Facciamo un paragone con gli infamati “secoli bui”. I contadini e gli artigiani del Medioevo non avevano padroni sul capo, avevano la loro vita nelle proprie mani, nel tranquillo ruminare delle stagioni (le corvées che tanto scandalizzano i moderni erano roba ridicola come nota ancora Adam Smith). Non esisteva, per quanto a noi possa sembrare sorprendente, la disoccupazione. “Che cosa sarebbe successo in un’economia tradizionale, preindustriale, se su un campo su cui vivevano dieci persone si fossero accorti che otto erano sufficienti a coltivarlo tutto e al meglio, mentre il lavoro dei due, i ‘marginali’, era superfluo? Li avrebbero cacciati a pedate nel sedere dicendogli di andarsi a cercare impieghi più produttivi? Nient’affatto. Si sarebbero divisi il lavoro in dieci, approfittando del tempo così guadagnato, che non è ancora il nostro sinistro ‘tempo libero’, eterodiretto, per andare all’osteria, a giocare ai birilli, a corteggiare la futura sposa” (Cyrano se vi pare…). Noi abbiamo invece usato la tecnica per sbattere fuori dal mondo del lavoro quelli in sovrappiù, per andarsi a cercare impieghi ancora più subordinati, umilianti e feroci.
Nevrosi e depressione nascono con la rivoluzione industriale colpendo prima la borghesia (Freud) e in seguito l’intera comunità. Noi tutti oggi basculiamo fra nevrosi e depressione. Il fenomeno della droga, sconosciuto nel mondo premoderno, è sotto gli occhi di tutti. E fermiamoci qui, per pietas.
In un recente articolo sul Fatto (27/4) il sociologo De Masi ha richiamato Martin Heidegger che negli anni Trenta ha posto il problema cruciale dell’ambiguità della Tecnica che però va accoppiato, nel mio pensiero, all’Economia e alla Pubblicità il vero motore dell’intero sistema (basta collegare i servizi drammatici che ci vengono dall’Ucraina con gli spot televisivi che immediatamente li seguono per capire ciò che dico).
Ricorda De Masi sunteggiando Heidegger: “L’Occidente ha convogliato nello sviluppo tecnologico tutta la volontà di potenza dell’uomo, trasformandola in fine a se stessa. Così facendo ha trasformato il mondo in apparato tecnico e noi tutti in impiegati di questo apparato”. È ciò che da tempo, salendo sulle spalle robuste di Heidegger, sostengo anch’io. Sul tema si è esercitata anche una delle menti italiane più lucide, Umberto Galimberti (Psiche e tchne). Anche Galimberti è estremamente critico nei confronti della Tecnica, ma sostiene che la Tecnica è un fatto cui non ci si può opporre. Io sto sul versante opposto. Come lo scudiero de Il settimo sigillo di Bergman mi ribello.
Massimo Fini in https://www.ariannaeditrice.it/articoli/le-nostre-guerre-del-capitale
Ogni bollettino fasullo che arriva dall’Ucraina è come se fosse una dichiarazione di “guerra totale” quella che l’occidente vorrebbe fare, ma che non può fare, mostra la potenza di un tempo che diventa impotenza, l’isteria che prende il posto della ragione e la stupidità generale che è il vero punto di approdo del neoliberismo, fare finalmente la parte della protagonista assoluta.
https://ilsimplicissimus2.com/2022/05/09/la-guerra-totale-e-il-giorno-della-vittoria/