Chi fermerà la pioggia?

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http://www.testitradotti.it/canzoni/creedence-clearwater-revival/wholl-stop-the-rain
Prima del loro successo, avvenuto alla fine degli anni sessanta, i californiani Creedence Clearwater Revival o, più semplicemente, Creedence o CCR, erano un trio di blues-revival chiamato The Blue Velvets formatosi a El Cerrito, nei pressi di San Francisco composto dai tre compagni di scuola della classe 1945: John Fogerty (chitarrista), Stu Cook (al pianoforte), Doug Clifford (batterista)

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La fantascienza umanista di Ray Bradbury

Pian piano – è una legge naturale ma poco accettabile – la generazione che ha fatto grande la fantascienza se ne va. Sono gli autori che abbiamo letto e amato negli anni Sessanta e Settanta dell’ormai secolo scorso e che ci hanno appassionato e formato ad un genere di science fiction, fantasy ed heroic fantasy che non si scrive più (e non si tratta della nostalgia di un diversamente giovane, ma un fatto oggettivo). L’elenco è lunghissimo: da Simak a Williamson, da van Vogt a Heinlein, da Asimov a Clarke, da Dick a Sturgeon, da Anderson a del Rey, da Farmer a de Camp e così via. Ultimo e, credo più anziano di tutti, Jack Vance, morto a 96 anni il 26 maggio scorso. Vero creatore di mondi fantastici, specialista di personaggi e invenzioni paradossali, dotato di un suo speciale umorismo. Resta, credo, ormai soltanto Frederick Pohl, classe 1919. Vance se n’è andato a quasi un anno dalla scomparsa di un altro grande, anzi grandissimo, Ray Bradbury.

