Dai rotocalchi di Alfonso Signorini ai programmi di Maria De Filippi, l’universo simbolico costruito dalla tv privata, che si è sostituita al servizio pubblico (la “neotelevisione”, come la etichettò Umberto Eco), e alla stampa rosa e scandalistica [ha costruito l’immaginario popolare]. E, così, dopo l’egemonia di mercato è arrivata anche quella culturale, e più precisamente sottoculturale. Una “pedagogia antipedagogica” fondata sul divertimento, l’edonismo e il flusso continuo e incessante delle immagini, che ha riscritto anche i codici e le “tavole della legge” di un’informazione convertitasi in vari casi in infotainment (ove l’intrattenimento prevale largamente sull’informazione) e, da qualche tempo a questa parte, direttamente in entertation con l’affermarsi della transtelevisione del superamento dei generi. Un ventaglio di soft media che ha trovato nella tv generalista del disimpegno e delle avvisaglie della (supposta) disintermediazione – e che si sarebbe giustappunto fatta in seguito anche megafono dell’antipolitica – il proprio campione, e un irrefrenabile motore propulsivo.
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La sociologia di Dürkheim sostiene che i contenuti della coscienza individuale si formano interamente sulla base della coscienza collettiva. In altre parole, la natura totalitaria di qualunque società, anche di quella individualistica e liberale, non può essere annullata.
https://www.controinformazione.info/il-terzo-totalitarismo/