Assuefazione al declino

Rassegnazione e scherzo. Conosco tale stato d’animo. È la leggerezza di chi non sente il destino nelle proprie mani. Fatalismo. Il potere li ha condotti in un vicolo cieco, giorno dopo giorno,  tassa dopo tassa, direttiva idiota dopo direttiva idiota; si sono fidati nell’ordine della Coldiretti, della DC, di Forza Italia, ora del PD; non scorgevano, come al solito, il disegno complessivo: la progressiva eliminazione di ogni realtà agricola medio-piccola. Li hanno portati qui, togliendogli ora un’esenzione, lì un incentivo, qua una detassazione. Li hanno allagati di leggine folli, regolamenti inattuabili, obblighi, imposte, burocrazia inutile. E ora eccoli, con un pugno di mosche in mano, una generazione di figli menefreghisti e nessuna prospettiva. La situazione è senza sbocco: non rimane che farsi una risata sull’orlo del l’abisso…

Non si ha, però, più voglia di lottare. “Assuefazione al declino“, l’ha chiamata un sociologo. E i figli? I figli sono già assuefatti perché non ricordano l’Italia che funzionava e produceva.
I politici ladri e menefreghisti sono gli amici più cari dei castagnari del Bangladesh che, in presenza del menefreghismo e in assenza di politica, si fanno gli affari loro. Affari che non coincidono con quelli degli Italiani. (corsivo nostro) Le castagne del Bangladesh! Altro che leggenda metropolitana. A Roma i caldarrostari, come si chiamano, sono tutti dei loro. L’armamentario è quello vecchio stile, col piatto bucherellato e le braci. Le castagne, gigantesche, con la buccia intagliata in un sorriso di scherno, invece no. I bangladini, grassi, tarchiati, inattaccabili dal fisco e da Equitalia e dalla legge in generale, aria dimessa e cellulare ultima generazione pronto in tasca, proliferano nelle strade romane a parodiare l’antico burino che, nei mesi freddi, svernava nella grande città per tirare su il companatico. Il rapporto città/campagna, ancora vivo nel dopoguerra, oggi pare definitivamente interrotto. Persino Georges Simenon, negli anni Sessanta, se ne lamentava: dove sono, si domandava, quelle piccole trattorie che si rifornivano dalle fattorie perse nelle secolare campagna della Francia profonda, gretta, umile e sanfedista? Ah, i bei tempi! E infatti pure Simenon passava per reazionario.
Eccoli i bangladini castagnari, a loro agio come un pesce mutante in un ruscello di Chernobyl. Con la loro presenza silente e incongrua pare che si siano portati appresso pure il clima. Umidiccio, afoso, rotto da improvvise, brevi, e violente piogge, incostante…

L’italiano di oggi è fondamentalmente un depresso: gli basta chiudersi in casa coi suoi quattro balocchi: computer, cellulare, pornografia, calcio, l’ultimo cartone animato per il proprio frugoletto-bacarozzo … nel suo animo intuisce d’essere spacciato, ma se ne frega.

Tempo fa il consigliere comunale di un paese nei dintorni, lo chiameremo Giovanni, denunciò alcuni individui che avevano sversato rifiuti tossici presso alcuni terreni che costeggiano il Tevere. In cambio ricevette una denuncia per diffamazione.
I due fendenti giudiziari, però, ebbero diversi destini. Mentre la denuncia per lo sversamento viaggia ormai verso la prescrizione, quella per diffamazione è viva e vegeta. Il nostro, insomma, è nei guai fino al collo tanto che gli è passata – lo so – qualsivoglia fisima eroica. Un suo compagno nel consiglio comunale che lo spalleggiava, è, intanto, passato ad altri lidi: gli hanno promesso il posto in una cooperativa che si occupa di migranti.
E gli sversamenti?
I terreni sono stati spianati, ma non bonificati, e riadattati per la coltura biologica.
Questo non è uno scherzo. Come detto: è così e basta.