Oscenità o seduzione

L’immagine che vedete sopra è la locandina di un film francese, distribuito nell’autunno del 1958.(siamo quindi intorno all’epoca in cui la Buccella del post precedente partecipava al concorso di miss universo)
E’ un film considerato il prodotto culturale che ha dato il via ai cambiamenti epocali realizzati negli anni’60 in tutto il mondo. E’ tratto da uno splendido romanzo del più accurato, meraviglioso e squisito narratore e descrittore della ignominia piatta della squallida moralità piccolo-borghese europea, Georges Simenon. Il romanzo si chiama “En cas de malheur” pubblicato nel 1957. Tradotto qualche anno fa in italiano e pubblicato da Adelphi con il titolo “In caso di disgrazia”. Apparentemente è la consueta storia banale: una giovane ragazza spiantata, molto attraente, seduce un potente e ricco professionista attempato per scucirgli i soldi e sistemarsi. Invece non è così. E’ la storia di un avvocato di Parigi, principe del foro, il quale è distrutto da una “colpa interiore”: ha sposato una donna delle classi alte, grazie alla quale ha fatto una prestigiosa carriera diventando celebre, ricco e potente, ma è infelice perché sa di aver rinunciato a se stesso. Arriva nel suo studio questa giovinetta la quale dichiara subito di aver bisogno di un grosso legale perché è accusata di omicidio; siccome non ha soldi è disponibile a diventare la sua amante da subito. Gli propone un affare. Lui è indignato, da bravo moralista. Rifiuta la proposta di lei, ma accetta di difenderla gratis. E così, dovendosi preparare alla causa entra nel mondo folle, anarchico, spregiudicato, libero e selvaggio della sua assistita. E quel mondo gli piace. Riesce a farla assolvere. Poi lui diventa sedotto e sono amanti. Inizia così l’esplorazione da parte dell’uomo di un mondo a lui ignoto. Ma arriva l’ex fidanzato di lei, un giovane piccolo-borghese, che vuole convincerla a circuire il vecchio per fare il colpaccio. Lei si rifiuta: il suo fine non è il danaro, ma la libertà.(corsivo nostro) E così finisce che il giovane la uccide a coltellate. Il romanzo è il diario dell’avvocato. I francesi rimasero sconvolti da questo rovesciamento dei canoni morali dell’epoca perché la figura della giovane risaltava come una eroina, mentre la moglie dell’avvocato veniva fuori come una ipocrita ossessionata dalle cene sociali e dallo status. Dopo un anno ne fecero un film, diretto da Claude Autant Lara. Protagonisti, Brigitte Bardot e Jean Gabin. Fu un successo clamoroso che aprì un furibondo dibattito. Il film venne vietato in Usa perchè considerato “osceno e contrario alla moralità pubblica”. (sottolineatura nostra) Gli intellettuali francesi si indignarono e convinsero Brigitte Bardot e suo marito Roger Vadim ad andare a New York a perorare la causa. Ma il governo americano rifiutò il visto alla Bardot sostenendo che “si tratta di persona pericolosa per l’integrità morale della nazione americana”. In quel momento, De Gaulle -il presidente in carica- stava affrontando l’inizio delle contestazioni interne relative alla colonia Algeria e si era rifiutato di aderire alla Nato perchè gli americani non gli davano il comando. Convocò l’ambasciatore americano nel suo ufficio. “Ho un messaggio personale per il presidente, come sa siamo amici e siamo stati compagni in battaglia avendo gestito insieme lo sbarco in Normandia”. L’ambasciatore era stato convocato alla presenza (rara e inconsueta) di tre giornalisti. Chiese quale fosse il messaggio. E Charles De Gaulle rispose: “Dica al generale Eisenhower da parte mia che è un vero imbecille. Tutto qui” e licenziò l’ambasciatore. Due giorni dopo invitò a cena “ufficialmente” all’Eliseo la Bardot e suo marito dichiarandosi entusiasta del film. In Italia venne distribuito con il nome “La ragazza del peccato”. Vi consiglio di vederlo. Lo trovate tutto intero su youtube, suddiviso in diverse parti. E’ in bianco e nero. E vale davvero la pena. Delle vere perle vintage sono i dialoghi tra l’avvocato e sua moglie, quando lui le comunica il suo disprezzo soprattutto per il fatto che lei non è neppure gelosa, ciò che conta è che venga salvaguardata l’ipocrisia borghese dello status. Nouvel Observateur pubblicò un ampio reportage sulla cena della Bardot e De Gaulle e sulla grandezza culturale della Francia rispetto alla miopia ottusa degli americani. Poche settimane dopo, Norman Maler e Truman Capote protestavano pubblicamente a New York e si facevano riprendere dalle televisioni mentre, a casa, insieme ad amici ospiti (la crema intellettuale di quegli anni) guardavano il film grazie a una copia clandestina acquistata al mercato nero. Il dibattito dilagò e uno sconosciuto politico salì sul cavallo per condurre una sua battaglia personale: John Fitzegerald Kennedy. Nel Massachussets, dove era governatore, tolse la censura al film e dichiarò in un celebre comizio (si era in campagna elettorale e il suo antagonista era Richard Nixon) che “l’America ha bisogno di gettarsi nella modernità e imparare dall’Europa; abbiamo bisogno di aprirci al nuovo e possiamo farlo soltanto con un nuovo modello di seduzione aderente ai tempi che stiamo vivendo”. Due anni dopo, nel suo trionfale viaggio in Europa, Kennedy volle conoscere a Parigi la Bardot. Ma l’attrice francese si sottrasse. Gli disse (frase rimasta famosa che fece il giro di tutto il mondo) “Lei è un Don Giovanni, non è il tipo di uomo che mi piace. Sua moglie è una donna deliziosa, davvero stupenda. Ma lei merita il mio rispetto perchè mi risulta che lei sia un grande statista”. Sui giornali uscì ufficialmente soltanto la  frase di complimenti, soltanto 35 anni dopo venne resa pubblica dagli americani l’intera vicenda. Brigitte Bardot divenne un’icona in tutto il continente americano, non perchè facesse vedere le chiappe, ma perchè rappresentava un modello di donna libera e indipendente che aveva un imbattibile plusvalore: smascherava il gioco dei potenti e ne denudava tutta l’infelicità, l’atrocità, la disperazione esistenziale, proponendo un modello di vita diverso.
In California la definirono “l’indiana di Parigi”.
L’Europa ha cessato di proporre modelli seducenti.
Ha cessato di cavalcare la strada della seduzione.
Ha scelto l’oscenità.

