La folla solitaria

Fu enorme la capacità di analisi di un testo di mezzo secolo fa, La folla solitaria, di David Riesman. Al centro il carattere americano, paradigma dell’intero Occidente. Innumerevoli sono le intuizioni acute e anticipatrici da cui emerge la figura – per molti certi versi tragica, per altri ridicola – dell’uomo massa: eterodiretto, educato alla scuola del conformismo, schiacciato dal bisogno di approvazione e di successo, abitatore di un mondo dominato dalle apparenze, spogliato dell’individualità, solo e disarmato nella moltitudine. Il colpo finale a quest’umanità dimezzata è il tempo – sospeso, interminabile, forse pressoché definitivo- dell’epidemia, epitome di una fulminea, sconcertante regressione dell’homo sapiens a fragile, terrorizzato atomo solitario.

Un esempio che turba è la potenza coattiva, la ripetizione minacciosa, incontenibile dei messaggi a cui non si può sfuggire. In autobus o metropolitana, in un tragitto ferroviario si viene inseguiti, aggrediti, quasi perseguitati dagli altoparlanti che ammoniscono continuamente sul “corretto uso della mascherina” sulle distanze da tenere, con l’esposizione di minacce, intimazioni, punizioni dei trasgressori. I mezzi pubblici non risparmiano i finestrini: alcuni devono rimanere aperti, e le scritte rammentano che chi osasse chiuderli sarebbe sanzionato penalmente. Per alcuni è una tortura psicologica senza possibilità di fuga, per i più è un messaggio che si insinua nella mente fino a riconfigurarla, un aspetto del Grande Reset.

La statistica informa che l’aspettativa di vita è calata di oltre un anno nel biennio epidemico. Figureranno nelle cause i decessi per incuria, la disperazione di chi si lascia morire di solitudine e depressione, il crollo delle terapie per tutte le patologie diverse dal Covid?

La pubblicità- vangelo apocrifo creduto religiosamente –  fa la sua parte: si diffondono messaggi commerciali i cui protagonisti (testimonial, testimoni, definizione assai appropriata) appaiono con mascherina. In uno, due persone suggellano lieti una compravendita – la reclame è l’enciclopedia del mondo mercato- tendendosi non la mano, ma il gomito. “Sul ponte di Bassano noi ci darem la mano”, recitava la canzone degli alpini “e un bacin d’amor”. Ricordi di ieri: darsi la mano è vivamente sconsigliato, il “bacin d’amor” un atto antisociale.

Il mondo del Sisifo postmoderno è surreale. Nell’arte, il surrealismo intendeva evocare un automatismo psichico, il processo in cui l’inconscio emerge e comanda. Il “bacin d’amor” diventa, nel dipinto di René Magritte Gli amanti, la rappresentazione ansiogena di due esseri divisi da un velo che li rende ciechi, invisibili all’Altro, una sorta di muro che respinge. Viene da sorridere alle parole d’ordine spazzate via dall’impalpabile Covid 19: abbattere muri, costruire ponti. Da oltre un anno e mezzo e chissà per quanto tempo ancora (dipende dai Padroni Universali!) vengono innalzati muri di ogni sorta, sempre meno invisibili, sempre più difficili da valicare. E’ il liberalismo reale al tempo del nuovo colera globale.

Sisifo fu condannato per la sua vita di sovrano violento, ingiusto. Noi siamo condannati e basta. Il delitto per cui subiamo il castigo è la normalità, diventata “pretesa” perfino nelle parole del mite presidente della squinternata repubblica. La durata della pena non è determinata, le imputazioni di oggi, solo ieri erano diritti, l’autorità è inaccessibile. Tra varianti delta, lambda e mai omega – l’ultima, il termine- accettiamo con fiducia terza e quarta dose. Nell’attesa, Sisifo trascina il suo masso

L’articolo Il contagio di Sisifo proviene da Blondet & Friends.

