Tempo di scrutini

Proprio qui, però, si manifesta il nodo più sconvolgente. Un marziano si aspetterebbe che gli insegnanti, che hanno scelto un mestiere che ha a che fare con le idee, la cultura, l’educazione, posti di fronte a simili schede, rifiutassero semplicemente di prenderle in considerazione, con un grilliano «vaffa» nei confronti di chiunque, dal ministero in giù, volesse loro imporle, o che, quanto meno, le facessero compilare ad uno di loro in maniera rapida e meccanica, dando ad esse il nessun peso che meritano. Abbiamo notizie che in qualche caso le cose sono andate proprio così. Ma si tratta di casi isolati. Lo spettacolo che solitamente si presenta ha dell’incredibile: insegnanti che si lasciano via via coinvolgere in discussioni e diatribe su simili compilazioni. La frequenza scolastica dell’allievo (altra voce da compilare) è «assidua», «regolare», o «saltuaria»? C’è già registrato, sul tabellone dello scrutinio il numero di assenza per ciascuna materia, una nuda cifra che non ha bisogno di chiose. Ma spesso succede che un insegnante propone di barrare, per un certo allievo, la casella della frequenza «regolare», e subito un altro, che constata un numero maggiore di assenza per la propria materia, reagisce (specie se in pregressa dissintonia psicologica con il primo) dicendo «Ma come! La frequenza non è regolare, è saltuaria!», e giù a discutere. Abbiamo assistito di persona ad una discussione, riguardo ad un allievo, se in riferimento al suo metodo di studio dovesse venire barrata la casella «ordinato», oppure quella «organizzato» (sic!).

estratto da http://www.appelloalpopolo.it/?p=13821#

Consigliamo caldamente la lettura di TUTTO l’articolo a chi vuol farsi l’idea di cosa è diventata la scuola, ma anche agli insegnanti che credono nella sua resurrezione!

Capitalismo

Parlai a lungo, molti anni fa, con un nero musulmano centellinando whisky. Aveva una laurea in economia e parlava quattro lingue, una formazione molto utile per fare il guardiano di capre. Domanda: come vivevi in Senegal?

Risposta: Bene, la mia famiglia era composta da padre, madre, io e mia sorella. Avevamo una coltivazione d’arachidi. La mente fugge: subito immagina una capanna dello zio Tom, canti tribali, lunghe file di zappe che sventagliano l’aria.

Ma le sue parole incalzano e distruggono le tue immagini mentali: avevamo due trattori, un Fiat ed un Renault, io e mia sorella aiutavamo nei campi e, nel mentre, studiavamo all’Università. Tutto andava bene, fino a quando ad un presidente USA (dedito anch’egli alle noccioline per fare olio e derivati vari – Jimmy Carter) non venne in mente che coltivare in Africa era “risparmioso” per la sua azienda, così non doveva più pagare operai americani. E l’appetito vien mangiando. Ogni anno che passava, il prezzo delle arachidi diminuiva, fin quando non rese più nulla, ci pagavi a malapena il gasolio.

Venni in Europa a cercare lavoro, forte della mia laurea, della mia cultura e delle lingue parlate correntemente…scusami…adesso devo andare, devo mungere e poi ricoverare le capre, e sono stato fortunato. Ho una stanza per dormire, un gabinetto ed un padrone che non fa storie: basta che tutto vada bene e che il guadagno, per lui, non cambi. A me, le briciole: però con quelle briciole riesco a campare, mica come gli schiavi dei campi di pomodori.

Carlo Bertani

estratto da: http://carlobertani.blogspot.com/2015/06/addestrare-alla-precarieta.html

 

Diseguaglianza

A livello universitario, da anni, si assiste a una riduzione progressiva del numero degli iscritti (per non parlare del livello indecente di preparazione fornito a partire dalla “riforma Berlinguer”, che ha abbassato drasticamente la qualità dello studio – il merito, appunto – con l’introduzione del sistema dei “crediti”, dell'”audience” (le cattedre vengono mantenute se c’è un certo numero di frequentanti, ma i corsi più “esigenti” in termini di impegno vengono disertati per quelli più facili che danno comunque “crediti”).