estratto da : http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2013/06/oscenita-o-seduzione

Michele Perfetti

Poesie tecnologico-visive (1967)

Poesie tecnologico-visive (1967)

Abbiamo già avuto modo di parlare, nel blog dedicato agli anni ’60, della “Poesia visiva“, che intendeva denunciare la passiva acquiescenza del consumatore dinanzi al messaggio pubblicitario.
Un articolo di Michele Brescia, nel numero 300 di Artedossier del giugno 2013 (di cui riportiamo sotto un estratto e le immagini allegate) ci dà modo di riprendere l’argomento, interessante per due ragioni:

  1. Una industria  che (come già l’Olivetti e altre in quel periodo) promuove al suo interno la cultura;
  2. Abbiamo avuto la fortuna di avere Michele Perfetti come preside del Liceo scientifico “Roiti” di Ferrara, da cui dipendeva anche la sede di Bondeno

“Appare oggi davvero inverosimile, eppure proprio all’interno dell’Italsider, si crearono le condizioni ideali per innestare nell’ambiente culturale tarantino il nuovo codice espressivo della Poesia visiva. Infatti presso il circolo culturale del centro siderurgico, inaugurato nel 1963, si tennero le prime mostre del pugliese Michele Perfetti, protagonista indiscusso della ricerca poetico-visuale, nonché le prime rassegne internazionali della Neoavanguardia. …
Nell’ambito delle iniziative sostenute dal Circolo Italsider, molto importante fu la rassegna di Poesia visiva organizzata da Perfetti nel 1968 nei locali dello stabilimento siderurgico di Taranto perché sensibi-lizzò i giovani artisti del luogo alle nuove sperimentazioni poetiche e artistiche che andavano affermandosi in quegli anni in territorio nazionale…
Non solo. L’attività di Perfetti all’interno del circolo Italsider creò i presupposti per la nascita a Taranto nel 1973 del centro sperimentale Punto Zero, trasformatosi due anni dopo in cooperativa culturale, una delle prime in Italia. Questo vero e proprio laboratorio di promozione delle arti visive divenne un attivissimo centro, propulsore della sperimentazione verbo-visuale, con una febbrile attività espositiva ed editoriale che ebbe il merito di denunciare le prime avvisaglie di una drammatica apocalisse, quella scatenata dal miope e ottuso capitalismo perseguito dall’Ilva che, quarantanni dopo, sarebbe deflagrata in tutta la sua tragica problematicità”.

Michele perfetti "Un piatto fine" (1973)

Michele perfetti “Un piatto fine” (1973)

E pensare che c’è ancora qualcuno che sostiene che viviamo in un’epoca di progresso!

