Per voi giovani

Ovvio quindi che bisogna collaborare e anche ripensare un graduale ma deciso ritorno alla terra, non solo per la pura e semplice sopravvivenza ma anche per la tutela, salvaguardia del territorio e delle basi della vita. E speriamo che finalmente la si smetta di dire che non è realistico coltivare la terra e ripopolare le campagne.
Ma elenchiamo ancora una volta il perché è necessario e possibile.
1) L’Italia è strapiena di posti abbandonati e campagne che vanno in rovina e i luoghi sono così tanti che sono ormai molte le proposte degli stessi Comuni per fare ritornare le persone, anche dando contributi, vendendo le case a un euro, ecc. E spesso chi ne approfitta? Gli stranieri che apprezzano ben più di noi le nostre meravigliose ricchezze.
2) Anche in città è possibile creare le condizioni di resilienza diminuendo drasticamente gli sprechi e creando orti ovunque sia possibile; certo bisognerà smettere di cementificare per speculare producendo edifici vuoti ma invece ridare alla città spazi verdi e coltivabili. Del resto non stiamo dicendo nulla di fantascientifico, dato che ormai già varie città al mondo si stanno orientando in questa inevitabile direzione.
3) In Italia si continua a cementificare e ci sono milioni di alloggi vuoti e tantissimi sono proprio in zone di campagna; non si può certo dire che non ci sia posto.
4) Per avere una buona produzione agricola non servono chissà quanti ettari e coltivare la terra non è più il massacro di fatica che ci raccontano i nonni. Con le varie tecniche e conoscenze di agricoltura biologica e naturale di tutti i tipi che stanno nascendo come funghi,  la fatica si è ridotta di molto e le rese sono migliori dell’agricoltura chimica, soprattutto nei piccoli appezzamenti. Su questi aspetti si veda il bellissimo libro Abbondanza miracolosa che sfata tutti i falsi miti che dicono che l’agricoltura chimica sia più produttiva di quella biologica.
5) In Italia meno del 4% delle persone lavora nel campo agricolo e la stragrande maggioranza di questo 4% esercita una agricoltura di dipendenza totale dai combustibili fossili.  L’inversione di tendenza è quindi inevitabile se si pensa che fino agli anni sessanta (non mille anni fa), le persone impegnate in agricoltura erano il 30%.
In merito all’autosufficienza energetica, un paese pieno di sole, dalle potenzialità geoclimatiche immense, è agonizzante, ancora attaccato alla flebo dei combustibili fossili che generano costi, rischi enormi, inquinamento e ci tengono dipendenti dall’estero. Sarà il caso di cambiare rotta? Ognuno di noi può ridurre drasticamente gli sprechi a parità di confort e potenzialmente autoprodursi l’energia che gli serve e anche in città si possono fare moltissimi passi avanti in questa direzione. Quindi agendo così non solo ridurremmo dipendenza, inquinamento e spese ma daremmo da lavorare a milioni di persone nei settori che sono per noi vitali come quelli agricoli ed energetici.
Ritrovare poi il senso di comunità è la soluzione alla disperazione, solitudine, paura e senso di dipendenza. Ricostruire i legami comunitari significa anche far fiorire lo scambio, la conoscenza, la cultura e la resilienza cioè la capacità di reagire efficacemente a cambiamenti improvvisi. E tutto questo si può fare senza limitare le libertà di nessuno anzi esaltando la libertà, le qualità e l’intelligenza di ognuno.

I soldi, e le carte di credito potranno ben poco in situazioni di emergenza dove se non sai coltivare, se non sai produrti energia, rimani con i tuoi soldi in mano senza farci granchè. Puoi provare a mangiarli o ad accenderci un fuoco ma non si avranno grossi risultati.
E vista la situazione attuale, non sarà il caso di rivedere tutte quelle sicurezze che si stanno dimostrando totalmente illusorie e smettere di credere a coloro che ci dicono che bisogna crescere a tutti i costi? Ma quale crescita? Qui l’unica cosa importante che deve crescere sono le piante dei propri orti. Deve crescere la  collaborazione, l’aiuto reciproco, devono crescere le idee, le soluzioni affinché tutti si possa vivere dignitosamente, liberi, in pace, salvaguardando l’ambiente e i nostri simili.

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/comunita-autosufficienza-ritorno-alla-terra-e-resilienza-questo-e-quello-che-ci-serve

Etimologie

Un mondo che è nato agli inizi degli anni ’70, in contemporanea con lo sviluppo dell’ideologia neo liberista e che fu tenuto a battesimo da Richard Nixon quando decise la sospensione della convertibilità del dollaro in oro: fu allora che venne meglio definita la struttura su cui ancora regge l’ occidente, ovvero un mondo con il dollaro come moneta di riferimento, gli Usa come azionista determinante nel sistema G8 e la lingua inglese come quella ufficiale.

