto il resto soggetto a riprovazione e scandalo.

Se avevi un po’ di fortuna, anche se non eri nato nel posto giusto, nella casa giusta, dalla famiglia giusta, per via di quella lotteria naturale che giusta non è mai, potevi imbatterti in buoni maestri, potevi sottrarti alle visioni maggioritarie, potevi “non accettare”, senza essere considerato gufo o pazzo, potevi incontrare bei libri e bei film, perfino tra quelli premiati, potevi addirittura convincerti che se ti avvicinavi alla politica, avresti contribuito a “cambiare il mondo” oltre che la tua vita, potevi addirittura persuaderti che il “miracolo economico” non sarebbe sfociato nell’idolatria dei consumi, potevi addirittura illuderti che la belva del capitalismo si potesse addomesticare con le riforme,  che la marcia di guerra dello sfruttamento potesse essere fermata dal fronte unitario dei lavoratori. E le utopie non erano debolezze romantiche di allucinati fuori dalla realtà, ma il modo per sopportarla immaginando di saperla mutare in altro e in meglio.

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Non è mai colpa delle stelle

“Il sistema migliore per evitare che un prigioniero fugga e’ fare in modo che non sappia mai di essere in prigione” .
Non cito la fonte perché è ancora oggi dubbia…
Questa comunque è la condizione odierna dell’umanità; una parte di essa (molto piccola) è consapevole di schiavizzare un’altra parte, molto più grande di umanità inconsapevole.
E questa parte di schiavi inconsapevoli, non ha percezione del fatto che lo stile di vita adottato, a sua volta alimenta la schiavitù di un’altra parte ancora più grossa di umanità che muore di fame e di sete e non solo in Africa o Sud America, ma anche nella stessa Europa dove la mortalità di ragazzi sotto i 14 anni per sete e’ altissimo.
La cosa che salta all’occhio, a chi ha ben chiaro questo meccanismo che ha connotazioni economiche e di profitto per accrescere il capitale, è che le varie lotte dei popoli non sono volte alla riconquista della libertà perché questo comporterebbe un’uscita dal sistema e una completa ribellione ad esso, proponendo modelli diversi, ma sono lotte per avere gabbie più confortevoli e catene più lunghe.

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Educazione

Quino

Quino

L’amministrazione Renzi, con in testa il Ministro Stefania Giannini, sembra essere convinta che il merito degli insegnanti possa essere determinato dal giudizio degli studenti.
Contro ogni logica formativa la meritocrazia del discente cede il passo alla meritocrazia del docente nel momento in cui chi dovrebbe essere destinatario dei giudizi diviene a sua volta soggetto giudicante
Si ribalta l’obiettivo stesso della scuola che dovrebbe essere (come è sempre stato) quello di formare, anche con l’ausilio dello storico strumento di valutazione (il voto), le future generazioni, non già gli insegnanti, la cui selezione è già avvenuta a monte.
L’apodittica conseguenza è che l’ “otto politico” diventi una preoccupante realtà.

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Supereroi e superproblemi

Che poi, come in The Watchmen, i supereroi (e gli eroi) possano essere considerati una specie di nemici della società, visti con sospetto e ostilità dalle forze dell’ordine e dai politici, anche qui nulla di veramente nuovo sotto il sole. L’eroe è sempre ritenuto un Outsider, un Fuori-posto, nella società: esso infatti non rispetta quasi mai le regole cui la gente comune è obbligata: non lo erano forse non solo Robin Hood o Zorro, ma anche gli eroi della classicità con il loro rompere le regole? La nuova immagine degli odierni supereroi americani dei fumetti e dei film accentua queste caratteristiche e le vela di oscurità. Nel caso esaminato i Vigilanti, per difendersi, diventano violenti e amorali e credono più a se stessi che a Dio.