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Patafisica

La Patafisica, solo a nominarla, potrebbe gettare nel panico l’impreparato interlocutore. “Pata… che?” D’altronde il termine si presta alla sinonimia colta e un po’ stravagante, volendo indicare persone o situazioni strampalate, astruse, cervellotiche. Riduzionismo e versatilità, come nel caso di Metafisica, facilmente spendibili in svariati contesti, talvolta anche a casaccio, forse perché il vero significato tende a sfuggire. Cercheremo quindi di porre rimedio partendo dalle origini, ma non promettendo spiegazioni divulgative, giacché per sua natura la categoria tende a respingerle. La Patafisica, scienza delle soluzioni immaginarie, è indissolubilmente legata allo scrittore francese Alfred Jarry, sicché collocabile in quanto a genesi alla fine dell’800. L’ideatore di Ubu Roi, già a partire da quel liberatorio Merdre! (contrazione di mère e merde) può essere definito uno dei precursori delle avanguardie letterarie, tant’è che il Surrealismo gli tributò doverosi omaggi, assieme a quell’altra fonte d’ispirazione, individuabile ne Les Chants de Maldoror di Lautréamont. Jarry, morto a soli 34 anni con l’ultimo desiderio di mettersi in bocca uno stuzzicadenti, è personaggio incredibilmente affascinante, in parte ancora legato al maledettismo poetico (assenzio & indigenza), in parte già proiettato nelle destrutturazioni nichilistiche del ‘900.

Di primo acchito, oltre all’esaltazione di atteggiamenti assurdi, grotteschi, immaginifici, traspaiono in questa corrente artistica elementi curiosi, spesso poco sondati. Anzitutto il riferimento alla scienza, che considerando la filiazione simbolista, scapigliata ed irrazionale, assume in questo caso connotati volutamente contraddittori e vagamente goliardici. Per fare alcuni esempi: quando Yves Klein immagina la fondazione dell’epoca blu, quando Guy Debord delinea i melmosi confini della società dello spettacolo, quando Carmelo Bene interloquisce con gli zombie da Costanzo, quando Fulvio Abbate sbertuccia luoghi comuni e trombonesche pose dalla sua televisione monolocale, siamo in odore di patafisica. Eppure l’attitudine libertaria degli affiliati, lungi dal cazzeggio ideologico progressista, conserva probabilmente l’ultimo prezioso scampolo di romanticismo della cultura europea. Dietro l’impalcatura avanguardista e parascientifica, i patafisici escogitano soluzioni spiazzanti, che spesso hanno il sapore artigianale della reazione antimoderna, del sabotaggio studiato in osteria. Sembra paradossale, ma è come un cerchio nel punto di chiudersi: sarà più probabile incontrare un patafisico (ma sarà Egli a venire da voi, parlando d’altro) in una bettola, tra vecchi che giocano a carte, dal calzolaio (quanto è patafisico il calzolaio nella sua bottega magica?) piuttosto che in convegni, mostre, celebrazioni culturali dal gusto istituzionale.

calendrier_pataphysique_perpetuel_iv_dition_1Il patafisico, tendenzialmente anarchico e snob, non solo rifugge la pompa retorica, ma addirittura se ne appropria per vampirizzarla e svuotarla di significato. Pensiamo ai tronfi Generali sovraccarichi di medaglie dipinti da Enrico Baj, ma anche alla struttura stessa delle istituzioni patafisiche, con tutti quei rimandi massonici, esoterici ed altisonanti: il Collegio di Patafisica (promosso tra gli altri da Raymond Queneau) con la sua emanazione detta OuLiPo (Ouvroir de Littérature Potentielle); l’”Istituto di Alti Studi Patafisici di Buenos Aires, l’”Institut Limbourgeois de Hautes Etudes Pataphysiques” del Belgio, “L’Accademia Olandese di Patafisica”,  il “London Institute of Pataphysics”, mentre in Italia  ci sono il “Turin Institute of Pataphysics” con l’artista Ugo Nespolo quale Proto-provveditore, l’”Institutum Pataphyisicum Parthenopeium”, l’”Istituto dei Ventilati Patafisici Benacensi” e l’”Istituto Patafisico Vitellianense” retto da Afro Somenzari e approvato dal summenzionato Enrico Baj. Non solo, anche i titoli diventano pretesti ludici: sua Magnificenza, il Trascendente Satrapo, L’Imperatore Analogico, tutta una serie di “vice-qualcosa”, di cariche autoironiche, oltre ad una simbologia (la giduglia, la candela verde, il vascello) utilizzata nei carteggi, che prevede timbrature, annulli postali, sigilli.

