Non solo Netflix

Ma ovviamente anche Facebook contribuisce alla narrativa che sembra riprodurre la società, ma di fatto la rimuove in nome di una sua rappresentazione convenzionale e sterilizzata:

 Ovviamente la società e i suoi rapporti disuguali non possono e non vengono mai chiamati in causa, per non permettere che vengano alla luce i sistemi strutturati di dominio, uno dei quali è appunto questa produzione di evasione, che tende a trasferire in maniera indiretta e subliminale una visione del mondo. Dunque non c’è solo il politicamente corretto, ma anche il narrativo corretto nel quale occorre cancellare l’esistenza di diritti sociali e di mantenere solo quelli strettamente individuali. Che anzi nega l’esistenza stessa di una società e dove le “regole” esclusivamente dettate dalla necessità del mercato, ovvero della natura ultima dell’uomo. Insomma una sorta di giusnaturalismo ideologico.

Tutto questo ovviamente non accade da ieri, ma da decenni, da quando la produzione in  serie di ogni tipo di comunicazione, in mano a pochissime persone, ha permesso di diffondere una visone del mondo che ha alla sua radice la disuguaglianza economica, la riduzione della libertà nei confronti del potere e la tendenziale mancanza di discriminazione nei confronti delle variabili non direttamente economiche, simulando una sorta di relativismo dei valori.

Facciamo la cosa sbagliata

America oggi

Era il titolo di un flim di Altman , di cui NON parliamo; risaliamo invece al 1990: The Bonfire of the Vanities

di Brian De Palma, da un soggetto di Tom Wolfe. The Bonfire of the Vanities comparve nelle sale cinematografiche degli USA nell’estate del 1990. Nonostante un cast di tutto rispetto – Tom Hanks, Morgan Freeman, Bruce Willis, tra gli altri – e la fama dell’allora rampante De Palma, risultò essere un flop, tanto dal punto di vista commerciale che da quello critico. Difficilmente la critica cinematografica di quegli anni avrebbe potuto apprezzare un film che non si limitava a porre a nudo il materialismo, l’ipocrisia, la bassezza morale della upper class newyorkese, ma gettava una luce fosca sui miti dell’America liberal. Tom Hanks, alias Sherman McCoy è infatti un brooker di Wall Street, uno dei “padroni dell’universo”. Commetterà un errore, e ne pagherà le conseguenze, scelto quale vittima sacrificale da un procuratore roso dal veleno dell’ambizione politica: si necessitava di una vittima per placare lo scontento sociale dei diseredati, delle vittime, delle minoranze. Chi meglio di un privilegiato maschio bianco, peraltro fedifrago e legato alla finanza? Un’accusa retta sulla menzogna, sul calcolo politico, sull’ipocrisia, su infamanti accuse di razzismo che finiranno per intaccare persino la rispettabilità di un giudice nero, chiamato a decidere sul processo. Sarà proprio il giudice, interpretato da Morgan Freeman – quasi una controfigura del futuro giudice Clarence Thomas – a smascherare l’arrivismo dei procuratori e i miti di una presunta giustizia sociale, pronta a travalicare la legge e il buon senso, la decenza più elementare, per affermarsi.(1)

In Italiano si chiamò “Il falò delle vanità” e ne trovate ampio riassunto su Wikipedia (https://it.wikipedia.org/wiki/Il_fal%C3%B2_delle_vanit%C3%A0_(film)); il film fu un clamoroso insuccesso in America probabilmente perché troppo in anticipo sui suoi tempi.

