La presa del potere

Un giovane filosofo e geopolitico, Parag Khanna, ha scritto un saggio intitolato, parafrasando Tocqueville, La tecnocrazia in America, nel quale, superando lo stesso Zuckerberg, conclude che in America “c’è troppa democrazia” (???). Ciò di cui c’è bisogno è “più tecnocrazia”. Khanna ha una convinzione precisa, quella che “un governo tecnocratico è costruito attorno alle analisi di esperti e sulla pianificazione di lungo periodo, piuttosto che sulla chiusura mentale e la visione di breve periodo dei capricci populisti”. Al di là del tocco finale contro i populisti, ossia contro i sostenitori della sovranità popolare, ciò che sgomenta è il tono chiliastico, millenarista del nuovo potere tecnoscientifico, nonché il disprezzo assoluto per il popolo. Decidono “gli esperti”, poiché essi “sanno”, conoscono le procedure, antivedono gli esiti, conoscono i risvolti di tutto. A noi spetta unicamente l’obbedienza, la bovina acquiescenza al verbo.

Roberto Pecchioli in http://www.maurizioblondet.it/la-repubblica-delle-procedure/

2 pensieri su “La presa del potere

  1. Gli ‘esperti’ non hanno mai una visione asetticamente tecnica delle cose, come a volte vorrebbero far credere, ma sempre vi è coinvolta la condizione dalla quale parlano, che non è data solo dal genere di studi in cui si sono formati, dai loro titoli o dalla loro specializzazione, ma soprattutto dalla loro condizione di vita. Trattandosi di persone in una posizione più o meno privilegiata – o comunque garantita – è difficile che mettano in questione le basi del Sistema più radicalmente di tanto. Ed anche per formazione, la loro regola di attenersi ai dati, sorvola troppo facilmente sul fatto che nella realtà, non solo percepita (che certo a volte non coincide con la situazione reale) ma vissuta dalla gente, ci sono anche molte cose che non risultano nei dati, vuoi perché non ci si dà la briga di cercarle e registrarle dove le si potrebbero trovare, vuoi perché bisognerebbe inventare sistemi di rilevazione adatti a poterlo fare, vuoi perché a volte si tratta di cose che per loro natura non sono registrabili statisticamente. Di fronte a ciò l’abitudine “scientista” è quella di ignorare o perfino negare l’esistenza di alcuni problemi o altrimenti sminuirne l’importanza sottoclassificandoli come dettagli, casi particolari irrilevanti.

    C’è un presupposto ideologico a questo atteggiamento che è parte, come la Scienza, del paradigma della Modernità Occidentale. Essendo la Storia il procedere della Società verso il Progresso ed essendo nella fase attuale il capitalismo avanzato il sistema che regola la Società ed il motore della Storia, le conseguenze degli aspetti strutturali, necessari, inevitabili dello sviluppo capitalistico e del suo funzionamento – quali che ne siano le conseguenze subite dalla gente (che guardacaso son quasi sempre gli altri, rispetto agli esperti) – non possono che essere accettate. E ciò vale anche nel caso in cui l’ottica adottata vede questa come la strada obbligata per arrivare dall'”altra parte”, eventualmente, all’abbattimento del Sistema. È il movimento della Storia che, come si sa, va verso il Meglio. Un “meglio” che pare esser tale, a questo punto, per il fatto in sé stesso di esser nuovo rispetto a ciò che lo precedeva, cioè al “vecchio”. Qualunque cosa il nuovo sia, è ciò di cui dopo si dirà – storicisticamente si dovrà dire – che il suo sviluppo era necessario. E proprio per questo è meglio. Quindi “la gente” non può e non deve opporsi a questo sviluppo, né ciò avrebbe comunque senso, né in ogni caso sarebbe possibile farlo perché antistorico. Si tratta solo, si dice, di “governare” i processi in atto. In primo luogo ciò implica che saranno prima di tutto gli “addetti ai lavori” a poterlo fare: i politici al governo e la casta degli esperti.
    Sergio Cabras in http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=59326

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