È proprio in questi decenni di pedagogismi proliferanti che l’insegnamento viene espropriato del suo tratto magistrale, che i programmi scolastici vengono privati dei loro contenuti fondamentali, che gli insegnanti stessi vengono sviliti a categoria sociale derelitta, malpagata, screditata, emarginata, a un branco di vecchi «sfigati».
Non ci si deve, perciò, stupire che i genitori prendano sempre più spesso partito per i figli nei conflitti con gli insegnati. La rottura dell’alleanza scuola famiglia è il prodotto della distruzione storica di entrambe. Il padre che abbia perso il rispetto per l’insegnante del proprio figlio è, infatti, con tutta evidenza, un genitore che ha già perso il rispetto di se stesso.
A questi nuovi cittadini, cioè protagonisti attivi della vita della polis, si deve appunto insegnare a scuola ciò che non hanno appreso per via diretta (educazione informale) in una famiglia aristocratica: l’esprimersi in pubblico, proporre scelte e decisioni, votare, eleggere ed essere eletti.
1.4 L’eccellenza umana non è un fatto di natura, ma di cultura
Nel mondo latino, è soprattutto Quintiliano ad avere presente che l’educazione è la coltivazione di qualità che senza formazione non emergono. Se la scuola è, aristotelicamente, il dono a un figlio non della sola vita, ma della vita buona (libera e felice attraverso la padronanza di sé e il successo nella vita pubblica) con questo retore del I secolo il genitore deve concepire fin dall’inizio per il figlio la più grande speranza perché non debba accorgersi, quando questa con l’età svanisca che
è venuta a mancare non la natura, ma la cultura [Institutio oratoria].
1.5 La virtù è una possibilità universale concessa (solo) all’uomo libero
La filosofia dell’educazione del mondo antico ci consegna la consapevolezza che tutti nascono con la capacità di diventare uomini, esseri umani completi capaci di virtù e giustizia, ma solo ad alcuni è concesso di svilupparla. Si tratta degli individui che hanno diritto, per nascita, alla scholé, il tempo libero da dedicare alla cura di sé, vale a dire all’istruzione.
Chi lavora e chi non ha diritti di cittadinanza, come gli schiavi e le donne, non può avere vita activa, non può essere incluso nella vita della polis, non avrà quindi dominio sulla parola e sul comportamento, non conoscerà areté, eccellenza; non sarà uomo nel senso pieno della parola.
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