Questa “facilitazione” – accolta con suicida soddisfazione anche da alcune ideologie di movimento – ha rapidamente trasformato alcune facoltà in fabbriche di diplomi di laurea senza alcuna utilità professionale o semplicemente lavorativa. A soffrirne di più, naturalmente, sono state le facoltà umanistiche, che erano anche le uniche a poter fornire un “sapere critico”, ovvero capace – se ce n’era la capacità individuale – di interrogarsi sulle premesse teoriche di quel che si andava studiando. E quindi anche della società in cui si vive.

http://contropiano.org/cultura/item/31433-diseguaglianza-realta-e-ideologia-di-merda

Fenomenologia del meno peggio

Citazione

A volte viene il momento di “sciogliere” l’opinione pubblica responsabile della sua stessa rovina tramite indifferenza, accidia, delega in bianco, estraneità di comodo: quella che non vuol sapere perché andare al  patibolo bendati è meglio, quella che vorrebbe una politica invisibile che sbrigasse gli affari comuni mentre i cittadini stanno pacificamente a curare quelli personali di famiglia, quella che spera in un uomo forte, in una salvezza da fuori magari grazie ai marziani, che si tiene un orrendo presente noto per timore di un ignoto domani, uno sconosciuto altro, magari imprevedibile, magari criptico, ma probabilmente bello, nel quale aspettative, talenti, doveri e diritti trovino il loro posto.

Anna Lombroso

https://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2015/06/14/venezia-fenomenologia-del-meno-peggio/

L’Ecografia di Internet

Il problema semmai è l’abilità miracolosa degli imbecilli di leggere solo le stupidaggini…

il Simplicissimus

pericoli-ecoLe torri d’avorio anche se collocate lontane nel tempo e nello spazio politico devono avere dei cunicoli carsici che le collegano. Così più di settant’anni fa Jean Cocteau, che civettava col nazismo,  diceva che “il guaio della società moderna è che anche gli imbecilli si sono messi a pensare”. E oggi sentiamo Umberto Eco sostenere: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”.

Insomma per questi intellettuali mondani e lo dico nel senso migliore del termine, riferendomi alla vastità degli interessi e delle produzioni, piuttosto che alla profondità e alla capacità innovativa, (anche se a mio modestissimo parere Eco è una spanna più in alto di Cocteau) il fatto che altri…

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Senza storia

DIstrazione

In questa epoca, immersa in un eterno presente, le cose tuttavia scorrono veloci e alcuni si domandano quanto tempo passerà prima che la gente se ne accorga e se ne occupi.

Oggi bisogna essere idealisti privi di contatto con la realtà per vedere emergere dai processi di deterioramento del sistema forze che in positivo prefigurino la società futura. Marx aveva visto nel proletariato quella forza. Chi oggi ripetesse che gli operai delle grandi fabbriche, un tipo umano in via di estinzione, costituiscono la classe che creerà il mondo nuovo, non rischierebbe il manicomio solo perché Basaglia li ha fatti chiudere.

Quello che si delinea è un passaggio drammatico che assomiglia più alla dissoluzione dell’Impero Romano che allo sbocciare del capitalismo dalla matrice del feudalesimo.

Nell’inciviltà dilagante, nel disastro delle relazioni, nel degrado ambientale, nella rovina economica che seguirà a quelli che sono soltanto suoi preavvisi, è scritto un destino tragico incombente su generazioni che pagheranno la nostra incoscienza. A meno che il corso inesorabile delle cose non sia affrettato e deviato da qualcosa di ancora più tragico, una guerra di dimensioni mai viste nella storia.

Luciano Fuschini  fonte “Il ribelle”

Leggi tutto su http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=51301

Associazionismo, non volontariato

Citazione

Il volontario non dovrebbe fare il cameriere del potere, ma lavorare per il bene comune; normalmente le due cose non coincidono.

