Dove va la scienza medica?

La medicina occidentale moderna è pertanto una medicina materialista, meccanicista, riduzionista, che non vede l’uomo nella sua totalità ed è quindi incapace d’inquadrare la dialettica salute/malattia nella giusta prospettiva. Un esempio pratico basterà a chiarire il concetto. Un uomo, ammalato di cancro in fase avanzata, e dato per spacciato dai medici, decide di curarsi da sé e si rivolge a un bravissimo naturopata, seguace del compianto iridologo Luigi Costacurta, a sua volta seguace del medico cileno Manuel Lezaeta Acharan. Rifiutando la chemioterapia e curandosi solo con prodotti e metodi naturali, ottiene di far regredire il tumore, tanto che i medici dell’ospedale quasi non credono al suo miglioramento. E tuttavia, ecco il punto, nessuno gli chiede cosa abbia fatto, o non fatto, nei mesi durante i quali l’hanno perso di vista; nessuno di essi manifesta la minima curiosità di sapere come si è curato. Il sapere è figlio della curiosità, ma  pare che questa sia un oggetto sconosciuto presso i medici occidentali moderni. La sola spiegazione che hanno dato del fenomeno è stata che, ogni tanto, in casi statisticamente molto rari, avviene una regressione spontanea del tumore: e tanto ad essi basta. Non sono interessati a saperne di più; non  hanno nulla da imparare oltre a ciò che hanno studiato all’università e che c’è scritto nei loro manuali diagnostici. Inutile dire che in questo modo la scienza smette di progredire e si fossilizza. Dove essa avrebbe potuto arrivare, compresa la sua branca medica, se si fosse liberata di questa presunzione autoreferenziale?

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/dove-va-la-scienza-medica-di-cui-siamo-tanto-fieri

I tecnocrati

I “fatti” della scienza ridotta a formule matematiche costringono così
progressivamente l’uomo dentro una gabbia di comportamenti programmati dei quali non riesce a vedere il senso e non può assumersi la responsabilità.
Quale è il senso di stroncare le infezioni con farmaci cui i batteri si abituano diventando nel giro di poco invincibili, come succede ora agli antibiotici distribuiti generosamente fino a ieri per i disturbi più banali, e oggi merenda preferita di batteri e virus? O assumere vaccini contro malattie quando i paesi che danno la copertura più alta alle corrispondenti infezioni registrano anche il maggior numero di ammalati? L’uomo ipercurato è oggi un individuo debole, e insicuro.

Il fatto è che la tecnocrazia ha sposato questa scienza matematicizzata e
astratta proprio perché è quella che non ha rapporti con il mondo dell’uomo, vivente, libero e imprevedibile, in quanto impegnata a livello economico e produttivo a costruire il “mondo nuovo” degli incubi novecenteschi. Popolato non da esseri umani liberamente pensanti e accesi dalla passione dell’amore, ma individui programmati e a volte concepiti in laboratorio e quindi liberi da appartenenze familiari, nazionali, territoriali, religiose, artistiche, spirituali.
Quando avevo poco più di vent’anni, e Jean Meynaud, allora professore di
Scienza politica alle Università di Losanna, Ginevra e all’Ecole Pratique de
Hautes Etudes a Science Po, a Parigi, mi coinvolse tra queste varie città nei suoi studi sulla Tecnocrazia, vidi e studiai direttamente la tendenza sempre più evidente dei tecnici e scienziati di riunirsi in un’elite, per sostituire gradualmente i poteri politici nazionali.

https://www.controinformazione.info/la-scienza-tiranna-minaccia-la-democrazia/

I non luoghi

La perdita di senso, l’assenza di identità personale e collettiva è perfettamente simboleggiata dal concetto di non-luogo. Il termine fu introdotto nel 1992 dall’antropologo e pensatore francese Marc Augé per designare gli spazi e i siti anonimi, privi di storia, staccati da qualunque tradizione, dovunque uguali a se stessi, stazioni, aeroporti, centri commerciali, autogrill, svincoli stradali, accomunati da uno schiacciante anonimato sino alla disumanizzazione, una soffocante riproduzione in serie disegnata da un architetto collettivo all’unico scopo di essere utilizzati, attraversati, fruiti e consumati da folle anonime eterodirette.

