Si pensi solo che per un concetto illusorio, aleatorio e astratto come la “sicurezza” gli italiani sono pronti per il 39% a limitare il diritto di sciopero, tanto faticosamente conquistato dalle generazioni precedente dopo lotte aspre. E non solo lo sciopero: anche le libertà di opinione e di associazione. Oltre il 77% sono favorevoli a più restrizioni (a parole), salvo poi lamentarsi in privato e a calpestarle: segno di schizofrenia e non indice di salute. Per 3 su 10 chi non ha rispettato le regole non deve essere curato. Il 43,5% -una cifra sorprendente- chiede la pena di morte nell’ordinamento giuridico. E ancora: solo il 13% pensa sia buona cosa tentare un lavoro autonomo imprenditoriale; il 54% e il 29% rispettivamente della piccola -media e grande impresa teme per il proprio lavoro, il 77% di autonomi e partite iva ha guadagnato molto meno rispetto al 2019; solo il 20% scarso pensa che “andrà tutto bene”, per l’ 80% andrà tutto male con varie gradazioni di pessimismo e il futuro fa paura. Non parliamo delle cifre sulla didattica a distanza, un flop assoluto che ha aumentato solo il divario tra gli studenti e non ha fatto imparare un bel nulla.
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Immaginare il futuro
Quando l’esploratore inizia il suo cammino ha dietro di sé un’intensa preparazione tecnica: degli uomini, dei mezzi di trasporto, delle attrezzature, delle alleanze necessarie a finanziarie l’impresa. Soprattutto, ha dentro di sé l’immaginazione del suo viaggio, di quel nuovo mondo che è quasi una promessa di futuro. Immaginare e preparare sono per il viaggiatore le azioni costitutive. Nella stessa misura, i gruppi sociali e i singoli individui hanno bisogno di immaginare il futuro, di riconoscersi in cammino verso un miglioramento delle proprie condizioni economiche e sociali.
La politica invece ha mostrato il fiato corto, nell’incessante inseguimento di un quotidiano «mi piace», nella personale verticalizzazione della presenza mediatica. I decisori pubblici sono rimasti intrappolati nel brevissimo periodo. Il disimpegno dal varo delle riforme sistemiche, dalla realizzazione delle grandi e minute infrastrutture, dalla politica industriale, dall’agenda digitale, dalla riduzione intelligente della spesa pubblica, dalla ricerca scientifica, dalla tutela della reputazione internazionale del Paese, dal dovere di una risposta alla domanda di inclusione sociale, ha prodotto una società che ha macinato sviluppo, ma che nel suo complesso è impreparata al futuro.
Se chi ha responsabilità di governo e di rappresentanza si limita a un gioco mediatico a bassa intensità di futuro, resteremo nella trappola del procedere a tentoni, senza metodo e obiettivi, senza ascoltare e prevedere il lento, silenzioso, progredire (o regredire N.d.R) del corpo sociale.
estratto dal 51° rapporto Censis
http://www.censis.it/censis/browse/7?shadow_comunicato_stampa=121140