La Buona Scuola, dove studiare non è più “cool”

Sul rapporto tra cultura umanistica e democrazia vedi M. Nussbaum, Non per profitto, Il Mulino, 2013

Il Conformista

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Si sono spenti i riflettori sulla “Buona Scuola”. I dibattiti politici, spesso infuocati, che hanno caratterizzato la gestazione di una riforma così importante non hanno lasciato echi nelle orecchie dei più. Forse perché ci siamo abituati: da almeno quindici anni i governi che si avvicendano al potere cambiano le regole del gioco, scaricando sulla scuola un diluvio di norme. Così diverse, ma in realtà così simili: la direzione è quella di rendere la scuola pubblica più autonoma, più meritocratica, più digitale, più vicina al mondo del lavoro, meno dipendente dai finanziamenti pubblici e più accogliente verso quelli privati.

Il confine tra scuola e azienda si fa sempre più sfumato. L’autonomia degli istituti viene rafforzata con la figura del preside-manager, che ha la potestà di chiamare direttamente gli insegnanti (presunti) migliori, disfacendosi dei (presunti) mediocri. La meritocrazia è introdotta premiando i docenti che contribuiscono al “miglioramento della propria scuola, al…

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