Il Tredicesimo Cavaliere

A3 poster:Layout 1Dall’arrivo in Italia ormai sei anni fa di The Watchmen (I Guardiani, o i Vigilanti), il film di Zach Snyder, regista dell’innovativo 300, è ritornato in primo piano il motivo per cui questi personaggi dei fumetti, grazie anche alla completa digitalizzazione delle pellicole che consentono di far diventare realtà verosimile ogni cosa impossibile, siano così gettonati dalle case produttrici anche a discapito della fantascienza classica, quella scritta e non disegnata. E’ un po’ lo stesso problema postosi con la nuova grande popolarità del Vampiro che non è più quello di Stoker o di Murnau. Superman, Batman, Spiderman, i Fantastici 4, gli X Men, Ironman, i Watchmen, in una sequenza di episodi che non sembrano voler concludersi: perché?

Intanto, si può cominciare a dire una cosa politicamente scorretta: che tutte queste vecchie-nuove figure che s’impongono all’Immaginario Collettivo giovanile e non solo hanno fatto mettere da parte la famigerata frase di Bertold…

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Capire la Russia

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Allo stato attuale, la Russia è il Paese più demonizzato al mondo, inserito d’ufficio, a seguito degli sviluppi di situazione in Ucraina, nel particolarissimo elenco di “Stati canaglia” individuati dalle strategie obamiane di esportazione delle libertà americane (capitalismo consumistico e “senza frontiere”, individualismo, mercificazione, commercializzazione dell’esistenza dei singoli) in ogni angolo del Pianeta non ancora sottomesso ai dettami speculativi del Nuovo Ordine Mondiale.
Difendere la Russia, le sue ragioni in ambito geopolitico e culturale, è dunque un dovere da parte di chi, oggi come in passato, non accetta di deporre le armi della cultura, della conoscenza e della lotta per la dignità dei popoli e delle nazioni, contro l’imperialismo globalizzatore del Leviatano euro-atlantico.
Per difendere la Russia, occorre iniziare dal “Capire la Russia”.
(Dalla quarta di copertina)

Capire la Russia.
Correnti politiche e dinamiche sociali nella Russia e nell’Ucraina postsovietiche
,
di Paolo Borgognone,
con prefazione di Giulietto Chiesa,
Zambon editore, 2015, € 25

Paolo Borgognone (1981), astigiano, si è laureato in Storia all’Università degli Studi di Torino nel 2008.
Fa parte del Comitato Scientifico del Centro di Iniziative per la Verità e la Giustizia.
Per la casa editrice Zambon ha pubblicato Il fallimento della sinistra “radicale” e, nel 2013, una trilogia sul tema della disinformazione strategica, dedicata rispettivamente ai casi latino-americano, eurasiatico-mediorientale e italiano.

https://byebyeunclesam.wordpress.com/2015/02/06/capire-la-russia/

Ceti medi

Citazione

Permettetemi di concludere. Qualche migliaio di anni fa, Aristotele ha scritto che “la migliore partnership in uno stato è quella che opera attraverso i ceti medi … quegli stati in cui tale elemento è grande … hanno tutte le possibilità di avere una costituzione che funziona”.
Questo era vero ai tempi di Aristotele, era vero ai tempi di Keynes, ed è vero oggi. La stabilità dipende da una forte classe media che può spingere la domanda. Ma non la vedremo se questa ripresa non porta a un lavoro decente o se essa premia i pochi favoriti sui molti emarginati.
In definitiva, l’occupazione e l’equità sono gli elementi di stabilità e la prosperità economica, di stabilità politica e di pace. Questo è il cuore del mandato dell’ FMI. Esso deve essere posto al centro dell’agenda politica”.

Strauss Khan

Il discorso può essere ascoltato in video qui      

L’azienda scuola

Convinto di mettere in atto le sue idee progressiste con una grande conversione aziendalista, nel 1997 Berlinguer disarticola il sistema scolastico, assimilando le singole scuole ad aziende che, d’ora in poi, lustreranno la propria immagine ciascuna con un proprio piano di offerta formativa. L’uomo vende la sua riforma come progressista nel nome della “autono­mia”, una parola che seduce, perché evoca spruzzi e sprazzi di democrazia diretta e libertà da pastoie burocratiche, ma che in realtà maschera il disimpegno dei governi iperliberisti dal finanziare il sistema-scuola. L’autonomia allontana le singole scuole da ogni progetto educativo nazionale e dai con­tenuti culturali vincolanti per l’insegnamento; fa balenare, sia pure in prospettiva, i finanziamenti privati ed elude i controlli sulla pre­parazione di docenti e allievi.