La sensazione è di essere circondati dai non-luoghi, e che essi stiano avanzando in maniera travolgente, trasformandosi nel principale elemento del panorama. Crescono in maniera informe, metastasi, rizomi che si gonfiano e tracimano da ogni lato. Nuovi non-luoghi sono i chilometri di strade che circondano quasi tutti i centri urbani. Sino a qualche decennio fa, c’erano campi, orti, case rurali, ville e rare attività industriali, oggi è un continuum di centri commerciali e capannoni industriali, non di rado svuotati dalla crisi industriale, intervallati da zone di abitazione che non ci sentiamo di definire residenziali, non quartieri o contrade, ma macchie, dormitori senz’anima. Le costruzioni sono prive di qualsiasi bellezza o ornamento, portando alle estreme conseguenze la pessima lezione viennese di Adolf Loos, secondo cui l’architettura è diretta espressione della cultura dei popoli, pervasa dal bisogno morale di eliminare ogni ornamento di stile, che rappresenta la mancanza del passato, la rottura definitiva con “prima”.

Ognuno edifica come gli aggrada: di qui la prevalenza del parallelepipedo e del cubo, ma anche trapezi, rombi, losanghe, il grigio del cemento a unificare, intristendolo, il paesaggio cromatico. Per contrasto, spiccano i colori abbaglianti e la grafica aggressiva di insegne e luci, destinate all’attenzione dell’ex viandante, ora consumatore e turista, con prevalenza di denominazioni in un inglese elementare, omaggio alla globalizzazione che impone l’identico, spacciato per internazionalità, cosmopolitismo avanzato contrapposto al vecchio che scompare. In realtà, più che sparire, le vestigia del passato, testimoni sgraditi dell’odiernità trionfante, vengono inghiottite, fuse per incorporazione forzata, oppure lasciate morire lentamente.

Roberto Pecchioli

estratto da https://www.maurizioblondet.it/lirresistibile-avanzata-dei-nonluoghi/

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Imperizia

Ieri a Palermo un uomo di 38 anni è morto mentre lo stavano operando per calcoli della colecisti.
Pare che il chirurgo sia uscito dalla sala operatoria in stato di shock, dicendo “è colpa mia. Ho reciso per sbaglio l’aorta addominale”. I giornali riporteranno la notizia come “è folle farsi curare con la chirurgia”? Si parlerà, immagino, giustamente, di malpractice. Gli errori medici sono la terza causa di morte nei Paesi industrializzati, eppure nessuno si sogna di crocifiggere l’establishment sanitario o mettere in dubbio il valore della medicina contemporanea.

Già 10 anni fa il Centro antiveleni di Milano riportava che: “il 45% delle intossicazioni è causato da farmaci di sintesi o meglio detti convenzionali.” Cioè quelli erogati dal Servizio Sanitario Nazionale. In particolare tra il 2004 e il 2006 sono stati riportati oltre 17.000 casi di intossicazioni da farmaci e 3.046 a causa di errori terapeutici, in particolare somministrazione eccessiva di farmaci.

Come sostiene il dott. Tommaso Camerota perito del Tribunale di Milano a proposito di malpractice, “la medicina non è una scienza caratterizzata da risultati assoluti; 0% e 100% infatti non esistono. I motivi di ciò risiedono nella natura stessa dell’uomo, nella sua biologia e nel comportamento delle differenti patologie. Accanto a tale dato occorre però evidenziare la esistenza di abusi e di atteggiamenti professionali che non trovano corrispondenza con la deontologia medica e con gli standard minimi di assistenza. Per definire questo ambito della medicina viene abitualmente adottato il termine malpractice sanitaria (o medica), nel quale si fanno confluire i concetti di abuso, di illecito, di negligenza, di imperizia.”

dott.Alberto Magnetti

http://www.informasalus.it/it/articoli/otite-attacco-medicina-omeopatica.php?utm_campaign=20170529-info-digest&utm_medium=email&utm_source=newsletter

La nuova fisica

Per le reazioni nucleari a bassa energia (LENR), chiamate in Italia DST (a deformazione spazio temporale), che potrebbero essere la fonte d’energia “ultrapulita ed a basso costo” del futuro, considerate sinora da molti con scetticismo, o addirittura con ironia, qualcosa di molto serio si sta muovendo.

