Il potere finanziario anglo-americano legge i dati e davvero si spaventa: nel 1912, nel mondo occidentale, il 4% della popolazione possedeva il 90% della ricchezza collettiva. Nel 1948, quel 4% ne possedeva l’82%. Nel 1968, il 4% possedeva il 66% e nel 1974 il dato toccò la più bassa cifra nella storia d’occidente dal tempo dell’impero romano: il 4% possedeva “soltanto” il 59% della ricchezza collettiva. Questo stava a significare che la ricchezza cominciava a essere re-distribuita e se la tendenza fosse andata avanti così, uno studio ponderato dei conservatori statunitensi spiegava che nel 2000, in occidente, quel 4% avrebbe posseduto sì e no il 25% mentre il restante 75% sarebbe stato distribuito in una fascia sempre più ampia di popolazione. Un esperto di marketing culturale, Mr. Powers, il padre del neo-liberismo conservatore, scrisse un documento (il celeberrimo e famigerato memorandum Powell) nel quale si spiegava che era assolutamente necessario andare all’attacco delle accademie universitarie, degli intellettuali, dell’editoria, del cinema, del teatro, dei giornali e prendere il potere in quei settori per poter poi riportare le cose al punto in cui dovevano essere. Ad ogni modo, l’obiettivo è stato centrato nel Gennaio del 2015: il 4% della popolazione occidentale possiede di nuovo il 90% della ricchezza collettiva come nel 1912. Quella che Powell definì “la insopprimibile e necessaria rivoluzione culturale” aveva bisogno di una adeguata struttura politica e sociale che doveva avere il coraggio e la forza di dare inizio all’abbattimento dello stato welfare. “C’è troppa gente che studia in occidente, c’è troppa gente inutile che oggi sa cose che non dovrebbe sapere. Noi abbiamo il dovere storico di interrompere questo meccanismo e capovolgerlo prima che sia troppo tardi”. Penso che in Usa fosse impossibile farlo: i liberals radicali avevano il controllo della nazione. Il gruppo dei 250 grandi finanzieri che gestivano Powell scelsero la Gran Bretagna come esperimento pilota. Si incontrarono una decina di volte con i più retrivi conservatori britannici e presero la decisione comune. La finanza anglo-americana lavorò in quel senso finchè non trovò Margareth Thatcher come loro rappresentante e la imposero alla regina Elisabetta II. Penso davvero che gliela imposero. “O lei o la totale recessione economica” le spiegarono i circoli aristocratici dell’epoca. Nel febbraio del 1979 lei accetta per niente convinta e dopo quaranta giorni la Thatcher diventa premier con l’obiettivo di spianare la strada agli Usa che nel frattempo costruivano il loro grande pupazzo vincente: Ronald Reagan. Entrambi avrebbero dovuto lanciare il piano mondiale per l’affermazione del neo-liberismo selvaggio, come dire: la lotta di classe al rovescio. Erano i ricchi che scendevano in campo per andare a togliere ai poveri il poco che si erano conquistati. Per diversi anni fu la Gran Bretagna a dettare gli ordini politici e le direttive della classe dirigente, mentre gli Usa si prendevano il controllo della cultura pop sostituendo la Gran Bretagna e invertendo i ruoli. Dopo qualche anno, quando ormai la strada era stata tracciata, il potere decisionale da parte delle strutture finanziarie planetaria ritornò a Wall Street. A quel punto, ormai, il gioco era fatto. E dal 1985 a oggi, per 30 logoranti anni, la più feroce e cinica oligarchia mai esistita negli ultimi 300 anni ha dettato la legge al mondo.
Oggi, 2016 il teatro è completamente diverso. Direi opposto. Proprio al contrario.
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Il professor Korbel assicurava che per poter dominare il mondo bastava che Washington imponesse una riscrittura delle relazioni internazionali secondo i termini giuridici anglosassoni. In effetti, collocando il contratto al di sopra della Legge il diritto anglosassone nel lungo termine finisce col privilegiare i ricchi e i potenti a discapito dei poveri e degli indigenti.
http://vocidallestero.it/2016/07/17/la-brexit-modifica-la-geopolitica-mondiale/