Al posto dell’onestà insegnata un tempo dai genitori, “l’automatizzazione di un apparato di sorveglianza sistematica”, come la descrive Alessio Girola, un laureato in filosofia che risponde al futurologo Fait che vorrebbe applicare il metodo cinese al Trentino-Alto Adige.
Girola ricorda che “Gli algoritmi sono progettati da esseri umani (o da altri algoritmi) che vi implementano, consapevolmente o meno, certi valori e bias (pregiudizi) che possono andare a penalizzare determinate categorie”. Ma è una tipica superstizione della post-modernità tecnologica, credere che ciò che è “fatto a macchina” è più oggettivo e infallibile del giudizio umano.
Insomma ci siamo liberati dai pregiudizi delle vecchie zie giudicatrici per metterci, e volentieri, sotto i pregiudizi del sistema politicamente corretto.
Pensate solo alla visione dei grillini, ai quali “ la segretezza sembra automaticamente sinonimo di criminalità”, mentre al contrario un certo grado di privacy è il fondamento imprescindibile dell’autonomia personale”;
“Socialmente e politicamente, anche forme positive di dissenso e protesta potrebbero venire scoraggiate attraverso la stigmatizzazione sociale e l’ostracismo, arrivando finanche a forme automatizzate di diffamazione pubblica. Piuttosto che creare una reale coesione sociale, si verrebbe a creare una società di guardiani e vigili”.

Ed ecco il punto centrale, ossia politico:
“Chi avrebbe la legittimità di decidere il modo in cui questo sistema debba essere progettato? Chi sarebbe responsabile per eventuali discriminazioni sistematiche esercitate dal sistema,?”. Il filosofo sottolinea “ l’asimmetria di potere tra comuni cittadini e compagnie o governi. Un cittadino è molto più vulnerabile ad abusi di potere, al rischio di ritorsione pubblica e diffamazione se falsamente accusato, che non qualcuno in una posizione più elevata”.