Abbiamo accennato in precedenti servizi al vivo interesse mostrato dalla Commissione Forze Armate del Congresso degli Stati Uniti, che teme che queste nuove reazioni nucleari possano avere anche utilizzazioni militari, e vuol saperne di più in una audizione fissata per il prossimo mese di settembre. Abbiamo anche riferito del giudizio implicitamente allarmato della DIA (Defense Intelligence Agency) secondo cui se si arrivasse ad una applicazione industriale di questa nuova fonte d’energia, ciò avrebbe un effetto “dirompente” che potrebbe rivoluzionare tutto il settore energetico. (corsivo nostro) Aggiungeva ancora la DIA che vari Paesi, tra cui Russia, Cina, India ed Israele stanno destinando risorse significative a queste ricerche, e che Giappone ed Italia sono all’avanguardia. Un primato, per la verita’, quello italiano, che è confinato all’ambito scientifico, perché a livello invece  di applicazione industriale nulla ancora sembra muoversi, anche se cominciano a intravedersi segnali di attenzione da parte di grandi gruppi.

Qualcosa sembra muoversi anche a livello europeo. Un componente italiano della Commissione Energia del Parlamento Europeo ha presentato infatti una dichiarazione scritta su questo tema. Per ora essa è firmata da poche decine di parlamentari, ma se a firmare sara’ la maggioranza, la dichiarazione, pur non vincolante, dovra’ essere esaminata per una decisione dalla Commissione e dal Consiglio Europeo, cui è diretta.

Come tutte le proposte di legge, essa parte da alcune considerazioni: la forte dipendenza dell’Unione Europea da importazioni di fonti energetiche, gli studi sulle reazioni DST che possono favorire lo sviluppo di nuove tecnologie pulite per la produzione di energia, gli eventuali benefici ambientali, sociali ed economici che verrebbero dall’applicazione di queste tecnologie per lo smaltimento di sostanze radioattive, e giunge poi concretamente alla parte propositiva, e cioè:

La Commissione ed il Consiglio sono invitati a

1)      Istituire appositi programmi destinati a soggetti pubblici e/o privati che intendano partecipare allo studio ed alla realizzazione di sistemi di produzione di reazioni DST a fini ambientali (smaltimento di sostanze radioattive  e di sostanze nocive), medicali (produzione di neutroni ad uso terapeutico antitumorale), di produzione energetica, di produzione di sostanze industriali strategiche;

2)      Stabilire procedure comuni per l’utilizzo delle reazioni DST per agevolare la cooperazione energetica e rafforzare la sicurezza energetica dell’Unione.

Un secondo evento di tutto rilievo è il Simposio Internazionale dedicato al fisico-matematico  Jean Pierre Vigier, che si terra’ dal 25 al 28 di questo mese a Portonovo, a pochi chilometri da Ancona. Un Simposio che ha l’ambizione di essere un evento storico nella storia della scienza. Infatti, come il Congresso del 1927 che si tenne a Bruxelles, sponsorizzato dalla Solvay, segnò la nascita della meccanica quantistica, così il Simposio di Portonovo  vuole segnare la nascita della nuova fisica. La relazione introduttiva verr svolta dal Premio Nobel Brian David Josephson, professore emerito dell’Universita’ di Cambridge e ga’ questo da un’idea del livello dell’incontro; presidente del Comitato promotore è il prof. Gianni Albertini, dell’Universit Politecnica delle Marche, che è uno degli scienziati italiani che svolge un ruolo di punta nelle ricerche su quelle nuove reazioni nucleari che gli americani, riconoscendone l’esistenza ma non la causa, chiamano “a bassa intensita’”, ma che alcuni fisici italiani,  avendo elaborato una precisa teoria in proposito, chiamano “a deformazione spazio-temporale”, in relazione alla causa che le produce.

Il Simposio di Portonovo dunque non solo potrebbe segnare la nascita della “nuova fisica”, ma anche – se qualche illuminato Gruppo industriale italiano mostrera’ interesse – la nascita nel Politecnico delle Marche, di una nuova e giovane scuola fisica che, sotto la guida del prof. Albertini, portera’ avanti gli studi su queste nuove reazioni nucleari e sulle loro applicazioni, con l’intento di aprire un capitolo tutto nuovo nella storia della fisica,  rinnovando in Italia il mito dei “ragazzi di via Panisperna”, che negli anni trenta del secolo scorso posero le basi della fisica nucleare.