ff1I patafisici, insomma, sembrano vivere in un mondo parallelo, dove si ride di nascosto per non destare sospetto, dove si osservano rituali e procedure con lo scrupolo di una loggia, salvo poi sparire al momento della cerimonia, lasciando così i preparativi alchemici nelle mani del primo venuto. Estremo scrupolo ed estrema noncuranza, coesistono. Essi seguono un calendario di 13 mesi (l’Era Patafisica inizia l’8 settembre 1873, giorno della nascita di Alfred Jarry) e scardinano con gusto raffinato la logica – pur mantenendo una ossequiosa devozione per la forma – solo per il piacere di organizzare un’immaginaria enclave di libertà. Sosteneva il (fantomatico? L’affermazione titolata patafisica è sempre un’incognita, sovente una trappola) dottor Sandomir: “La ’Patafisica pazienta; è benigna; la ’Patafisica non compete mai, non deraglia mai, non è obesa, non ambisce affatto, non cerca il suo vantaggio, non si irrita, non pensa male; non ride dell’iniquità: non gioisce della verità scientifica; sopporta tutto, crede tutto, spera tutto, essa sostiene tutte le cose”. Ecco, quando in società vi capiterà d’incontrare un distinto signore intento a pontificare sulla piattezza della terra e di quanto naturalmente il sole giri attorno ad essa, non è sempre detto che si tratti di un paranoico complottista. Forse è solo un personaggio fittizio, la vostra ombra orante, un fantasma delle vite antecedenti, l’angelo della faccia; oppure un patafisico che vi sta offrendo l’ambrosia. Mai rifiutare.

Donato Novellini in http://www.barbadillo.it/61079-artefatti-arruolarsi-allosteria-patafisica-in-guerriglia-con-la-modernita/

Tradimenti

mio stemma FB

mio stemma FB

Quello che vedete sopra è il mio stemma utilizzato per Facebook, il motto è l’anagramma del mio nome e cognome che ritengo una qualità significativa e del tutto assente nel carattere degli italiani.

In molti articoli del blog ne abbiamo parlato e, sicuramente ciascuno di voi potrà trovarne esperienza nelle proprie vicende personali, nella letteratura e nel cinema.

Oggi ridanno per TV “C’eravamo tanto amati”, un film del 1974 di Ettore Scola, sui compromessi, malafede e tradimenti auto-inflitti dopo le speranze partigiane (ma probabilmente qui Scola pensava a quelle del ’68).

Oggi voltar gabbana è diventato addirittura motivo di vanto (basti pensare alle numerose dichiarazioni di voto pre-referendum); tempi tristi ci attendono… 😦

 

Storie di ordinaria ignoranza

Penso che ci si potrebbe riempire un libro; ad ogni modo iniziamo con questa:

E’ uscito di strada con il camion al suo primo giorno di lavoro e, per non fare brutta figura con il datore, ha inventato di essere stato rapinato del mezzo nel parcheggio esterno di un supermercato a Sant’Ilario d’Enza, nel Reggiano. Una ricostruzione che i carabinieri hanno però ‘smontato’ denunciando per simulazione di reato il camionista, un 43enne residente a Scandiano che ha continuato a negare ogni responsabilità.
L’allarme al 112 è arrivato verso le 21 di ieri, quando l’autista ha chiesto aiuto ai dipendenti del market dicendo di aver subito una rapina. Ma il Gps installato sull’autotreno ha smentito la sua ricostruzione del percorso e ha permesso ai militari di recuperare il mezzo, finito fuori strada dopo che per errore il conducente aveva imboccato una carraia che conduce al fiume Enza. L’uomo non è più riuscito a riportare il veicolo sulla strada e ha raggiunto a piedi il supermercato, raccontando, riporta l’Ansa, la rapina.

Altre le trovate nei commenti, ma questa merita la prima pagina:

Lo ha atteso e poi lo ha aggredito a sprangate, ferendolo, per poi fuggire con il telefonino della vittima. Ma ha fatto poca strada l’aggressore di un 31enne di Ravarino colpito sabato scorso nella cittadina. L’autore della violenza è un coetaneo, un ragazzo di 32 anni residente a Ravarino che – secondo la ricostruzione fatta dai Carabinieri che dopo pochi giorni di indagine lo hanno individuato – cercava nel telefonino del 31enne le prove della relazione con sua moglie, e che non ha esitato a usare violenza contro il malcapitato. Il 32enne è stato denunciato.

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