Ultimamente queste parole vengono usate come se fossero sinonimi, in realtà si riferiscono a cose diverse: sostanzialmente il volontariato è lavoro non retribuito ed ha una vita relativamente recente, mentre l’associazionismo risale alla nascita dello stato costituzionale.

Mi pare lo illustri bene lo scritto Mazziniano del 1860 su I doveri dell’uomo:

“Sia dunque l’Associazione dovere e diritto per voi.

Taluni a limitarne il diritto fra i cittadini, vi diranno che l’associazione è lo Stato, la Nazione: che voi ne siete o dovete esserne tutti i membri: e che quindi ogni associazione parziale tra voi è o avversa allo Stato o superflua.

Ma lo Stato, la Nazione non rappresentano se non l’associazione dei cittadini in quelle cose, in quelle tendenze che sono comuni a tutti gli uomini che ne sono parte. Esistono tendenze e fini che non abbracciano tutti i cittadini, ma solamente un certo numero d’essi. E come le tendenze e il fine comune a tutti generano la Nazione, le tendenze e il fine comuni a parecchi fra i cittadini devono generare l’associazione speciale.

Poi – e questa è base fondamentale al diritto d’associazione – l’associazione è la mallevadoria del Progresso. Lo Stato rappresenta una certa somma, un certo insieme di principi nei quali l’università dei cittadini consente nel periodo in cui lo Stato è fondato. Ponete che un nuovo e vero principio, un nuovo e ragionevole sviluppo delle verità che danno vita allo Stato, s’affaccino a taluni fra i cittadini: come potranno diffonderne, senza associarsi, la conoscenza ?

Ponete che in conseguenza di scoperte scientifiche, di nuove comunicazioni aperte fra popoli e popoli o d’altra cagione, si manifesti, per un certo numero d’uomini appartenenti allo Stato, un nuovo interesse: come potranno quei che lo intendono primi conquistargli luogo fra gli interessi da lungo esistenti se non affratellando i propri mezzi, le proprie forze ?

L’ inerzia, il riposo nella condizione di cose esistente e sancita dal comune consenso, sono troppo connaturali agli animi, perché un solo individuo possa, colla sua parola, scuoterli e vincerli. L’associazione di una minoranza di giorno in giorno crescente lo può. L’associazione è il metodo dell’avvenire. Senz’essa, lo Stato rimarrebbe immobile, incatenato al grado raggiunto di civiltà.

L’associazione deve essere progressiva nel fine a cui tende, non contraria alle verità conquistate per sempre dal consenso universale dell’ Umanità e della Nazione. Una associazione che s’impiantasse per agevolare il furto dell’altrui proprietà, una associazione che facesse obbligo ai suoi membri della poligamia, una associazione che dichiarasse doversi sciogliere la Nazione o predicasse lo stabilimento del Dispotismo sarebbe illegale. La Nazione ha diritto di dire ai suoi membri: noi non possiamo tollerare che si diffondano in mezzo a noi dottrine violatrici di ciò che costituisce la natura umana, la Morale, la Patria. Uscite e stabilite fra voi, al di là dei nostri confini, l’associazione che le vostre tendenze vi suggeriscono.

L’associazione deve essere pacifica. Essa non può avere altre armi che l’apostolato della parola deve proporsi di persuadere, non di costringere.
L’associazione deve essere pubblica. Le associazioni segrete, armi di guerra legittima dove non è Patria né Libertà, sono illegali e possono essere sciolte dalla Nazione, quando la Libertà è diritto riconosciuto, quando la Patria protegge lo sviluppo e l’inviolabilità del pensiero. Se l’associazione deve schiudere la via al Progresso, essa deve essere sottomessa all’esame e al giudizio di tutti.

E finalmente l’Associazione deve rispettare in altrui i diritti che sgorgano dalle condizioni essenziali dell’umana natura. Una associazione che violasse, come le corporazioni del medio evo, la libertà del lavoro o tendesse direttamente a restringere la libertà di coscienza, potrebbe essere respinta, governativamente, dalla Nazione.