A disinteressarsi della sua preparazione culturale e a valutare da sé i propri risultati il docente mediocre si sente finalmente legittimato dall’autonomia scolastica berlingueriana. Non più guidato da un pro­getto educativo nazionale, svincolato da ogni contenuto disciplinare da parte del ministero, malpagato e senza alcuna considerazione sociale, assillato e plagiato dalla lobby pidiessina dei pedagogisti accademici, il docente è invogliato, o costretto, a ritagliarsi un’immagine positiva affaccendandosi nel nulla di scartoffie, di griglie, di funzioni aggiuntive e di formule valutative demenziali. Vuoti organi collegiali e dirigenti selezionati tramite i quiz di produzione brussellese impongono al docente adempimenti burocratici insulsi e del tutto inutili. La cancellazione dei criteri nazionali condivisi di quali siano i saperi essenziali finisce col coprire gli insuccessi edu­cativi, perché non consente più al docente di capire chi è l’allievo preparato e chi lo è meno.

Fin qui Luciano Del Vecchio in http://www.appelloalpopolo.it/?p=12973

Diminuiscono matrimoni, divorzi e nascite, ma crescono le unioni libere

Le ridotte possibilità di contare su un reddito sicuro, di acquisire autonomia abitativa e di accumulare ricchezza rallentano il passaggio alla vita adulta, la formazione di nuove famiglie e la realizzazione dei progetti riproduttivi. E questo è particolarmente grave per l’Italia, dove la percentuale di giovani che ancora vivono nella famiglia di origine, pur se non aumentata rispetto agli anni pre-crisi, è molto elevata in confronto ad altri paesi europei. Prosegue, infatti, e si aggrava negli anni della crisi, il calo dei matrimoni, passati dai 247mila del 2008 ai 207mila nel 2012. Va segnalato, però, un timido aumento delle convivenze pre-matrimoniali (Pirani e Vignoli, 2014) che, non implicando i costi per l’organizzazione dell’evento nuziale, potrebbero rappresentare una valida alternativa all’unione coniugale in un momento di difficoltà economica.

Anche tra chi è già in coppia la situazione economica è decisamente peggiorata, specie tra i giovani al di sotto dei 35 anni, i quali soffrono di un significativo aumento tra il 2007 ed il 2011 delle difficoltà ad arrivare a fine mese e di più elevati livelli di deprivazione economica. In questa situazione, si può supporre che la famiglia continui a svolgere il ruolo di ammortizzatore sociale e di sostegno alle giovani generazioni. In effetti, il sistema-famiglia sembra reggere bene all’urto della crisi. Negli ultimi anni l’instabilità coniugale appare più contenuta: tra il 2009 e il 2012 si osserva una riduzione della divorzialità, da 181 a 173,5 per 1.000 matrimoni, interrompendo una crescita decennale e anche il trend di crescita del numero di separazioni appare cristallizzato. Contemporaneamente – così come sta avvenendo in altri paesi colpiti dalla crisi – si osserva un aumento dei giovani adulti che vivono in famiglie con più nuclei e che comprendono quelli costretti a rientrare nella famiglia paterna a seguito di un fallimento di coppia o per esigenze economiche.

Uno degli effetti più attesi della crisi economica si osserva sui comportamenti riproduttivi. In tutta Europa, dopo il picco negativo della metà degli anni ’90, la fecondità stava lentamente risalendo. La crisi sembra aver dato il colpo di grazia: il numero medio di figli per donna che era pari a 1,42 nel 2008 è sceso a 1,39 nel 2013, quando sono stati iscritti in Anagrafe per nascita poco più di 514mila bambini, circa 62mila in meno rispetto al 2008. Un calo prevedibile (Mencarini e Vignoli, 2014), ma non in questa misura, e aggravato dal fatto che, per la prima volta nell’ultimo decennio, si sono contratte anche le nascite da donne straniere.

http://www.neodemos.info/la-demografia-italiana-ai-tempi-della-crisi-e-sotto-la-lente-dellaisp/