2 pensieri su “La folla solitaria

  1. Martinetti non era cattolico né tradizionalista semmai vicino al protestantesimo; al tempo del fascismo fu l’unico filosofo docente universitario che rifiutò di prestare giurare fedeltà al regime, nel 1931, scontandone le conseguenze. La solitudine del suo dissenso ingigantisce la sua figura e rimpicciolisce quella dei suoi tanti colleghi poi diventati antifascisti quando cadde il regime, ma all’epoca tutti allineati. È facile essere antifascisti in pieno regime antifascista; ci voleva coraggio, amor di verità e dignità di filosofo per esserlo quando il fascismo aveva potere e consenso.
    Martinetti, pur non essendo un credente, scrive che per il filosofo “la religione è il cardine stesso della vita” e “la vita morale non ha termine e consistenza vera che nella coscienza religiosa”. Definisce poi la società: “un organismo spirituale che ha per fine e per ideale l’unità armonica di tutte le volontà in una vita comune”. Vi rendete conto di che abisso ci separa oggi dalla sua visione? Certo, il filosofo guarda al dover essere, all’ideale e perde di vista “la realtà effettuale” come dice Machiavelli. Ma la cosa più sconfortante è che gli stessi filosofi, pensatori e intellettuali oggi hanno perso l’ideale senza aver guadagnato il reale; e se accennano a qualche dissenso, come è accaduto sul covid, vengono sbeffeggiati e censurati. Martinetti diceva che l’arte, la filosofia e la religione sono i mezzi per generare l’unione sociale e spirituale e ascendere dal finito all’infinito.
    https://www.ariannaeditrice.it/articoli/la-societa-diffidente-che-non-pensa-e-non-crede

  2. La verità sulla sfilata dei mezzi dell’esercito convocati a Bergamo per la longa, mediatica, gran parata del trasporto delle bare di morti da Covid19 (o uccisi dalle cure?) è ora nota a più persone di quanto non lo sia stato finora. La censura aveva soppresso chi all’epoca del gran pavese scientifico-istituzionale aveva fatto presente come in effetti stessero le cose. Nuove testimonianze, su canali non censurabili, rispolverano quella menzogna giornalistica e di Stato.
    Vista la quantità di contraddizioni e bugie finora messe in scena al teatro del Covid, nello spettacolo politico-istituzionale-mediatico pare incomprensibile, privo di un canovaccio conduttore. E lo è se ci si dedica a considerare le singole battute, i singoli ruoli. Ma diviene più lineare se si ipotizza una occulta cabina di regia.
    Per chi comanda – privati più potenti di stati – la condizione sociale e la questione demografica non sono gestibili con le buone. Tantomeno con le cattive. La terza via è quella subdola e occulta. Come realizzare giustizia sociale se la politica è corrotta, più che dalle mazzette, dalla sua sottomissione al neoliberismo, al mito del progresso digitale? Come in piena evoluzione tecnologica ridurre la disoccupazione? Come impedire al mondo di figliare? Come ridurre realmente il tasso di inquinamento?
    Serve produrre una classe sociale nutrita a bromuro, a valori edonistici e individualistici affinché quella produttiva possa seguitare a planare sulle teste dei pària. Serve creare ubbidienza e conflitto tra miserabili. Serve diluire le identità individuali e sociali, affinché restino quelle delle pubblicità. Serve allontanare lo spirito degli uomini dalla natura, una volta di più, e questa volta definitivamente. Serve creare persone smarrite di tutto pronte all’arma bianca o contro il prossimo, il solo nemico che gli è permesse scorgere nella nebbia del suo piccolo mondo dello spettacolo. Serve inoculare grafene e altro per disfare il prodotto delle politiche predatorie e avide che ci hanno condotto dove ci troviamo: per ridurre la popolazione del mondo.
    E lo spettacolo al teatro del Covid19 non è che robetta d’avanguardia rispetto a ciò che le nanotecnologie potranno fare sugli uomini.
    E se in questo fine anno si dovessero verificare un numero consistente di decessi, quanto detto non sarà più solo un’ipotesi.
    Intanto, l’allestimento del futuro ci sta scivolando come acqua tra le dita.
    Lorenzo Merlo
    in https://www.ariannaeditrice.it/articoli/allestimento-del-futuro

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