Si tratta di uno scontro di civiltà. Un doppio scontro di civiltà. Quello tra la civiltà del diritto – liberale nell’accezione più nobile del termine – con tutte le sue procedure, le sue formalità sostanziali, le sue tradizioni forgiate nei secoli e basate sulla oggettività della prova, e quella del sentimentalismo soggettivista, della volontà individuale, del sentire individuale che diventa legge. Del #lovewins, insomma. E poi quello, non meno radicale, tra due visioni opposte dell’America e della società

Donne abbigliate alla maniera di “The Handmaid tale” protestano contro la nomina di Kavanaugh

———————

  1. http://www.barbadillo.it/77606-caso-kavanugh-se-un-giudice-usa-finisce-alla-sbarra-il-linciaggio-del-maschio-occidentale/

Spettacolo: genere Telegiornale

Citazione

“Lo spettacolo del mondo come è raccontato dai notiziari televisivi è, secondo il punto di vista di Edelman, una essenziale sorgente di legittimazione per lo Stato: là fuori ci sono terribili nemici e sfide complicate; per riuscire a vivere tranquilli qui dentro, nel salotto di casa dove il mondo è spettacolo, qualcuno deve pensarci per noi”.

Ugo Volli e Omar Calabrese in I telegiornali: istruzioni per l’uso. Laterza 1980

citato in http://www.filosofico.net/socspettdebord.htm di Andrea Pesce

Occulta Lunae pars

THE DARK SIDE OF THE MOON / OCCULTA LUNAE PARS – I brani della mitica raccolta dei Pink Floyd tradotti in lingua latina
Traduzione testi a cura di Valeria Casadio, Università di Firenze
Arrangiamenti musicali gruppo dei Fint Floyd
Coreografia del Gruppo Danza Antica di Villadose-Rovigo
In occasione del quarantesimo anno dalla produzione di “The Dark Side Of The Moon” (marzo 2013), l’editore si è fatto carico della traduzione in latino dell’album simbolo della storica formazione, cercando di mantenere le musiche originali. Un progetto tanto ambizioso quanto complicato, poiché la metrica latina è molto diversa dall’inglese e dall’italiano cantato. Dopo mesi di studi e di prove e un concerto alla fiera internazionale dell’editoria” Volta la Carta”a l’Aquila, dove è stato presentato solo “Money” (ossia “Pecunia”), si è riusciti a tradurre tutti i pezzi e a metterli in musica. E ora è stata realizzata la produzione del cd. Per la traduzione in latino il merito va alla professoressa Valeria Casadio della facoltà di Lettere, Università di Firenze. Tutti gli arrangiamenti sono stati curati dal gruppo dei Fint Floyd. Il progetto ha avuto l’assenso definitivo da parte dello staff dei Pink Floyd e da George Roger Waters, non solo per quel che riguarda i diritti d’autore, ma soprattutto per la valenza del progetto stesso.

Mark Twain

Quando la televisione era educativa, c’erano gli “sceneggiati televisivi”, uno dei quali era: “Questa sera parla Mark Twain” di Daniele D’Anza con Paolo Stoppa, Rina Morelli, Sergio Tofano.
Genere Biografico produzione Italia, 1965
Riuscito pastiche di telebiografia e di racconti sceneggiati. Vediamo
gli ultimi anni della vita dello scrittore Mark Twain intramezzati con
scene delle sue novelle più famose. Grande show di Stoppa nei panni di
Twain, che cantava anche una strana sigla:

“Oh fattorino dal ciuffo nero, fora il biglietto al…
fora il biglietto al… al passeggero! Foralo bene, con diligenza, fin
dal momento del.. fin dal momento del… della partenza” etc.

Dal sito linkato apprendiamo il testo originale:

Conductor, when you receive a fare,
Punch in the presence of the passenjare!
A blue trip slip for an eight-cent fare,
A buff trip slip for a six-cent fare,
A pink trip slip for a three-cent fare,
Punch in the presence of the passenjare!

CHORUS

Punch, brothers! punch with care!
Punch in the presence of the passenjare!

Il racconto è
PUNCH, BROTHERS, PUNCH

Ma non basta! Ecco la versione di Guidone del 1965

Bisogna dire che Internet è un bello strumento anche per ricordare 🙂

 

E noi qui

Quella che nel 1970 era solo una trasmissione estiva (l’ultima di Gaber, prima di passare definitivamente al teatro) oggi, leggendo il testo che confluì poi nello spettacolo “Dialogo tra un impegnato e un non so”, diventa un testo profetico della situazione dell’Italia odierna.

