Empatia

In “La conversazione necessaria- La forza del dialogo nell’era digitale (Einaudi 2016) ” Sherry Turkle, a suon di ricerche qualitative e interviste vis a vis, racconta di come uno dei caratteri fondamentali dell’uomo, l’empatia, si stia estinguendo a causa del deficit d’attenzione dovuto all’iperconnessione, all’eccesso informativo, all’impossibilità di sentirsi qui e ora, ma sempre altrove. «Negli ultimi 20 anni, tra gli studenti universitari, si è rilevato un calo del 40% negli indicatori dell’empatia – un decremento avvenuto per la maggior parte nell’ultimo decennio. Si tratta di una tendenza che i ricercatori attribuiscono direttamente alla presenza dei nuovi mezzi di comunicazione digitali». Come si possono capire le sfumature di uno sguardo, di un gesto, se non riusciamo a concentrarci su chi ci sta di fronte, se siamo in continua attesa di uno stimolo esterno, di una notifica dello smartphone? Come possiamo comprendere il prossimo se siamo sommersi dal rumore del comunicare? Come costruire la nostra identità se non conosciamo pause, se non abbiamo il tempo per elaborare e maturare?

Giulio Sangiorgio in Film TV #29 del 18-7-2017

A quanto evidenziato sopra, noi che seguiamo da sempre i libri della sociologa americana, non possiamo non rilevare come la stessa funzione sia stata inserita fin dal 1975 nei film trasmessi in TV,  in cui la pubblicità non serve per vendere improbabili (e inutili) oggetti, ma semplicemente per impedirti di riflettere sul carattere dei personaggi e su te stesso.

Per cui la frittura dei cervelli dei giovani data da molto prima dell’epoca digitale e, purtroppo, le generazioni che ne sono esenti sono in estinzione.

NOTA: Più o meno negli stessi anni si sono moltiplicati i film di azione, dove un montaggio veloce ha espletato la stessa funzione della pubblicità anche nelle sale cinematografiche (e non entriamo qui nella logica dei videogiochi e dei loro stretti rapporti col cinema).

L’invasione degli ultracorpi

Sarà capitato anche a voi di non ricevere alcuna risposta ad una mail (poi l’interlocutore si giustifica dando la colpa a Internet) ma, in realtà è pura scortesia.

Cito solo tre episodi a titolo di esempio: una persona alla quale avevo fotografato il negozio a fini promozionali; un amico al quale avevo segnalato un video che lo riguardava; un autore a cui avevo ordinato il suo libro.

Sicuramente quest’ultimo è il caso più eclatante: dopo avermi assicurato la disponibilità del libro, non mi ha inviato le coordinate bancarie per il pagamento (che ho richiesto almeno due volte).

So che, di recente, il libro è stato presentato nel corso di una riunione conviviale, chissà se i commensali se ne sono accorti?