Da questi limiti infuori, la libertà d’associazione fra cittadini è sacra, inviolabile, come il progresso che ha vita in essa. Ogni Governo che s’attentasse di restringerla tradirebbe la missione sociale: il popolo dovrebbe, prima ammonirlo, poi, esaurite le vie pacifiche, rovesciarlo”.

La libertà di associazione è ribadita dall’art.18 della Costituzione Italiana, lo slittamento lento e progressivo verso il volontariato mi sembra rischi di asservire quella che è una libera tensione verso il progresso, in una ulteriore forma,  irreggimentata, di sfruttamento del lavoro.

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Chi vive sperando, disperato muore

L’Italiano ribelle? Forse quello in mutande (Alceste)
Posted on 18 maggio 2015

Questi maledetti italiani!
Questi ancora sperano!
La speranza, va da sé, è l’ultima a morire e non l’ammazzi mai; li dovranno prima spolpare ben bene gli italioti, con raziocinio criminale, e calma da usurai; li dovranno espropriare di tutti i mezzanini, i villini, le seconde case, le catapecchie che i loro padri e madri, i nonni e i bisnonni, hanno tirato su nell’ultimo secolo, un mattone alla volta, una bestemmia alla volta, intrallazzando con muratori ragionieri geometri mazzettieri vari, prima che si decidano ad ammazzarla qualsiasi speranza e finalmente dire: “Ahi!”.

E io sono fra questi, mica mi tolgo dal mazzo.
Seconde case, casette al mare, casine ai colli, o in montagna, oppure case di campagna, vecchie di ottanta o cent’anni, perse nella campagna ormai abbandonata e selvaggia, come dopo una invasione barbarica, improvvisamente vengono attenzionate dagli usurai dello Stato: IMU, ovviamente (è una seconda casa), e poi nettezza urbana (onerosissima anche se ci si sta dieci giorni all’anno), e poi ancora l’IMU (agricola stavolta), e le bollette (gas luce acqua), e i cari loculi dei vecchi nonni (24 euri annui, per ora, ma il trend è al rialzo forsennato); e poi imposte su caldaie, refrigeratori, obblighi su controlli fumi scarichi tubi (sì, l’Europa pensa alla nostra salute, incessantemente; queste imposte le sfango, per ora); e quindi, perché no?, le riclassificazioni catastali (in vista di maggiori imposte), l’ultima novità piovuta nella cassetta delle lettere, nel consueto stile burocratico da Stele di Rosetta, ma con chiarissimi sottintesi intimidatori: fate così oppure … è un obbligo di legge, perbacco … dopo una decina di telefonate in uffici periferici, sempre vuoti, o occupati occasionalmente da figuri che non sapevano nulla della mossa comunale (“no hai competencia … “), ecco lo scioglimento dell’enigma: si deve riclassificare l’immobile, al catasto. … e mica d’ufficio, per carità: è tutto a carico del proprietario – il proprietario, questo ricco possidente d’un cumulo di mattonacci perso nella campagna fra Lazio e Umbria …. morale: tale opulento fannullone è costretto a rivolgersi a chi le competenze le possiede davvero: geometri, ingegneri o chi per loro: riclassificazione obbligatoria da A5 a A4 o A3, tutto online, 200 euro sull’unghia, avanti un altro. C’è differenza tra la scartoffia normale e quella online? Nessuna, ma la prima puoi fartela da solo, la seconda meglio di no (“Le sanzioni, caro signore, non le stabiliamo noi …”)