Ricordi di scuola

La chiesa del Gesù si trova di fronte allo slargo di Piazzetta Torquato Tasso, a Ferrara. Realizzata alla fine del Cinquecento, la chiesa era destinata ad accogliere i Padri Gesuiti. L’edificio fu progettato da Giovanni Tristani e i lavori furono diretti da Alberto Schiatti.
La facciata, semplice e austera, è divisa in due parti; la parte inferiore presenta quattro nicchie oltre a tre portali con decorazioni marmoree. L’interno si presentava in origine a nave unica, con sei cappelle ai lati, ma è stato più volte trasformato e distrutto, e quindi le pareti sono prive di decorazioni pittoriche. Notevoli sono il gruppo di statue di terracotta del Compianto sul Cristo Morto, opera di Guido Mazzoni, e l’urna monumentale di Barbara d’Austria, moglie di Alfonso I, che si trova dietro l’altare.
A destra della Chiesa, l’ex monastero dei Gesuiti è stato recentemente trasformato in tribunale, ma ,negli anni ’60, era la sede del Liceo classico “Ariosto” sorto nel 1860 con l’Unità d’Italia.
Apriamo qui una parentesi per ricordare ai “non addetti ai lavori” le due leggi fondamentali che hanno regolato la istruzione secondaria superiore: la legge Casati del 1859 e la riforma Gentile del 1923.
La prima sancisce la superiorità del modello culturale umanistico-filosofico a scapito di quello tecnico-scientifico : la cultura classica e letteraria veniva considerata la cultura della piena cittadinanza, assoluta ed autosufficiente, e veniva separata dal sapere tecnico-pratico il quale, inglobando anche la cultura scientifica, peraltro incredibilmente ridotta alle sue specificità applicative, assumeva una valenza subordinata e strumentale. Esemplarmente l’articolo 286 recitava: che “Queste scuole [tecniche] e questi istituti [tecnici] dovranno mantenersi separati dai ginnasi e dai licei. In ogni caso la direzione immediata degli stabilimenti tecnici istituiti da questa legge non potrà mai essere affidata alla stessa persona cui è affidata quella de’ precisati istituti di istruzione secondaria” (1).
Non dissimile nella impostazione la riforma Gentile, dopo i 5 anni di istruzione elementare obbligatoria si sdoppiava in Ginnasio inferiore (triennale) e complementare; solo il ginnasio dava accesso alla scuola superiore e ogni passaggio era segnato da un esame.
Nel dopoguerra il ginnasio inferiore diventa scuola media e la complementare prende il nome di “avviamento” (al lavoro); nel 1962 viene introdotta la scuola media unica.
Altre differenze tra i licei (erano solo due: classico e scientifico) era che noi facevamo greco per 5 anni, loro una lingua straniera; loro facevano disegno e noi solo storia dell’arte al triennio e, per mia fortuna, niente scritto di matematica.

Per tornare a noi, nel 1961 mi iscrivevo al liceo classico, il che significa che mi ero fatto l’esame di ammissione alle medie; quello finale delle medie e me ne sarebbe toccato un altro alla fine del Ginnasio (per “quelli dello scientifico”, no 😉
Tra i ricordi “spiccioli” (lo dice anche Guccini) fino ad allora si erano portati sempre i calzoni corti e da quel primo ottobre tutti i miei compagni avevano calzoni lunghi; ricordo ancora il nome dell’unico che si presentò (solo quel giorno) coi calzoni corti.
Ovviamente vigeva una rigida gerarchia: l’atrio interno poteva essere occupato solo dai liceali, noi ginnasiali sempre fuori con ogni tempo, tranne le donne che entravano direttamente nelle rispettive aule senza attesa e là indossavano il grembiule nero d’ordinanza.
Noi eravamo la classe del boom demografico del dopoguerra e del boom economico dei sessanta, per cui, quell’anno, erano ben 4 le prime classi, mediamente di 30 iscritti, in maggioranza donne.
Ovviamente la mia era la sezione D, quella di chi veniva dal “contado” e, ovviamente tutti maschi (32 per l’esattezza).
L’anno dopo ci saremmo ritrovati in 16…

(continua)

Anni ’60: verso la Luna

Il decennio si apre nel 1961 col primo uomo nello spazio, il sovietico Yuri Gagarin e si conclude con lo sbarco americano sulla luna nel luglio 1969.

Qui presentiamo un curioso e forse poco conosciuto antefatto tutto italiano, quello dei fratelli torinesi Judica Cordiglia.

Due considerazioni a margine:

– la prima riguarda l’enorme prospettiva che si apriva con l’inizio dei viaggi spaziali: sembrava che lo sviluppo ipotizzato dalla fantascienza fosse ormai a portata di mano e questo forniva una ulteriore prospettiva di sviluppo alle giovani generazioni; adesso sappiamo che così non è stato e, se si fosse almeno un po’ curiosi ci si dovrebbe domandare perché.

-la seconda che l’Italia è ricca di personaggi che si possono tranquillamente definire geniali, ma che nessuno conosce perché i loro talenti vengono ignorati, quando non addirittura osteggiati (Guglielmo Marconi, per citare uno che ha avuto successo, dovette andare a Londra a brevettare la radio, perché al nostro ministero gli risposero che quella curiosità non poteva interessare a nessuno, visto che avevamo già il telegrafo).

Tratto da http://anni60storia.info