Agent of chaos

agentedelcaosMi viene in mente un romanzo distopico di Norman Spinrad, scritto negli anni sessanta e intitolato, appunto, Agent of Chaos. In questo bel romanzo di fantascienza, al conflitto sociopolitico fra un regime totalitario, spietato e invasivo, un po’ orwelliano e un po’ huxleyano, e i ribelli democratici che rappresentano i “buoni” resistenti, si sovrappone l’efficace strategia del caos dell’inquietante confraternita degli assassini, ispirata dagli scritti di Gregor Markowitz, in cui elementi irrazionali e religiosi giocano un ruolo importante.

La narrazione del conflitto che truffaldinamente propongono i media occidentali, in relazione alla Siria epicentro dello scontro, ricorda un poco il romanzo di Spinrad. Da una parte un dittatore spietato, Bashar Al-Assad, che “stermina il suo popolo”, come ripete a ogni occasione John Kerry, segretario di stato Usa, il quale mente sapendo di mentire, dall’altra i fantomatici “ribelli moderati”, presunti buoni quanto l’opposizione democratica in Agent of Chaos, e fra i due contendenti la confraternita degli assassini, incarnata dallo stato islamico o daesh, che semina a piacimento la morte e il caos. Una lettura propagandistica e sbagliata della guerra in Siria, ma funzionale agli inconfessabili disegni dell’occidente neocapitalista e dei suoi compari, primi fra tutti Arabia Saudita, Turchia e Israele.

Daesh è l’Agent of Chaos della situazione, non solo in Siria? Sicuramente è un potente strumento di destabilizzazione che ha potuto, però, crescere a dismisura e ottenere successi inquietanti, come la presa di Raqqa, Mosul, Ramadi, Derna, Sirte, grazie ai potenti “padrini” che lo coccolano, lo vezzeggiano e lo riforniscono di tutto ciò che gli serve: soldi, armi, mercenari, Toyota e Humvee, tecnici petroliferi e molto d’altro. Dietro il Chaos seminato con successo da daesh non vi è una cosmica Entropia, più forte che qualsiasi altra cosa come negli scritti immaginari di Markowitz, ma la longa manu neocapitalista che nella guerra a puntate, in corso da qualche anno, persegue obbietti importanti.

Del resto, dietro il “softpower” obamiano, rappresentato dai media pinocchieschi come una sorta di dominazione “dolce”, destabilizzazione, scenari di guerra e caos la fanno da padroni. Torna utile daesh, come si è rivelata utile la soldataglia ucraina euronazista contro gli interessi e le popolazioni russe nel Donbass.

Il vero e più immediato rischio, dopo l’abbattimento sul confine siriano del jet russo da parte dei turchi, pappa e ciccia con americani e Nato, è lo scoppio di un conflitto diretto con la Federazione e (forse) i suoi alleati più stretti. In tal caso, la guerra non sarà più a puntate, o a pezzettini, ma di respiro planetario, coinvolgendo l’Europa e forse anche la Cina, in un rapido crescendo nucleare-batteriologico-chimico.

Tornando per un attimo al romanzo di Norman Spinrad, dovremmo aver compreso che sono loro i veri capi della confraternita degli assassini, i più importanti agenti del caos. Come può esistere (ed esiste!) un ordine nel caos cosmico, fra le particelle che si muovono disordinate, così la strategia del caos, applicata su vasta scala dalle élite globaliste di matrice occidentale, è finalizzata a imporre il loro ordine sociale, politico, economico.

joxeLeggi tutto su: http://pauperclass.myblog.it/2015/11/26/strategia-del-caos-guerra-puntate-obbiettivi-delloccidente-neocapitalista-eugenio-orso/

De iis fabula narratur

Il greco è ormai dimenticato…

Βατραχος τις εν λειμωνι συν τεκνοις καθ’ ησυχιαν υπνωσσει, χαιρων τη καλλιστη ημερα. Και βους τις ερχεται παρα τον λειμωνα και εγγυς του βατραχου βοσκεται. Ο βατραχος βλεπει συν μεγιστω θαυμασμω τον βουν και, φθονερος τω μεγεθει του ζωου, ερρωμενεστατα αναπνει τεινων το δερμα΄ επειτα τα τεκνα ερωτα΄. Τα τεκνα αποκρινονται΄. Ο βατραχος αναπνει πολυ ισχυποτερως και παλιν τα βατραχιδια ερωτα περι του μεγεθους, αλλα τα τεχνα αποκρινονται΄. Αφρων τη οργη ο βατραχος, ως μαλιστα δυναται, παλιν εμφυσα τους πνευμονας αλλα, της μεγιστης αναπνοης ενεκα, το σωμα διαρρηγνυται.

il latino e la filosofia sono in via di rottamazione…

Inops, potentem dum vult imitari, perit.

In prato quondam rana conspexit bovem

et tacta invidia tantae magnitudinis

rugosam inflavit pellem: tum natos suos

interrogavit, an bove esset latior.

Illi negarunt. Rursus intendit cutem

maiore nisu et simili quaesivit modo,

quis maior esset. Illi dixerunt bovem.