Quest’ultima cosa ha avuto un bel peso nel favorire l’adozione della post verità come strumento di governance e di educazione intellettuale: noi siamo abituati a concepire la verità come riferimento corretto a fatti o eventi e la parola stessa, attraverso il latino, deriva dalla radice sanscrita  “vrtta” ossia,  fatto o accadimento, mentre la parola inglese Truth  deriva dal protogermanico “treuwaz” che significa fede e/o fedeltà a qualcosa. In tedesco vivono entrambe le radici ovvero Wahrheit che allo stesso valore di vero fattuale e Treue che significa fedeltà, ma in inglese  le due cose si sono sovrapposte e la verità implica in sublimine lealtà verso qualcosa che può essere una scuola di pensiero, un regime politico, un clan, un’educazione, una tesi ufficiale, un’ideologia, una standardizzazione o anche un insieme di regole, insomma qualcosa di molto diverso se non diametralmente opposto a ciò che noi semanticamente intendiamo. Tanto che nel gergo politico americano un’espressione “truth squad”, ovvero squadra della verità è piuttosto comune.  Non stupirà sapere a questo punto che anche l’espressione fake news ha più il significato intrinseco di notizia sleale che di notizia falsa. Fake è infatti un lemma che nasce nello slang della criminalità londinese alla fine del ‘700, modellato su feague a sua volta derivato dal tedesco fegen, che in sostanza vuol dire cancellare. Insomma più che false notizie vuol dire notizie da cancellare. E non si può notare come l’etimologia corrisponda esattamente a questa dinamica che si vorrebbe nascondere: notizie da cancellare perché sleali vero una narrazione ufficiale.

estratto da https://ilsimplicissimus2.com/2020/04/24/epidemia-e-post-verita/

Narco-individualisti

Fonte: Luca De Netto

Ci hanno isolato gli uni dagli altri. Ci hanno messo gli uni contro gli altri. Hanno fatto in modo che la rabbia si riversasse contro fantomatici irresponsabili. Hanno speso soldi pubblici (cioè nostri) per droni, pattuglie, elicotteri per dare la caccia al cittadino. Hanno lasciato gli anziani abbandonati e isolati. Ora dicono che i nonni non dovranno più rivedere i nipoti. Metteranno plexiglas tra marito e moglie quando usciranno a cena. Basterà una voce di popolo per distruggere l’attività di un parrucchiere, un ristoratore, un esercente e mandare sul lastrico le famiglie. E tutto ciò per colpa nostra. Per la nostra paura irrazionale. Perchè non ci siamo resi conto fin dall’inizio che un virus che gira soprattutto negli ospedali perché il personale è stato abbandonato e gettato allo sbaraglio dalle scelte politiche, non poteva essere gestito con l’isolamento sociale, con la psicosi, con il panico. Un anziano vorrebbe trascorrere quello che gli resta da vivere in compagnia di figli e nipoti, non da solo senza nessuno. Un ammalato cronico vorrebbe vedere il sorriso degli altri, sentire l’affetto. Non rimanere in un bunker freddo bombardato dalle notizie della televisione. Una qualsiasi persona normale vuole vivere a contatto con gli altri, avere relazioni, incontrarsi. Una qualsiasi persona normale vuole vivere, non essere rinchiusa in una gabbia di plastica. L’uomo è essenzialmente un essere sociale. Uccidere la sua socialità, isolarlo, è uccidere l’uomo. È l’idea malvagia di scienziati pazzi. Un virus è un aggregato biologico. Non è un essere vivente. L’uomo è la creatura più complicata ed affascinante dell’universo. E non vive di solo pane. Anche perché inizia a mancare anche quello…

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/ci-hanno-isolato-gli-uni-dagli-altri-ci-hanno-messo-gli-uni-contro-gli-altri

Panpsichismo

Credo che nei tempi lunghi della storia umana, ci siamo fatti suggerire dal mondo delle storie, e sono le grandi narrazioni mitologiche. Abbiamo creato, noi e il mondo insieme, una lingua.  Così, quando la montagna si spacca sotto la Corona della Sibilla,  invece di fare solo delle misurazioni Richter, potremmo ricordarci del suo ruolo di profetessa e chiederci cosa ci aspetta. Quando siamo davanti al fuoco spaventoso di Notre Dame e della Dea Iside, potremmo chiederci a quali avversari si oppongono queste Dee e perché. Quando vediamo la gente, ignara, che torna a correre per le strade di Eleusis, potremmo ripensare a quello che si celebrava nella notte sacra a Demetra e allora forse ci ricorderemmo l’inverno che calò sul mondo quando la Dea nutrice perse la figlia e lo sforzo che dovette fare Demetra per cercarla e far rinverdire il mondo.

Così forse capiremmo che il mondo fisico  ci parla nel linguaggio che insieme, noi e il mondo, abbiamo creato, quello dei miti della tradizione europea. Sicuramente in altre parti del mondo, antiche storie di luogo vengono rievocate per chi è in ascolto nei momenti di crisi, come potevano essere i recenti incendi spaventosi in Australia.

