Archivio mensile:aprile 2021
Suggestione di massa
Alcuni passaggi teorizzati da Sigmund Freud in “Psicologia delle masse e analisi dell’Io” ci forniscono un formidabile strumento per analizzare alcuni meccanismi mentali che hanno condotto alla paralisi il Paese, nell’insensato tentativo di eradicare del tutto un virus a bassa letalità. Scrive il padre della psicanalisi, prendendo spunto da alcune riflessioni di Gustave Le Bon: “Osservazioni attente sembrano provare che l’individuo immerso per qualche tempo nel mezzo di una massa cada in uno stato particolare, assai simile allo stato di fascinazione dell’ipnotizzato nelle mani dell’ipnotizzatore. La personalità cosciente è svanita, la volontà e il discernimento aboliti. Sentimenti e pensieri vengono orientati nella direzione voluta dall’ipnotizzatore”.
Secondo Freud, l’effetto che la suggestione di massa determina sul singolo è tale da offuscare ogni capacità critica, inducendolo a “orientare i sentimenti e le idee a senso unico, con la tendenza a trasformare immediatamente in atti le idee suggerite da altri. Egli non è più se stesso, ma un automa, incapace di essere guidato dalla propria volontà”. Ora, mi sembra evidente che nella presunta ipnosi di massa che stiamo subendo da oltre un anno, come sempre accade in analoghe situazioni, alcune parole, ripetute come in modo martellante da politici di governo, virologi ed esponenti dell’informazione, risultano del tutto funzionali. Parole in gran parte desunte dal quotidiano bollettino di guerra che scandisce questa infinita emergenza sanitaria. Covid, morti, terapie intensive, ricoveri, contagi, tamponi, mascherine, assembramenti, distanziamento, vaccino e lockdown sono solo alcuni dei termini che evocano la fine dell’umanità nella testa dei più, facendo loro accettare e seguire con diligenza le norme più insensate.
Si tratta di milioni individui che, proprio a causa del sovrastante clima di continuo allarme, hanno dato corpo ad una enorme massa emotiva la quale, avendo abolito ogni capacità critica, si comporta come un gregge terrorizzato dai lupi. In tal senso, a beneficio di chi possiede ancora un barlume di razionalità, ritengo che l’unico antidoto contro questa colossale suggestione di massa sia possibile trovarlo nella attenta lettura dei dati relativi alla pandemia in atto. Cosa, peraltro, che mi sembra che su questo giornale si cerchi di fare sin dall’inizio di questa tragedia sanitaria.
Ebbene, in tema di morti e di mortalità generale, che in verità nel 2020 ha registrato un aumento importante, il 15,6 per cento, ma non catastrofico. Un aumento, occorre sottolineare, che solo in parte è stato attribuito al Covid-19, dal momento che tante altre gravi patologie sono state trascurate nel caos di una epidemia descritta come la peste bubbonica. Quest’anno però, malgrado le centinaia di decessi che ogni giorno vengono divulgati attraverso il citato bollettino, la stessa mortalità generale risulta, almeno nei mesi di gennaio e febbraio, assolutamente in linea con quella del quinquennio 2015/2019. Addirittura nel 2017 si registrarono nello stesso bimestre 134.917 decessi contro i 126.866 del 2021. Dunque è probabile che per molti dei poveretti che ci lasciano, risultati positivi al Sars-Cors-2, la causa primaria del decesso vada ricercata altrove.
A conferma di ciò mi sembra illuminante la risposta che l’ex capo del Comitato tecnico/scientifico, Agostino Miozzo, dette tempo fa su Rai Tre a Lucia Annunziata, la quale chiedeva lumi circa il record di morti registrato in Italia: “Noi siamo rigorosi nel denunciare tutti coloro che muoiono con il Covid e li categorizziamo morti da Covid, per Covid. Comunque, tutti Covid positivi”. Ergo, dal momento che il virus si è oramai diffuso in ogni angolo d’Italia, tant’è che l’Oms stima il numero effettivo dei contagiati fino a 20 volte superiore a quello ufficiale, il numero dei decessi attribuiti giornalmente al Covid-19 appare sempre meno attendibile. Un simile ragionamento dovrebbe valere per chi rischia sul serio di finire in terapia intensiva o peggio, ovvero gli anziani e i portatori di gravi e gravissime patologie. Infatti, al 30 marzo 2021 risultano 106.789 pazienti deceduti Sars-Cov-2 positivi. Di questi 1.188 sotto i 50 anni (l’1,1 per cento) e addirittura 282 con meno di 40 anni (lo 0,26 per cento), in maggioranza affetti di gravi e gravissime patologie pregresse.
