Il dolore di essere italiani

genioNaturalmente, sono le vie mediane le più battute. Si può, per esempio, in alcune occasioni, omettere una ricevuta fiscale o accettarne la mancanza; si può cercare, in casi particolari, una raccomandazione; si può, talvolta, compiere un abuso edilizio, certi di poterlo prima o poi sanare; si può non mettere in regola la colf se lei stessa lo richiede – così come un politico può, entro certi limiti, peraltro indefiniti, patteggiare favori e attenzioni in cambio di voti, un industriale può dare in via riservata cifre consistenti a dei partiti con lo stesso atteggiamento con cui investe somme analoghe in pubblicità, e i commissari di un concorso possono accordarsi fra loro per far vincere un certo candidato, magari per molte ottime ragioni, a scapito di altri più meritevoli. Nessuno di questi comportamenti viene in assoluto considerato condannabile, sebbene, più o meno, si convenga sul fatto che in teoria lo sarebbe.

La zona grigia fra il rispetto delle regole e la loro violazione è di vastità immane e indecifrata, variabile, spesso enigmatica per gli stessi italiani. L’etica italiana è molteplice come le cucine regionali, con tutte le loro infinite varianti locali e familiari contraddistinte da una normatività che, sebbene accompagnata dalla ferma adesione della comunità di cui sono espressione, è sempre suscettibile di dibattito.
In questi ultimi anni, con tutto ciò, la tensione fra le diverse dis-appartenenze si è accentuata, senza che si intravedano gli enzimi capaci di metabolizzare il pesante groviglio morale, politico e infine culturale che blocca l’Italia.

Giulio Savelli, Il dolore di essere italiani, Narcissus 2014
estratto da http://www.uncommons.it/village/il-dolore-di-essere-italiani-572

2 pensieri su “Il dolore di essere italiani

  1. Come l’evoluzione animale insegna, se si è relativamente forti si combatte, se si hanno ancora forze e qualche chance si scappa, se invece si è alla “che dio me la mandi buona” ci si freeza, ci si congela sperando che il caso ci veda male e ci passi oltre.[…]
    Fintanto che al suo posto si avrà l’indaffaramento dei piccoli egoismi individuali, il business as usual, la negazione sottostimante il problema, la reiterazione degli schemi consueti -tanto in coloro che tifano per lo status quo, quanto in coloro che tifano per una sua diversa versione-, non si produrrà neanche il primo livello, la pre-condizione di possibilità, per farvi fronte: la consapevolezza condivisa.
    https://pierluigifagan.wordpress.com/2015/06/27/quando-il-futuro-determina-il-presente-riflessioni-sul-panico-da-complessita/
    Detto in breve, quello che oggi difetta è l’intelligenza; per la semplice ragione che si è coltivata scientemente l’idiozia (Gaber) – See more at: http://www.bondeno.com/2015/06/23/rane-bollite/#sthash.x44chKz1.dpuf

  2. Film Quo vado (2016). Checco Zalone. Regia G. Nunziante. Produzione e distribuzione Medusa.

    Valore artistico: positivo. Si ride.
    Valore sociale: negativo.

    Il film irride il “posto fisso” ora che il liberismo lo sta eliminando. Ma il “privilegio” (così nel film) dell’occupazione sicura, statale o privata, anche modesta, non è necessariamente disonesto; mentre dà la prospettiva di condurre una vita normale. Prospettiva che è una forma di retribuzione, essendo quantificabile in denaro secondo gli economisti. La medesima satira sarebbe stata lodevole ai tempi nei quali infuriava il parassitismo clientelare; oggi è un proseguimento del servilismo, un adeguarsi alla mutata volontà padronale.

    La pellicola porta all’estremo l’ormai trita estetizzazione dello scarso senso civico degli italiani. I difetti veri e gravi dell’italiano vengono abbelliti e resi simpatici. Potenti non migliori di noi ci incoraggiano a rimanere così, meritevoli di essere additati e quindi asserviti, e ricattabili. Vi è assenza di etica pubblica: le scelte lavorative del protagonista sono guidate esclusivamente da intimi interessi personali. La concezione che esista un interesse pubblico comune, che è conveniente mettere in conto e rispettare, viene considerata solo per essere presa in giro.

    Nel film si mostra come sostituire l’etica pubblica con il sentimentalismo preconfezionato, funzionale al business. E si mostra uno dei nuovi frutti di questa tradizionale operazione: la medicalizzazione della povertà (e del disagio sociale). L’elevata mortalità dei bambini del terzo mondo è da povertà, causata dallo sfruttamento dei paesi ricchi, piuttosto che da mancanza di medicine. Si avverte un sapore clericale. Tra i tanti articoli di elogio che “Il Fatto Quotidiano” ha dedicato al film, uno di F.A. Grana sostiene che Zalone e papa Bergoglio “la pensano allo stesso modo”.

    Accattivante e a tratti divertente, il film è conforme alle cupe posizioni anti-repubblicane che accomunano i vari poteri che controllano il Paese e le loro facciate politiche. Imposto da una distribuzione massiccia nelle sale, sta battendo record di incassi. E’ sostenuto da una celebrazione mediatica bipartisan che lo presenta come un imperdibile capolavoro. L’evento così creato contribuisce a propagandare un modello culturale decadente, accettato tafazzianamente da tanti. Un modello che affossa ancora di più l’italiano medio proprio nelle posizioni dalle quali dovrebbe uscire per ottenere tranquillità e benessere.

    Zalone glorifica un suddito ignorante ma convinto di essere nel giusto e furbo; perenne precario; alieno, a suo stesso danno, da spirito di responsabilità sociale, che sostituisce con pretese di altruismo, pilotate dal marketing. Come gli scatoloni di farmaci per i bambini malati; che più che per i “negvetti” (Sordi, I Nuovi Mostri) nella realtà saranno per i figli dei cozzaloni bianchi.
    Dal blog menici60d15.wordpress.com

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