Il senso della vita

Angelo Morbelli, a partire dal 1883 i temi pittorici di Morbelli si orientano verso l’interpretazione della realtà. In particolare cominciò a rappresentare gli anziani ricoverati nel Pio Albergo Trivulzio  

La sospensione forzata di ogni attività avrebbe dovuto farci riflettere sul fatto che l’uomo è fatto per vivere in comunità, mentre i provvedimenti presi per “conte-nere” l’epidemia hanno esaltato il distanziamento sociale.

Il Movimento Comunità era un partito politico italiano di orientamento federalista, socialista e liberaldemocratico.[2]. Fondato in Piemonte nel 1947 per volontà dell’imprenditore progressista Adriano Olivetti, per simbolo aveva una campana adornata da un nastro con la scritta Humana Civilitas.

Leggetevi la sua storia su Wikipedia se volete capire quello che abbiamo perso…

Invece abbiamo preferito la strada del capitalismo (la ruota del criceto), così efficacemente anticipato da Duchamp nella sua opera “il grande vetro”, realizzata tra il 1915 e il 1923.

Nostos

Viaggiare, vedere altri luoghi, appropriarsi di altre culture è sempre stato fondamentale per gli artisti e sempre lo sarà, ma ancor più importante è sempre stato il ritorno. Dopo il suo soggiorno in Francia, Edward Hopper , forse il più grande pittore americano del XX secolo, affermò: “ Al mio ritorno tutto mi sembrava rozzo, grossolano. Mi ci vollero dieci anni per rimettermi dal viaggio in Europa”. Ma Hopper eseguirà le sue opere migliori proprio al suo ritorno, quando si dedicherà ai temi e ai motivi del suo paese natale e cioè a quel vuoto e a quella solitudine dei luoghi dove era cresciuto e non certo a quelli che aveva visitato. Credo quindi che sia illusorio cercare di creare società “mondializzate”, come molti si augurano ai giorni nostri, senza differenze, senza legami, senza valorizzazione di culture e tradizioni locali e magari anche con un unico linguaggio. Accade, purtroppo, che anche l’arte stia seguendo questa strada della cieca globalizzazione, dove gli artisti internazionali si muovono su medesimi binari, si copiano a vicenda o rifanno il passato. L’arte infatti , da troppo tempo, non riesce più a trovare uno stile e, come qualcuno sostiene, ad essere fonte di sapere.

L'immagine può contenere: una o più persone e persone sedute

Paola Paganelli

Teste di paglia

” Siamo gli uomini vuoti
siamo gli uomini imbottiti
che appoggiano l’uno all’altro
la testa piena di paglia. Ohimè!
Le nostre voci sono esauste, quando
l’uno all’altro sussurriamo,
son calme e senza senso
come vento fra erba secca
o zampe di topo su bicchieri rotti
nella nostra arida cantina.
Figura senza forma ombra senza colore,
forza paralizzata, gesto senza impulso;
quelli che han traghettato
con occhi dritti all’altro Regno della morte
ci ricordano non come anime perdute
e violente, ma solamente
come uomini vuoti
come uomini imbottiti
…….
E’ questo il modo in cui finisce il mondo
non già con uno schianto ma con un lamento.”
1925 da Thomas Eliot
Paola Paganelli, foto Samaritani

Paola Paganelli, foto Samaritani

Pensiero d’artista

L’arte che rassicura e che dà solo piacevolezza non serve a nulla . E’ solo un rifiuto e come tale destinato alla spazzatura. Anche l’arte “sociale” , quella cioè che si prefigge di voler essere un mezzo di protesta o di denuncia, alla fine è anch’essa poca cosa quando è troppo realistica e descrittiva,  perché non raggiunge mai lo scopo che si prefigge per quanto apprezzabile sia lo sforzo di chi la fa e di chi la guarda. L’arte invece che può rappresentare un motore di cambiamento  è quella che parla direttamente all’individuo, come soggetto di sentimenti, di paure, di angosce, di emozioni. L’artista , inutile girarci attorno, riesce a parlare solo di se stesso  ed è parlando di sé che può essere utile agli altri,  facendo loro da specchio.  L’arte visiva poi parla attraverso le immagini che, come sappiamo, arrivano molto prima delle parole a toccare la parte più profonda di noi  ed è per questo che fa discutere, che divide e che viene spesso anche incompresa. L’arte perché possa stimolare la riflessione e il pensiero  deve essere un po’ pungente, anche un po’ sfacciata (senza però  essere volgare) e non deve necessariamente essere bella e tanto meno estasiante.  Non è vero quindi  che l’arte contemporanea sia tutta brutta e insignificante come la definiscono tanti suoi detrattori. C’è anche qualcosa di molto bello e innovativo che va salvato, in mezzo a tanto squallore, non c’è dubbio.

Paola Paganelli

http://www.paolapaganelli.it/

Un altro modo di fare poesia

Calligramme Apollinaire

Calligramme Apollinaire

Riconosciti

Questa adorabile persona sei tu
Sotto il grande cappello di paglia
Occhio
Naso
Bocca (invece di La bocca)
Ecco l’ovale del tuo viso
Il tuo collo slanciato  (invece di  Il tuo collo raffinato)
Ecco infine l’imperfetta immagine del tuo busto
adorato
visto come attraverso una nuvola.
Un po’ più in basso c’è il tuo cuore che batte.
Traduzione di Paola Paganelli

Michele Perfetti

Poesie tecnologico-visive (1967)

Poesie tecnologico-visive (1967)