Finita? Macché, circa tre anni fa ecco spuntare la classe energetica. Fosse anche un rudere occorre definirlo ecologicamente secondo le nuove direttive europee: classe G (“Ha solo un caminetto? Allora classe G, l’ultima … no, nessuna dichiarazione … se ne deve occupare uno specialista … un tecnico … un competente …”). Ancora telefonate accordi appuntamenti: il geometra impazza di nuovo: valuta accorto, misura, definisce, poi rilascia la sudata carta, stavolta assolutamente sgargiante; in essa, a norma di direttiva europea, c’è scritto che la mia casa di campagna, ereditata da quei cari vecchi analfabeti, secolare e sgarrupata, è davvero una catapecchia senza riscaldamento e infissi ecologici: ora la carta europide canta (altre 200 pere), in smagliante multicolor però (tutti i colori dell’iride ci sono), fresca di stampante a getto d’inchiostro, ricca di abbreviazioni e rimandi a codicilli approvati in chissà quale seduta congiunta, magari su impulso del solito coglione di finlandese. I finlandesi, questi sbevazzatori insulsi persi nei ghiacci nordici, una volta così folcloristici nei libri di lettura delle elementari, colle renne e il naso rosso e tutto, son divenuti i miei peggiori incubi.
Dalle loro linde casette prefabbricate (a norma ecologica) ficcano il naso dappertutto: olivi, campi, magioni di famiglia, caldaie, termosifoni, valvole, merde di cavallo. E tuonano, col loro istinto protestante, contro i nostri vizi da cattolici sbracati.

Ma ovviamente ancora si spera! E io con loro!
Sperano ancora gli italiani di farla franca, di arrangiarsi, di invocare il perdono: è nella loro natura.
Hanno dieci euro, poi nove, poi otto, poi sette; prevedono sei, si ritrovano con cinque, ma ancora sperano! Pensano gli italiani: prima o poi si dovranno fermare, non è possibile che ci tolgano tutto! Almeno ci lascino questo cinque! Almeno quattro!
Edificano continuamente le loro linee Maginot, travolte uno dopo l’altra, eppure resistono.
Si dovranno fermare prima o poi! Almeno questi quattro euro che mi ritrovo me li faranno tenere, ragiona il fesso. Ragiona come una formica disperata, ma ancora avida di speranza: ogni minimo segno positivo lo fa sussultare: PIL a + 0,3%! Spread mai così basso! Nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato!
L’italiota si riprende, riacquista un po’ di colore. Pensa: ecco la ripresa, è finita, inversione di tendenza, lo stellone italiano è ancora in cielo, si ricomincia, come sempre, la nottata è passata, l’ha assicurato il deputato Cialtrelli a Ballarò, il sottosegretario Merdoni da Santoro, la Ministra Zoccoli a Presa Diretta … è stata dura, ma ce l’abbiamo fatta.
Ma è solo una pausa, o un inganno, come i mitologici ottanta euro: il potere prende la rincorsa e si accanisce ancora. Ma l’italiano torna in difesa: elude minimizza fa catenaccio s’arrangia: è nella sua natura, anche se la natura lo porterà alla rovina, come lo scorpione della favola.
Gli dovranno rubare tutte le fiches, sino all’ultima, lo dovranno bastonare, depredare, ingannare, nevrotizzare e smutandare prima che lo si veda in piazza a tirare qualche calcio.

Avrete capito che sono, al massimo della condiscendenza, un fenomenologo. Di quelli minuti, senza alcuna pretesa di visione universale: sociale, geopolitica, economica; men che mai macroeconomica. Forse indulgo all’economia domestica. Osservo e basta.
L’Italiano è come un bambino. Analfabeta. Ricerca ancora il principio di piacere, mentendo spudoratamente, immaginandosi un futuro che non avrà più, cercando di fregare gli altri compagnucci. La realtà, come già ho avuto modo di scrivere, non gli entra nella zucca. La ragione non fa per lui. Inutile presentarsi con sondaggi e grafici, come fanno certi blog accademici, inutile persuaderlo sottolineando l’evidenza con gli evidenziatori del raziocinio, del buon senso; inutile pure insultarlo a sangue.
C’è bisogno di scomodare il vecchio Tullio De Mauro? Ancora? Il 70% degli Italiani non capisce un testo di media difficoltà. La questione potrebbe chiudersi qui.
Da fenomenologo minuscolo vi regalo un aneddoto. Posso persino comprovarlo con una foto. Alla Motorizzazione di Roma, presso gli sportelli, campeggia un bel cartello scritto a mano, tenuto con gli adesivi; vi appare una  pesante ammonizione per gli utenti tutti:

ACQUIRENTE (CHI COMPRA)
ACQUIRENTE (CHI COMPRA)
VENDITORE

Capito? Gli impiegati, forse stanchi di ripetere la consueta, quotidiana, litania, avvertono l’italiota medio: “L’acquirente, nel contratto, è chi compra; il venditore – lo dice la parola stessa – è chi vende … ma soprattutto vogliamo dirvi: l’acquirente è chi compra!”.
Siamo a questi livelli. Per fortuna (sono rimasto piacevolmente sorpreso, davvero) non c’è scritto, sul cartello: AQUIRENTE (CHI COMPRA).

E qualcuno vuole indurre gli italiani a ribellarsi con qualche grafico? Con l’esposizione meticolosa dei rischi del TTIP? Oppure spiegandogli l’inganno dell’andamento dello spread? La MMT? La bontà delle proposte della scuola austriaca? Roba da schiantarsi dalle risa …
L’Italiano è tetragono alla realtà. Ancorato a un passato felice ormai dissolto. Vuole spera anela alla salvezza … ancora la speranza … ma la speranza uccide, forse più dell’ignoranza.
Il principio di piacere, le soddisfazioni piccolo borghesi, i piccoli tesoretti accumulati negli anni … è già tutto svanito, ma questi continuano a sperare.
No, per vedere un cambiamento devono smutandarli sino all’ultimo uomo … poi forse si renderanno conto che una minoranza organizzata di collaborazionisti (la gran parte proveniente dai quadri del defunto PCI!) ha venduto la maggioranza disorganizzata con tutte le scarpe … con le loro casette, e i risparmi della nonna … e con le loro speranze, ormai defunte pure loro.
Giusto così. La razza che non riconosce i propri predatori è destinata a estinguersi.
Sarà una giornata epocale allora (avverrà per caso, come sempre, al congiungersi occulto di stelle nere; sarà un evento inaspettato che sfuggirà alla perspicacia dei Nostradamus di Ballarò e Repubblica): gli Italioti, pezzenti, depressi, astenici, con sfrigolanti maglioncini cinesi addosso, l’alito cattivo per le carie in bocca, capiranno finalmente la portata del pacco renziota; o della coppiola Monti/Fornero; o del trucibaldo Mortadella, coi suoi mirabili compagni di merende, le solite “risorse del paese”: Ciampi, Treu, Dini, Napolitano e compagnia. E magari si ricorderanno, en passant, pure dei Tremonti e dei Brunetta, e della compagnia di giro che faceva finta di fare a botte con la prima.
Ci sarà da piangere, allora. O da ridere.
Ce la faranno i nostri eroi?
Non si sa. Un popolo può anche essere troppo debole per ribellarsi. Dirò di più: un popolo, di fatto, anche quello italiano, può anche svanire nel nulla della storia, come una secchiata d’acqua è assorbita veloce dalla sabbia infuocata. In tal caso piangeremo.
Se ce la faranno, invece, ci sarà una Vandea immane, irrazionale, populista, giustizialista. In questo caso, meno probabile, ci sarà da ridere.
E io sarò in prima fila.

http://pauperclass.myblog.it/2015/05/18/litaliano-ribelle-forse-mutande-alceste/

Ignavi

Citazione

Inferno Canto III – Miniatura ferrarese XV secolo

Alle volte mi viene il dubbio che la maggioranza delle persone non voglia sapere per evitare di ribellarsi, che voglia illudersi o non possa fare altro che illudersi avendo perso l’idea stessa di progresso sociale. E cominci ad amare le bugie disperando della verità.

https://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2015/05/19/dopo-il-danno-la-beffa/