Novissime indignata dum vult validius

inflare sese, rupto iacuit corpore.

il mondo è in mano ad avventurieri ignoranti…

In una tiepida mattina di primavera , una rana e i suoi ranocchi stavano sulle tranquille acque di uno stagno .
D’improvviso arrivò un enorme bue che tranquillo brucava l’erba ai bordi dello stagno.
I ranocchi stupiti cominciarono a lodare la enormità di quell’animale.E a dir tutta la verità anche la stessa rana era molto meravigliata; tanto che le nacque in petto una certa invidia.
Pensava che forse avrebbe potuto diventare enorme come lui.
Così disse ai suoi piccini:- Voglio diventare enorme come lui, mi gonfierò d’ aria!!!
E la rana cominciò a gonfiarsi e a gonfiarsi così tanto, che tutta la pelle le tirava.
Chiedeva ai suoi ranocchi: – Sono grossa come il bue?
I Ranocchietti rispondevano. – No, mamma.
La rana raccolse tutte le sue forza e continuò a gonfiarsi.
Si gonfiò così tanto che finì per scoppiare.

de iis fabula narratur.

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La macchina del caos

Sabato 28 novembre, ore 16
presso Centro Sociale Giorgio Costa
Via Azzo Gardino 48, Bologna

Nell’ambito del ciclo denominato “La macchina del caos” per la critica del Nuovo Ordine Mondiale, si svolgerà l’incontro
“Importazione di popolazioni. L’esercito di riserva della globalizzazione e la destabilizzazione dell’Europa”.
Con l’intervento di Enrico Galoppini, redattore del giornale in rete Il Discrimine (www.ildiscrimine.com), e Martina Carletti (ARS – Associazione Riconquistare la Sovranità).

A cura di controinformazione.info, in collaborazione con faremondo.org e byebyeunclesam.wordpress.com

Importazione di popolazioni

Vaccinazioni

vaccinazioni-alla-ricerca-del-rischio-minore-libro-85342L’allarme (o allarmismo?) sulle vaccinazioni è stato giustificato da medici e ministero della salute con il fatto che le coperture sarebbero calate in misura tale da generare pericoli imminenti di epidemie o morti. Ma, stando ad una lettera inviata dall’associazione Assis (Associazione di Studi e Informazione sulla Salute) agli assessori regionali e ai membri delle commissioni Sanità di Camera e Senato, le coperture non paiono affatto tanto in calo. Eppure la tensione non scende e il nuovo Piano nazionale vaccini, di cui è stata rimandata l’approvazione per verificarne la copertura finanziaria, prevede addirittura l’introduzione di un buon numero di ulteriori vaccini e contiene l’esplicito invito agli Ordini dei Medici a sanzionare gli operatori sanitari che esprimono perplessità sulle vaccinazioni.

In questo dibattito aspro e durissimo si inserisce la lettera firmata da 150 medici e inviata al presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Walter Ricciardi, di cui vi riportiamo il contenuto.

http://www.ilcambiamento.it/medicina/vaccinazioni_paura.html

Milano vs.Roma

Genealogia di un’eterna rivalità

Fondata dai galli “Insubri” nel VI sec. a.c. è conquistata dai romani nel 222 d.c. e ribattezzata “Mediolanum”. Il marchio “romano” è indelebile e peserà sull’orgoglio meneghino sin dall’inizio.

Non va meglio con la proclamazione -prima ed ultima volta nella sua storia- di Capitale…dell’ Impero “romano” d’Occidente nel 286 d.c. Il motto della città è: Senatus Popolusque Romanus. La città è un “franchising” dell’impero di Roma.

Sant’Ambrogio era un romano originario di Treviri. Mal volentieri accettò di rimanere a Milano: « Quale resistenza opposi per non essere ordinato! Alla fine, poiché ero costretto, chiesi almeno che l’ordinazione fosse ritardata. Ma non valse sollevare eccezioni, prevalse la violenza fattami. ».

Parlando di “stereotipi” e mitografie, l’autorappresentazione efficientista di Milano ha illustri e antichi precedenti già nelle cultura del secolo dei Lumi.
I pregiudizi antiromani di Pietro Verri, ricordano il leghismo della prima ora e forgiano i luoghi comuni contro l’ “indolenza” dei romani. Non si risparmia il dialetto romanesco:”quando sento parlar romano, sento il sapore delle fave verdi”. Due secoli dopo, il milanese Alberto Arbasino ricorderà quando a Ostia, passeggiando lungo la spiaggia, sentiva “nell’aria come un ronzio di calabroni: erano i giovanotti romani che parlavano fittamente tra loro dicendo ‘cazzo, zozzo, borzetta’ “.

Alla fine del settecento la storiografia di Vincenzo Cuoco e dei sostenitori dell’esistenza di una civiltà italiana precedente, culturalmente superiore e contrapposta all’imperialismo romano (etruschi, greci, etc.) farà la fortuna di tutti i campanilismi italiani da nord a sud. Alcune suggestioni di Giambattista Vico andavano in questo senso.

