(aurea) mediocritas

La moderazione – o temperanza, σωφροσύνη, (aurea) mediocritas – è da millenni tra le virtù morali prescritte ai saggi. La lodava Aristotele nell’Etica Nicomachea, la raccomandava Cicerone nel libro sui doveri (De Officiis) e Tommaso d’Aquino ne fece una virtù cardinale del Cristianesimo. Sicché attribuire all’interlocutore il pregio della moderazione equivale a concedergli le insegne della saggezza e della rettitudine, con l’effetto – e quasi sempre anche l’intenzione – di blandirne l’amor proprio per guadagnarne l’assenso. In quanto al messaggio, poi, poco importa se sia davvero moderato e non viceversa foriero dei succitati cataclismi. Anzi, quanto più è estremo tanto più è d’uopo la captatio benevolentiae, via obbligata per carpire la fiducia dei semplici.

La moderazione ha un altro vantaggio per chi manovra il consenso. È un’etichetta vuota, una connotazione relativa che rimanda a un riferimento non dichiarato in modo da accomodarsi secondo la suggestione di ciascuno. In fondo, dirsi moderati senza specificare rispetto a cosa è come definire una lunghezza come il doppio della sua metà. Non dice nulla se non il bisogno di affermare il proprio equilibrio e la propria presunta superiorità e distanza rispetto a un’altra categoria ugualmente vuota ma specularmente infamante: l’estremismo.

Manipolare l’opinione di chi ama qualificarsi come moderato è quindi semplice:basta fissare d’ufficio gli estremi della dialettica con la certezza che il soi-disant moderato vi si collocherà disciplinatamente nel mezzo, in perfetta equidistanza dalle sponde. In questo modo il messaggio che si desidera accreditare non ha bisogno di essere esplicitamente asserito – come accadeva e accade nei regimi manifesti – ma è suggerito per induzione. Se volessimo far sì che il moderato pensasse al numero 8, gli diremmo di sceglierne liberamente uno tra 4 e 12. E lui cascherebbe prevedibilmente nella media:

Nella realtà, lo spin doctor accorto sa che si deve ridurre il più possibile la distanza tra gli estremi, per evitare un’eccessiva libertà di pensiero e la dispersione delle idee rispetto all’esito prestabilito. Il che spiega l’odierno Drang nach der Mitte, la centrizzazione del pensiero dove i cosiddetti estremi si qualificano sempre più come caute sfumature di un’opinione unica e centrale. Ad esempio, chi oggi chiede di tutelare la sovranità nazionale passa per nazionalista di ultradestra, mentre chi vorrebbe qualche protezione in più per i lavoratori è un comunista. Si tratta chiaramente di rappresentazioni parossistiche e strumentali al mainstream, laddove il vero estremismo è casomai quello di chi non riconosce in queste richieste un invito al rispetto della legalità costituzionale.

Il cosiddetto centro non è che lo stesso concetto di moderazione applicato ai movimenti politici. Ugualmente privo di significato in sé e ugualmente estremo negli atti, vive di ciò che i commentatori – cioè gli influencer – politici definiscono di volta in volta come massimalista. E poiché nessuno vuole portare l’onta dell’estremismo, tutti si accalcano verso il punto centrale di un recinto sempre più stretto – quello del pensiero unico – mentre il dibattito politico si riduce all’irrilevanza dei simboli e del gossip, in una bassa democrazia che discute del colore e della forma del cappio a cui andrà ad appendersi.

estratto da http://www.lolandesevolante.net/blog/2016/03/i-moderati-sive-de-grege/

2 pensieri su “(aurea) mediocritas

  1. “Di questo passo – chiosa il benpensante – dove andremo a finire?”. Nel suo microcosmo culturale gli euroscettici sono folli promotori di un’Europa fratricida e pronta a ripetere i massacri delle guerre mondiali, chi mette in discussione la moneta unica un pericoloso fomentatore di miseria e inflazione a due cifre, chi critica le politiche migratorie un nostalgico dei muri spinati di Auschwitz, chi si oppone alla privatizzazione e liberalizzazione di tutto uno stalinista nemico della libera iniziativa economica, chi fa politica dicendo le parolacce un ambasciatore di barbarie, chi declama il primato della famiglia tradizionale un bigotto à la Torquemada, chi si interroga sulle vaccinazioni un untore, chi denuncia le politiche israeliane un antisemita, chi predilige i prodotti nazionali un autarchico ecc. A conferma del fatto che il moderato è necessariamente – non eventualmente – un estremista, in quanto appunto allevato nella rappresentazione ossessiva dell’estremo.
    [ibidem]

  2. Auguriamoci solo che possano continuare ad esistere voci libere e indipendenti. L’omologazione delle idee, il conformismo intellettuale e il politicamente corretto sono i nostri peggiori mali. Speriamo di non morirne.
    Gianfranco De Turris

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