Abbiamo già avuto modo di parlare, nel blog dedicato agli anni ’60, della “Poesia visiva“, che intendeva denunciare la passiva acquiescenza del consumatore dinanzi al messaggio pubblicitario.
Un articolo di Michele Brescia, nel numero 300 di Artedossier del giugno 2013 (di cui riportiamo sotto un estratto e le immagini allegate) ci dà modo di riprendere l’argomento, interessante per due ragioni:

  1. Una industria  che (come già l’Olivetti e altre in quel periodo) promuove al suo interno la cultura;
  2. Abbiamo avuto la fortuna di avere Michele Perfetti come preside del Liceo scientifico “Roiti” di Ferrara, da cui dipendeva anche la sede di Bondeno

“Appare oggi davvero inverosimile, eppure proprio all’interno dell’Italsider, si crearono le condizioni ideali per innestare nell’ambiente culturale tarantino il nuovo codice espressivo della Poesia visiva. Infatti presso il circolo culturale del centro siderurgico, inaugurato nel 1963, si tennero le prime mostre del pugliese Michele Perfetti, protagonista indiscusso della ricerca poetico-visuale, nonché le prime rassegne internazionali della Neoavanguardia. …
Nell’ambito delle iniziative sostenute dal Circolo Italsider, molto importante fu la rassegna di Poesia visiva organizzata da Perfetti nel 1968 nei locali dello stabilimento siderurgico di Taranto perché sensibi-lizzò i giovani artisti del luogo alle nuove sperimentazioni poetiche e artistiche che andavano affermandosi in quegli anni in territorio nazionale…
Non solo. L’attività di Perfetti all’interno del circolo Italsider creò i presupposti per la nascita a Taranto nel 1973 del centro sperimentale Punto Zero, trasformatosi due anni dopo in cooperativa culturale, una delle prime in Italia. Questo vero e proprio laboratorio di promozione delle arti visive divenne un attivissimo centro, propulsore della sperimentazione verbo-visuale, con una febbrile attività espositiva ed editoriale che ebbe il merito di denunciare le prime avvisaglie di una drammatica apocalisse, quella scatenata dal miope e ottuso capitalismo perseguito dall’Ilva che, quarantanni dopo, sarebbe deflagrata in tutta la sua tragica problematicità”.

Michele perfetti "Un piatto fine" (1973)

Michele perfetti “Un piatto fine” (1973)

E pensare che c’è ancora qualcuno che sostiene che viviamo in un’epoca di progresso!

Belle Epoque

La marchesa Casati in un quadro del ferrarese Boldini

Seconda figlia del ricco produttore di cotone Alberto Amann e di Lucia Bressi, passò a Milano un’infanzia privilegiata ma isolata. Durante l’infanzia cominciò ad appassionarsi alla vita di personaggi come Ludwig II di Baviera, l’imperatrice Elisabetta d’Austria, Sarah Bernhardt, Cristina di Belgiojoso e Virginia Oldoini, contessa di Castiglione. Con la prematura morte dei genitori, Luisa e la sorella maggiore Francesca, divennero ricchissime ereditiere.

Nel 1900 Luisa Amman sposò il marchese milanese Camillo Casati Stampa di Soncino (Muggiò, 12 agosto 1877 – Roma, 18 settembre 1946); nel 1901 nacque la loro unica figlia, Cristina.

La relazione con Gabriele D’Annunzio causò uno scandalo e Luisa Casati divenne particolarmente eccentrica, a partire dall’abbigliamento e dal vistoso trucco.

Nel 1910 acquistò a Venezia l’abbandonato palazzo Venier dei Leoni, oggi sede della fondazione e museo Peggy Guggenheim. Questo palazzo con ampi giardini fu la sua residenza fino al 1924. In questi giardini Luisa Casati accolse corvi albini, pavoni e ghepardi. Lì si tenevano anche feste ed appuntamenti mondani.

Nel 1923 decise di acquistare una casa a Parigi, il Palais Rose da lei soprannominato Palais du Rêve, chateaux alle porte di Parigi appartenuto a Robert de Montesquiou. Nel 1930 aveva accumulato, a causa del suo stile di vita, un debito di 25 milioni di dollari; impossibilitata a soddisfare tutti i creditori fu costretta a vendere il Palais e tutti i suoi contenuti furono messi all’asta. Tra gli acquirenti all’asta ci fu anche Coco Chanel.

Da Parigi emigrò a Londra, dove vivevano la figlia Cristina, con la quale aveva sempre avuto un rapporto burrascoso, e la nipote. Qui visse in povertà fino alla morte avvenuta nel 1957. È sepolta a Londra nel Brompton Cemetery.

estratto da http://it.wikipedia.org/wiki/Luisa_Casati

Il secolo breve

Kandinsky. La collezione del Centre Pompidou è la mostra sul grande maestro russo che Palazzo Reale di Milano propone dal 17 dicembre 2013 al 27 aprile 2014.

Quelli della mia generazione che hanno potuto studiare si aspettavano che, venute meno le ristrettezze economiche, automaticamente la gente avrebbe maturato nuove coscienze e conoscenze.

Come chiunque può constatare, ciò non è successo e i nuovi media, per molti versi meritevoli, che potenzialmente potrebbero avvicinare tutti alla cultura,  sembrano incapaci di fermare il degrado.

In molte case non c’è neanche un libro, internet viene usato per scambiarsi chiacchiere da bar, in TV i canali generalisti la fanno ancora da padrone, al cinema non si vedono opere con un minimo di spessore.

Nonostante festival e mostre vantino migliaia di visitatori, per molti quello di Kandinskij , è solo uno scarabocchio infantile; davvero il novecento si può definire un secolo “breve”, così breve che sembra non sia mai stato vissuto.