Grande fortuna -inizio ottocento- per il saggio L’Italia avanti il dominio dei romani (1810) del livornese Giuseppe Micali; uno scritto che negli ambienti eruditi contribuisce ai giudizi moralistici contro Roma antica e a negarne la funzione di paradigma della storia italiana.
Il secolo, tutto medievaleggiante, trova eroi e campioni nei comuni italiani e nella Milano contro il Barbarossa. Se così comincia la Storia delle repubbliche italiane del de Sismondi: “L’italia antica aveva perso la sua libertà a causa delle conquiste della Repubblica romana” il resto è grande enfasi per la Lega Lombarda, i giuramenti di Pontida…

Il grande debutto internazionale della “milanesità” e dello sciovinismo meneghino avviene nel 1844 con il VI Congresso degli scienziati italiani. Contributi giungono da Carlo Cattaneo e da Cesare Cantù. Si magnificano le ascendenze celtiche, l’operosità “ambrosiana”, si stigmatizza l’immoralità degli antichi romani, si elogia la capacità dei milanesi di modificare il territorio. Non ci sono passati gloriosi da rimpiangere: contano il futuro, l’autonomia e l’iniziativa. In questo senso, siamo agli inizi del “primato morale”.

Le cose non vanno meglio dopo la proclamazione del Regno d’Italia: La sferzata ai romani che-han-perduto-gli-anticorpi (provati dal fallimento della Repubblica del 49′) arriva anche Giuseppe Garibaldi. In un appello del 1862: “Grande o romani è anche l’obbligo vostro. Moltiplicate l’energia, respingete i codardi che vi consigliano il sonno. imitate Milano di fronte agli austriaci”.

Negli anni 60′ dell’ottocento, il Bossi d’antan è Massimo D’Azeglio. Per criticare la scelta di Roma come futura Capitale della nazione, nelle Questioni urgenti (1861) stigmatizza i “2500 anni di miasmi di violenze materiali, pressioni morali esercitate dai suoi successivi governi sul mondo”, auspicando che “L’Italia e il mondo abbian finalmente il diritto di domandare se abbia da durare eternamente questo Campodoglio” e chiedendosi -centoquindici anni prima del libello Contro Roma di Moravia, Russo e altri intellettuali- se “alle moli degli anfiteatri…non sia preferibile lo spettacolo di una locomotiva”. Alla retorica del passato si sovrappone quella della “modernità”.

Con le esposizioni Internazionali del 1881 e del 1906 la grandeur milanese trova il riconoscimento ufficiale e definitivo, sempre però paragonato in modo provinciale e campanilistico a Roma, capitale “bizantina” della politica politicante, parassita e ciarliera. Il germe dell’antipolitica è quintessenziale alla grandeur milanese che ama autorappresentarsi con le idee e le ideologie della classe dominante borghese. Roma è invece sottoproletaria. Se Milano ha i caffè, noi abbiamo le osterie…

Nel 1910, un noto “socialista” poteva così rivolgersi a Turati per perorare la causa del trasferimento dell’ Avanti! a Milano: “Roma, città parassitaria di affittacamere, di lustrascarpe, di prostitute, preti e burocrati, Roma -città senza proletariato degno di questo nome- non è il centro della vita politica nazionale, ma sibbene il centro e il focolare d’infezione della vita nazionale.”. Il Manlio Cancogni dell’epoca era un Benito Mussolini ancora ben lungi dagli innamoramenti per Roma “[…] enorme città-vampiro che succhia il miglior sangue della nazione.”.
Nihil sub sole novi. La guerra continua…
Andrea Costa

E mentre litighiamo tra noi qualcun altro ci governa da sempre

Allouin

Se i morti potessero tornare, probabilmente avrebbero solo voglia di parlare dei loro ricordi, magari seduti a tavola, senza disturbare troppo. O magari ci vengono a dire che ci arrabattiamo tanto e sbagliamo tutto. Lo so, lo so: la prima idea viene da una poesia di Giovanni Pascoli dai Canti di CastelvecchioLa tovaglia, la seconda dal terzo atto della nota commedia di Thornton Wilder Piccola città, che è proprio ambientato qui nel Massachusetts, in un posto chiamato Grovers Corner che non ho ancora visto (ma ce ne sono tanti così). E forse hanno ragione entrambi. Però oggi, leggendo le date della famiglia di cui dicevo, mi sarebbe piaciuto ascoltare le loro storie, vedere come avevano vissuto certi momenti della nazione e della vita; però, in barba a Halloween, non mi potevano fare visita da morti, anche se io ero lì da vivo. Averli conosciuti un tempo, magari; ma il figlio era già morto quando io sono nato e comunque è già tanto la nostra vita, quello che abbiamo visto e che vediamo, chi abbiamo conosciuto e conosciamo. Poi mi sono guardato intorno: i campi di Hadley sono molto belli, ampi, e alcuni sono tenuti bene come giardini; e c’è ancora qualche foglia gialla sugli alberi. E poi ho inforcato la bicicletta e sono tornato a casa.

No, niente lanterne macabre: con le zucche, mei faragh’ di caplazz.

Andrea Malaguti

leggi tutto: http://americalbar.blogspot.com/2015/11/allouin.html