Jean Pierre Vigier, cui s’intitola il Simposio Internazionale di Portonovo, era chiamato “l’eretico della fisica” ed ha rappresentato una presenza critica della scienza del secolo scorso e dei primi anni di quello attuale. Egli infatti amava seguire studi ed ipotesi alternative a quelle del “mainstream”, ma le sue ipotesi eretiche erano tutt’altro che peregrine, tant’è che Einstein lo voleva negli Stati Uniti, come suo assistente, e la cosa non ebbe seguito solo perché Vigier ebbe problemi nell’ottenere il visto d’ingresso.

La nascita di una strada tutta nuova ed alternativa nello studio delle reazioni nucleari non poteva avere dunque migliore riferimento.

Giorgio Vitangeli

http://www.lafinanzasulweb.it/2016/saranno-scienziati-italiani-ad-aprire-la-strada-per-una-nuova-fisica/

Miti scientifici

Il primo mito ridimensionato è quello secondo cui gli screening medici permettono di salvare vite per qualsiasi tipo di tumore. Esemplare è il caso coreano riguardante lo screening per il tumore alla tiroide: dopo l’introduzione di una nuova tecnica di rilevazione a fine anni novanta si è avuto un incremento dell’individuazione di tumori alla tiroide e dei successivi interventi. L’anomalia è che la percentuale di morti è rimasta uguale. Coloro che hanno notato il problema e suggerito di evitare o sostituire lo screening sono stati attaccati da varie associazioni mediche che hanno ripetuto l’indispensabilità degli screening e la necessità delle terapie. In origine, all’inizio del XX secolo, molti dottori arrivarono a concludere che i risultati migliori nel trattamento dei tumori si ottenevano quando erano diagnosticati precocemente, ne conseguiva l’idea che “prima un tumore è diagnosticato, più alte sono le possibilità di sopravvivere”. Questo concetto è stato alla base della formazione di generazioni di medici. Oggi resta valido, ma la sua universalità è messa in discussione.

Ricerche recenti hanno mostrato che in alcuni casi un rilevamento precoce non garantisce la salvezza attesa. Una recensione di cinque trials medici che hanno coinvolto 341342 persone ha messo in luce come gli screening non contribuiscano ad abbassare il numero di morti per tumore alla prostata. Si può inferire che alcuni tumori conducano alla morte indipendentemente da quando siano rilevati e curati. È da sottolineare che il problema sta nella generalizzazione “ogni tipo di tumore”, infatti non viene messa in questione l’utilità dello screening per molte tipologie di tumore, laddove vi siano risultati positivi corroborati, per esempio per il tumore alla cervice o al colon, ma in altri non si trovano effetti positivi soddisfacenti. Va poi considerato che il rilevamento di un tumore può avere effetti negativi sulla salute delle persone che vengono sottoposte ad interventi e cure debilitanti, anche nei casi in cui si è affetti da un tumore a crescita lenta con pochi danni diretti immediati.

A rinsaldare il mito contribuiscono coloro ai quali è stato diagnosticato un tumore proprio grazie a uno screening e che sono guariti dopo un intervento. Non tenendo conto della specificità di ogni situazione e delle differenze complesse che riguardano ogni tumore, propagandano gli effetti salvifici degli screening in modo acritico, contribuendo a diffondere idee scorrette e talvolta false speranze. I medici continuano a organizzare meeting per discutere a quale età e su quali fattori di rischio concentrare gli screening, perdendo di vista il centro del problema (le cause di insorgenza) e non soffermandosi a ponderare l’efficacia oggettiva della pratica nei vari casi. È anche un problema di modelli comportamentali: le persone preferiscono fare un test saltuario di pochi minuti piuttosto che cambiare radicalmente le proprie abitudini quotidiane, per esempio aumentando l’attività fisica,(1) smettendo di fumare o migliorando la propria alimentazione per prevenire il rischio di insorgenza.

estratto da http://gabriellagiudici.it/olmo-viola-miti-scientifici-resistenti/

  1. Considerata tutta la pubblicità che le istituzioni fanno a questo proposito, viene spontaneo domandarsi se non sia un mito anche questo 😉