Il mare è fermo e grigio
il cielo è fermo e grigio
strani uccelli neri gridano…
Il secondo uomo parla adagio, con calma indaga, spiega, deduce, conclude
Il terzo uomo parla adagio, con calma
Il quarto uomo parla adagio, con calma indaga, spiega, deduce, conclude indaga, spiega, deduce, conclude dài, dài, dài…

Eccola
ritenta cammina ha vinto, ha vinto è salva, viva, grandiosa
ancora un metro, ancora un metro…
Un ultimo sforzo la testa si gonfia la bocca si allarga viscida, umida, acquosa
ancora un metro, ancora un metro

Dal ventre esce un rantolo di rabbia, un urlo di morte e di dolore poi basta…
più niente…
Si muore, si muore, si muore…

Conformismo

“Nella primavera del 1970 Poli, con l’ausilio del regista Vito Molinari (con cui aveva lavorato alle operette televisive dei primi anni Sessanta) e complice Ida Omboni, negli studi di Torino registra Babau, un’indagine in quattro puntate sulle caratteristiche negative dell’italiano medio (mammismo, conformismo, arrivismo, intellettualismo) e summa del repertorio teatrale della sua attività precedente. Ma in autunno arriva da Roma il diktat di bloccare la messa in onda perché “giudicato inopportuno e spregiudicato”. Per sei lunghi anni il programma viene congelato per essere trasmesso nella Rai riformata nell’agosto 1976, perso nel palinsesto estivo. A monito del ritardo nella messa in onda, il titolo diventa Babau ’70 . Lo show è un insieme di memorabili performance d’autore: nella prima puntata, sul tema del mammismo, Poli recita la “modesta proposta” di Jonathan Swift di arrostire i bambini in esubero nella Londra della rivoluzione industriale, nonché la celebre interpretazione “en travesti” della madre de La Nemica di Dario Niccodemi, che Poli aveva rappresentato in teatro due anni prima. Nella terza, dedicata all’arrivismo, e definita successivamente dal critico della Stampa Ugo Buzzolan, in occasione della messa in onda, “un documento di quello che per anni non si è potuto fare o dire in televisione”, figurano, tra l’altro, un’intervista con la giornalista Camilla Cederna (in quei mesi da molti malvista per i suoi scritti indagatori sull’oscura morte dell’anarchico Pinelli, collegata ai fatti della strage di Piazza Fontana) che se la prende con ecologisti e armatori, Laura Betti che canta due canzoni anticonformiste del suo repertorio, Adriana Asti recita il personaggio della prostituta d’alto bordo da “Gli uomini preferiscono le bionde”, e un finale antimilitarista. Tutto allacciato da un diavolo-Poli, che pronuncia ora frasi blasfeme (“Io credo al buon Dio…per forza, se Dio non ci fosse, non ci sarei neanch’io”) ora moralistiche (“Sovente dietro il successo ci sono io”). Babau ’70, col tempo, è diventato uno dei capitoli più emblematici della storia della censura televisiva, che però non frenò assolutamente l’attività televisiva dell’attore, che iniziò, anzi, a fare incursioni come fine dicitore nei programmi culturali di Sapere. ”

Testo di Enrico Salvatori, dalla presentazione di “Babau 2000: omaggio a Paolo Poli”

Senilità

Il grande match

Stallone: lasciami pensare a qual è la preoccupazione numero uno, in cima alla lista. Vediamo, sì: la morte! E senza andare tanto in là, cosa c’è di diverso a 67 anni? Per esempio quando cammini per strada e una bella ragazza ti supera senza guardarti. È la dimostrazione che la visione periferica non fun-ziona se incroci una persona anziana: non ti interessa. È una discriminazione evidente! Sono questo tipo di cose… La mia preferita è quando mi dicono: «Mia madre ti adora». E devo anche ringraziare!

A 70 anni sente di aver raggiunto i suoi obiettivi o le manca qualcosa?
De Niro: Quello che so è che quando arrivi a un certo punto, tu sai chi sei veramente, senti tutto il tempo che è passato, e ti chiedi come sia trascorso così velocemente, lo sento di esser stato molto fortunato nella mia vita. Le cose che ho fatto o che ho potuto fare restano

Estratto da Film TV n.1, 2014