La posizione filosofica che vede l’intero cosmo fisico come dotato di un’interiorità psichica si chiama panpsichismo. Uno dei sostenitori di questa idea, Koch, dice, “Spesso incontro sguardi di incomprensione totale” e l’enciclopedia di filosofia Thomson-Gale (2006) inizia l’articolo sul panpsichismoo con queste parola: “Anche se il panpsichismo sembra ora incredibile alla maggior parte delle persone, è stato accolto in un modo o l’altro da molti pensatori eminenti sia nell’antichità che in tempi più recenti.”

La visione panpsichista è un’alternativa alla visione meccanicistica di Newton nella quale siamo tutti cresciuti. Personalmente, mi ha aperto gli occhi su queste possibilità il lavoro dell’ecofilofosa Freya Mathews, che fa un’indagine rigorosa e razionale della visione panpsichista e mostra la fragilità delle premesse della scienza moderna secondo cui il mondo è solo uno sfondo inerte per l’esistenza umana, invece di una presenza in sé comunicativa, capace di dialogare con noi.

Possiamo permetterci di rimanere ancora a lungo sordi ai richiami del mondo?

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/la-sibilla-demetra-iside-ma-e-ridicolo-no

L’Europa ripugnante

Se la civiltà è efficienza, la risposta è ovvia: tedeschi e olandesi sono più civili di spagnoli e italiani. Ma se la civiltà è il sentimento che modella la società, il centro che le dà forma, le cose stanno diversamente. In questa dicotomia tra efficienza (ragione strumentale, partita doppia, profitti e perdite) e sentimento (ragione morale, umanità, comunità) vi è tutto il conflitto tra due forme di civilizzazione. Affinché una società sia davvero civile, non è sufficiente che sia illuminata e tecnologicamente avanzata, serve comprensione reciproca tra i suoi membri, empatia, comunità. Quando Aristotele sottolinea la relazione tra l’emergere dei miti e la filosofia, afferma che la filosofia nasce dallo stupore, un sentimento che precede la ragione.  La gente ragiona su ciò che la attrae, che in precedenza ha generato un sentimento. Civiltà è, prima di tutto, prendere posizione.

Certo, il sentimento è solo un primo passo che la ragione deve valutare, perché, insegna la storia, non c’è nulla di più distruttivo del sentimento sbagliato. Ma quando scompare il sentimento che anima l’ascesa di una civiltà, la società si riduce a convivenza casuale in cui l’efficienza prevale su qualsiasi altro valore. Quindi, la civiltà può degenerare in barbarie come abbandonare gli anziani al loro destino perché, nell’impero dell’efficienza, l’età è un fattore determinante per il valore di una vita. Sono i sentimenti a collegarci con gli anziani e con i più giovani. Edmund Burke lo avvertì quando disse che quelli a cui non importa degli antenati non si preoccuperanno dei loro figli.

La perdita del sentimento porta al deterioramento delle relazioni umane. Da questo punto di vista, l’atteggiamento olandese è un fedele riflesso dell’uomo moderno, che, arrendendosi all’efficienza, decide di sacrificare gli anziani, freddamente, senza rimorsi o malizia. Dopotutto, la conoscenza della realtà materiale così com’è, senza valutare alcun principio, è conoscenza della morte. Non molto tempo fa la vecchiaia era ancora venerata come deposito di saggezza e legame con il passato, e salvaguardare gli anziani era segno di alta civiltà. Ora che la conoscenza è diventata universale e il passato è un onere irritante e sacrificabile, gli anziani sono identificati come una minaccia al mantenimento del benessere. Pochi se li caricano sulle spalle, conservando ancora abbastanza eroismo per non essere travolti dall’efficienza scientificamente programmata.

In questi giorni, tuttavia, stiamo osservando eventi sociologici apparentemente contraddittori. I tedeschi, di solito più riservati, escono su balconi e finestre per fraternizzare con i vicini, mentre gli italiani, così refrattari al distanziamento sociale, dimostrano una disciplina insospettata nell’ isolamento. Non è così strano. I tedeschi, di fronte a una concreta minaccia esistenziale, hanno sentito il bisogno di socializzare, mentre noi accettiamo il sacrificio perché sappiamo di tutelare noi stessi e gli altri. In entrambi i casi, ha prevalso il sentimento, unito a una dose di razionalità, o meglio di senso comune. E’ la civiltà millenaria dell’ ”animale sociale”, che sa di non potere vivere, sopravvivere ed essere felice da solo. Lo sapeva Aristotele già duemilacinquecento anni fa, ed è forse il senso profondo del “pensiero meridiano” del Sud Europa, evocato da Franco Cassano. Desta ripugnanza che non lo sappiano i civilissimi figli delle brume, reduci dall’avere affisso sulla porta della chiesa di Wittenberg le novantacinque tesi di Lutero, padre del soggettivismo, dell’efficienza individuale, della solitudine esistenziale, dell’etica “more geometrico” e del frigorifero dell’anima nordica.

L’articolo L’ EUROPA RIPUGNANTE. proviene da Blondet & Friends.