La comunità italiana non educa nemmeno la sua propria gioventù ad emulare, che so, un Giulio Natta o un Enrico Fermi, un Giuseppe Tucci orientalista ed esploratore, a voler diventare un Enrico Mattei o un Rossini; ma riesce benissimo ad integrare i nuovi arrivati nei piccoli branchi che si annoiano nelle cittadine di provincia, conformisti votati al Premio Darwin, che s’inventano un gioco così intelligente come mettersi fra i binari del treno e alzarsi appena in tempo, di sera, senza che i genitori sappiano dove sono – superamento di successo della soffocante ed autoritaria famiglia musulmana. A settembre un milanesino di 14 s’è ucciso per “ una “sfida” sul web, chiamata “gioco del blackout”, che spinge i “partecipanti” a svenire per asfissia, cosa di acuta intelligenza, di cui menar vanto online. Nel febbraio precedente, è morto un quattordicenne di Tivoli per lo stesso blackout.
La perfetta integrazione di Abdul è dimostrata dal carattere specificamente italiano, che abbiamo cercato di lumeggiare in precedenti e recenti articoli: che siamo tanto furbi, più furbi di tutti gli stranieri, che a noi le leggi della fisica ci fanno un baffo, i divieti legali (come non attraversare i binari o costruire la casa abusiva su un torrente asciutto) sono cose ridicole che valgono per i fessi, non per noi che la sappiamo più lunga, e ci divertiamo a modo nostro fra noi. Bisogna riconoscere l’aspetto bonario, italianissimo anche questo, di tale integrazione. Abdul mica è andato ad arruolarsi con l’ISIS, né ha minacciato gli insegnanti con la pistola terrorizzandoli, o picchiandoli, come fanno i suoi coetanei francesi; né come loro ha cercato di ammazzare poliziotti nelle banlieues che ha reso pericolose. No, ha fatto solo qualcosa di furbissimo, così tanto da restarci.

In questo inequivocabile, e ineliminabile carattere nazionale, si scorgono due falle, che lo rendono socialmente increscioso, ossia dannoso. Una sembra consistere nell’assenza di quello che Freud chiamava “il principio di realtà”, indicandolo come carattere della maturità, la quale ha superato la convinzione del lattante e del bambino di 5 anni di essere onnipotente e poter ottenere dalle cose tutto quel che vuole, imperiosamente e senza indugio. La privazione – o comparsa gravemente ritardata – di tale principio nell’italiano lo mantiene anche in età avanzata sotto il dominio del”principio del piacere” , che pretende una soddisfazione immediata (tutto e subito) senza alcun riguardo alle conseguenze.
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Perché poi succede questo: che appena il principio di realtà ti si rivela – nel caso di Silvia, nella forma di negri armati di Kalashnikov che ti pestano ben bene e ti portano via – l’italiano ben integrato pretende che questa comunità nazionale di cui ti frega un cavolo, questo Stato della cui disciplina, norme e leggi ti sei infischiato con disprezzo, intervenga in tuo aiuto. Immediatamente. Con tutta l’onnipotenza dei suoi mezzi, delle sue ambasciate e dei suoi illimitati fondi: prenda contatto coi rapitori e paghi il riscatto. Milioni se occorre: si tratta di salvare la preziosa laureata triennale in Scienze di mediazione culturale che s’è messa in pericolo da sé, credendosi più furba, di saperne di più di ogni esperienza, di ogni tradizione di prudenza. Lo chiede la famiglia, lo chiedono tutte le Onlus, lo esige l’Italia solidale ed accogliente che “fa del bene in Africa”(non si sa quale) e quindi sputa sul governo razzista e xenofobo.
estratto da https://www.maurizioblondet.it/la-piu-bella-virtu-italiana-lirresponsabilita-verso-gli-italiani/