Prigione Italia

Siamo soli di fronte a un mostro che tutto pianifica e tutto esige. I governanti delle singole nazioni sono stati comprati, in blocco. Il denaro, immateriale, non è certo un problema per il sistema. Ne ha fin troppo, sgorga spontaneo dalle banche centrali, cornucopie del nichilismo monetario: il sistema può riempire il sistema solare di denaro. Di denaro digitale, serie di numeri di cui tutti ignorano la scaturigine.
Il denaro neanche conta più niente. È il potere la posta in gioco. E il poco che avevamo (circa due secoli di morti ammazzati per un po’ di diritti), quello l’abbiamo perduto in cambio degli smartphone made in Korea.
Gli unici felici sono gli immigrati. Hanno poche certezze in tasca: che potranno ritornare nella loro patria abbandonando la baracca quando più gli piace; e che nessuno, dell’apparato statale, polizia in testa, li molesterà o gli torcerà un capello.
Sono felici.
I finti profughi ancora più felici. Una felicità che nasce dalla spensieratezza. Sciamano la mattina, ben vestiti, ben nutriti, con cellulari più larghi del palmo della mano. Inattaccabili. Per loro l’Italia è un divanetto su cui stravaccarsi gratis; i monumenti, le vestigia del passato glorioso, gli edifici patrizi … tutto ciò non gli dice nulla; il Colosseo, le chiese paleocristiane, la campagna romana, potrebbero pure essere inghiottiti da un buco nero come una novella Palmira in mano all’Isis.
Sono ben visti da tutti, in fondo …
L’unico con la faccia sospetta è proprio il sottoscritto. Certe mattine mi osservo riflesso negli specchi della metropolitana e penso: minchia che faccia! Questo qui è proprio un tipo da galera! Questo sta in Italia a farsi i suoi porci comodi! Maledetto immigrato!

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Cara Italia ti scrivo…

Cara Italia ti scrivo, anche se Tu non hai mai scritto a me.

Il 1° settembre 2014 ho preso servizio in qualità di docente a tempo indeterminato nella Direzione Dattica di Zola Predosa, a seguito di un trasferimento chiesto in previsione d’intraprendere una convivenza.

Il mio rapporto di coppia all’improvviso s’ interrompe ed io mi ritrovo spiazzata. Fin qui sfiga, vado in pace, Amen.

Comincio a cercare un monolocale in affitto e penso di trovarlo in fretta, in quanto statale assunta a tempo indeterminato, ma così non è.

Le mie proposte vengono regolarmente scartate, perché la mia busta paga è troppo bassa rispetto al prezzo dell’affitto.

Un’agenzia mi chiede di stipulare una fideiussione bancaria annuale, un’altra un garante disposto a pagare la locazione nel caso in cui io risultassi inadempiente.

Mio padre, che riceve mensilmente una pensione statale,  si offre di firmare in qualità di garante, ma dalla sua dichiarazione dei redditi non risultano immobili a lui intestati, ma solo terreni, quindi l’agenzia richiede un secondo garante a cui siano intestati beni immobiliari.

Devo pregare anche a mia madre di firmare la garanzia.

Nel frattempo inizio a lavorare e mi ritrovo a fare avanti e indietro da Modena quasi ogni giorno. Inizio a chiedermi se stia cercando di affittare un appartamento o se abbia inconsciamente inviato domanda d’assunzione alla NASA.

E porta la valigia e cambia il guardaroba, via i sandali, dentro le ballerine, nell’armadio gli abiti estivi, fuori quelli autunnali e verifiche d’ingresso da correggere, quintali di quadernoni da portarsi appresso, fotocopie da stampare e lezioni da programmare in automobile col sottofondo di Julio Iglesias.

Ieri l’altro scopro che serviranno due cedolini del mio stipendio e la mia dichiarazione dei redditi. Il tutto è gelosamente custodito dentro un sito che si chiama “Noipa”, al quale non posso accedere senza conoscere la password provvisoria.

Mi reco in segreteria per essere identificata e conoscere il tanto agognato codice segreto: mi viene risposto che devo procedere da sola e attuare il primo accesso, ma io obietto che per accedere serve sta benedetta password, che io non conosco, cazzo! Vengo liquidata malamente da una segretaria, la quale mi informa che in ufficio hanno ben altre cose più importanti da fare. Io sono senza casa, ma questo è soltanto un piccolo, insignificante particolare.

Cara Italia ti chiedo: che cosa deve fare un cittadino italiano che lavora per affittare un monolocale di 40 mt. quadri?

A me ormai hanno chiesto anche il culo! Pardon, il lato b che, francamente, non mi sento di concedere , dato che già mi serve per pagare tasse astronomiche, spese e bollette!

Ho capito. Devo emigrare, ottenere la cittadinanza di un Paese sottosviluppato,  poi tornare e pretendere una casa gratis.

Cara Italia ti scrivo, anche se so che Tu non scriverai mai a me ed una sola cosa che serbo nel cuore voglio dirti: ma vaffanculo!

Ornella Anastasia Pigati

postata su Facebook(TM)  il 20 settembre 2014