
Infatti, la “metropoli mondializzata popolata di radical chic [bobos, bourgeois-bohémiens] progressisti, che si crogiolano nel liberalismo economico, la società aperta, i comportamenti consumisti libertari” fa vivere le minoranze etnicizzate delle banlieues nella luce dei suoi consumi di lusso, del suo benessere, del suo superfluo, della sua “creatività senza pregiudizi” e senza tabù.
Le banlieues, dove si concentra il flusso migratorio internazionale, “permettono più facilmente l’ascesa sociale per il fatto della prossimità alle metropoli”. I nuovi immigrati vi si concentrano perché godono degli affitti “sociali” delle grandi metropoli, mentre “le classi popolari sono intrappolate lontano dalle zone che creano posti di lavoro”. Nelle cittadine sotto i 10 mila abitanti vivono il 56 per cento degli operai francesi di nascita, e solo il 14 % dei nuovi immigrati etnici. Né possono stabilirsi vicini alle metropoli perché, per loro che non godono di “affitti sociali”, gli affitti sono proibitivi. Andare ogni giorno al lavoro a 20 chilometri costa 250 euro al mese, un quarto del salario minimo garantito.
Si arriva al punto che, “ mentre i bisogni di prestazioni ed affitti sociali non sono mai stati così forti, i francesi, specie i più modesti, vogliono restringere il campo dello stato provvidenza, sospettato di aiutare prioritariamente gli immigrati. Lo Stato provvidenza viene criticato da quelli che ne avrebbero più bisogno”.
I francesi bianchi, o quelli di antica immigrazione dall’Europa, sono confinati in piccoli centri dove le industrie sono morte. E sono “invisibili” a quelli “di sopra”, ossia i radicalchic delle metropoli globalizzate, i gaudenti del Sistema e i loro gestori.
Tanto più che “il controllo della produzione dell’immagine” da parte dei metropolitani chic “permette di imporre la rappresentazione di una società placata, integrata, anche agiata, rendendo invisibile la maggioranza delle classi popolari…Le classi superiori ne hanno persino dimenticato l’esistenza, di questa classe popolare e maggioritaria” . Anche perché “questa società dell’apertura al mondo” e cosmopolita “è in realtà un piccolo mondo chiuso”.
Ciò significa che “il mondo di sopra non si fa più carico delle aspirazioni del mondo in basso: è una rottura storica. Le ineguaglianze non fanno che aggravarsi”, ma “il mondo politico e intellettuale non è più in collegamento con le classi popolari”, benché potenzialmente maggioritarie.
E poiché “la classe dominante ha fatto aderire al suo modello economico e territoriale l’insieme della classe mediatica e intellettuale – il mondo in basso non riconosce più alcuna legittimità ai mediatori politici, sindacali, o usciti dal mondo intellettuale”.
I due mondi sono separati come non mai. E in questa frattura storica, “il mondo di sopra è sempre più in una posizione di dominio di classe, in rottura con quello in basso”. E’ la nuova borghesia che si nasconde sotto la maschera della virtù moralistica: “accoglienza” degli immigrati (tanto mica li ospitano nei loro attici), “apertura”, “larghezza di vedute” (non vi ricorda la Boldrini?) contro quella Francia periferica che ha votato a Nord il FN perché disoccupata, e al Sud perché invasa dai musulmani minacciosi e non integrati, con cui condividono i falansteri e litigano sui pianerottoli.
estratto da http://www.maurizioblondet.it/sistema-produce-suo-popolo/
È stata un’operazione immane, che ha richiesto uno sforzo militare-politico-logistico di primo piano: cambio di regime in Libia (2011), destabilizzazione dell’ex-colonia italiana ed installazione in Tripolitania di un potentato islamista compiacente (2014), attivazione dei flussi migratori, creazione di una rete logistica pubblica e privata per il traghettamento degli immigrati (la nostra Marina Militare e quelle della NATO, affiancate delle Ong), pressione sui governi italiani (sarebbe interessante conoscere i temi trattati dal premier Paolo Gentiloni e da George Soros a Palazzo Chigi3 e se esiste uno scambio “immigrati contro stabilità finanziaria”), sermoni “umanitari” elargiti dal papa Mario Jorge Bergoglio, portato al soglio petrino da quello stesso establishment atlantico che manovra l’esodo migratorio. Nel frattempo, il dibattito politico italiano è stato a lungo monopolizzato dal dibattito sullo “ius soli”, pensato come una calamita per attrarre nuovi, poderosi, flussi verso il nostro Paese.
http://federicodezzani.altervista.org/immigrazione-e-banlieu-come-armi-di-destabilizzazione/