Anna Lombroso per il Simplicissimus
Fossi stata nelle autorità, nelle istituzioni, nel Colle disabitato- ma non si nota la differenza- nel governo, nel Parlamento esautorato – ma anche in questo caso non si nota la differenza – avrei sospeso la celebrazione della giornata della Memoria, accorpandola magari con altre ricorrenze altrettanto commercializzate.
Perché, ammettiamolo, esiste il rischio che di questi tempi, nei quali si fa strada perfino nei più fanatici assertori dell’obbligatorietà della guerra per garantire la pace sanitaria, il sospetto che ci sia del marcio dietro all’alto civismo dei decisori, che a forza di trasmettere Il Giardino dei Finzi Contini o Concorrenza sleale, qualche eretico, qualche ignorante, qualche sociopatico, qualche allucinato, qualche affetto da demenza senile faccia breccia nella narrazione corrente e insinui il dubbio che davvero le misure odierne, che non hanno alcuna finalità sanitaria, abbiano molte, troppe affinità, con il processo che già prima del 1938 portò alle leggi razziali, alle persecuzioni esplicite e cruente e infine alle deportazioni.
Per mesi chi ha osato ardire un simile paragone è stato denunciato, censurato, criminalizzato. Il perché è ovvio e non riguarda il calcolo del peso morale di reati e misfatti compiuti nel rispetto di leggi ingiuste. Concerne invece il giudizio che a distanza di più di 80 anni si è riluttanti ad esprimere sulle responsabilità e correità collettive, sull’indifferenza degli italiani brava gente che poi si sviluppò per alcuni in collaborazionismo e si tradusse in delazione e aperta complicità, per i motivi più miserabili, invidie personali, concorrenza sleale, frustrazioni che il regime seppe indirizzare contro un nemico interno, misterioso, asociale, estraneo e minaccioso, portatore di usi e valori incompatibili con quelli patri.
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