Adesso, tutto questo ci deve spingere verso la palude del negazionismo preconcetto? Niente affatto. Da tali, semplici valutazioni dei numeri della pandemia, che chiunque in possesso di un collegamento internet è in grado di estrapolare, è possibile uscire dal vortice emozionale di una suggestione collettiva che impedisce ai più di farsi una idea più equilibrata di questa brutta malattia. Una idea la quale, se dovesse prendere piede, potrebbe spingere le autorità preposte a prendere misure assai più ragionevoli, sul modello della Svezia e di altri Stati aperturisti. Perché, e qui concludo, continuando a paralizzare il sistema con le attuali regole, il Paese non riuscirà più ad estrarre le risorse necessarie per occuparsi di chi soffre o soffrirà in futuro di altre serie malattie, anche peggiori del Covid-19.
Claudio Romiti in http://www.opinione.it/editorial
Giovanni Gentile
Gentile non aveva nulla da guadagnare nell’esporsi con l’ultimo fascismo di Salò, da cui era rimasto fino allora appartato: aveva tanti contro, non aveva mai amato l’alleanza con Hitler, detestava il razzismo; ma per coerenza e carattere non si tirò indietro, come scriverà in Genesi e struttura della società (un libro che ripubblicai con Vallecchi, ora uscito da Oaks a cura di Gennaro Sangiuliano). Si espose, accettò di presiedere l’Accademia e fu ucciso. Era stato fascista e mussoliniano, aveva avuto onori e onorari dal regime, e grande potere; ma era stato anche attaccato da molti fascisti e intellettuali, fu emarginato dal regime dopo i Patti Lateranensi.
Per Gentile il fascismo passa ma l’Italia resta, lo Stato viene prima del Partito e la Nazione prima del regime. Aveva difeso e riformato la scuola e l’università italiana, la Normale di Pisa, aveva fondato l’Istituto di studi orientali, l’Ismeo, aveva creato quel monumento alla cultura che è l’Istituto dell’Enciclopedia, la Treccani. E aveva difeso tanti intellettuali antifascisti, dissidenti ed ebrei, ne aveva portati ben 85 – contarono i suoi detrattori in camicia nera – a collaborare all’Enciclopedia; protesse antifascisti militanti come Piero Gobetti che pure lo aveva attaccato e giovani docenti oscillanti tra l’ossequio al fascismo e il larvato antifascismo, come Norberto Bobbio.
L’uccisione di Gentile fu un parricidio culturale e insieme un avvertimento e un esempio, da seguire seppure in forme incruente in tempo di pace: eliminare chi dissente, cancellare i non allineati; morte civile e infamia. I meriti, i valori, le verità non contano se sei dalla parte sbagliata. Cominciò così l’egemonia culturale…
MV, La Verità 15 aprile 2021
Divieto di cura
Nel post di ieri dedicato al rapporto rischi – benefici dei vaccini e al modo con cui si bara su di esso, ho mostrato che il sostanziale “divieto di cura” è stato una delle basi su cui si appoggia ancora oggi la narrativa pandemica. Questo orientamento delle multinazionali del farmaco si è in realtà manifestato da anni e per motivi del tutto ovvi per colossi che lavorano nell’ottica del profitto: curare troppo bene non conviene. Nella primavera del 2018 Goldman Sachs in un report per gli investitori del settore biotecnologico titolato Genome revolution si chiedeva: “E’ un modello di business sostenibile curare i pazienti?” E viene riportato l’esempio del trattamento per l’epatite C della Gilead Sciences che ha raggiunto tassi di guarigione superiori al 90%. In USA le vendite di questo trattamento hanno raggiunto un picco di 12,5 miliardi di dollari nel 2015. Ma poi il profitto ha iniziato a crollare: “Lo stesso successo per il suo farmaco per l’epatite C ha gradualmente esaurito il pool disponibile di pazienti trattabili perciò nel caso di malattie infettive come l’epatite C curare i pazienti diminuisce il numero di portatori del virus in grado di trasmettere lo stesso virus a nuovi pazienti, per questa ragione diminuisce il numero di pazienti disponibili. Dove invece il pool di pazienti rimane stabile il potenziale della cura comporta meno rischi per il business.” come ad esempio nel caso del il cancro o nelle affezioni di tipo cronico. Figuriamo quale danno possa essere per gli affari la possibilità di cura con presidi farmacologico tutto sommato di basso costo.
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