di Roberto Pecchioli *
Ma poi, perché i più giovani dovrebbero discutere con le generazioni più anziane ? L’orientamento comune, accettato per ripetizione coattiva, è che le idee nuove sono sempre migliori di quelle vecchie, esattamente come le merci.(sottolineatura nostra)
Non è così, non può esserlo. Il silenzio delle generazioni non è solo il solipsismo di chi vive la vita con le cuffie dell’I-Phone, scambia la vita con l’acquisto, gioisce dei “mi piace” sui post di Facebook o del volo a basso costo che è riuscito a prenotare online, o, per converso, quello di chi crede di aver esaurito i propri compiti con il mantenimento economico dei figli e con i sì pronunciati dinanzi ad ogni richiesta .
I giovani hanno anche bisogno di maestri, modelli, persino di eroi, e devono essere persone che riconoscono, in cui possono identificarsi. Ben triste è stato l’esito della famosa e fortunatissima frase di Bertolt Brecht “Fortunato quel popolo che non ha bisogno di eroi”. Esauriti i modelli, screditati gli eroi, resta il vuoto, il silenzio di chi non domanda più anche perché sa che non avrà risposte .
Non è troppo diverso il surreale mutismo ipermoderno che Antonioni aveva sublimato nelle inquadrature straniate e nelle interminabili, snervanti sequenze dei suoi film.
La fotografia in Antonioni from fuori quadro on Vimeo.
*estratto da http://www.maurizioblondet.it/silenzio-le-generazioni-lautismo-ipermoderno/
L’esclusività dell’eterno presente è sancita anche dalla uscita dal mercato dei video registratori (non solo VHS, ma anche DVD); per non parlare dei continui aggiornamenti dei sistemi operativi che ti obbligano alla rottamazione del software acquistato a suo tempo.
Un effetto collaterale particolarmente spiacevole è la inutilità della scuola ai fini della trasmissione del sapere: ai docenti rimane solo il difficile compito di inventarsi nuovi sistemi di in-trattenimento.