L’Erasmus , nuova naia

di Diego Fusaro

Ed ecco che ora il ministro – ministro, mi perdonerà la neolingua boldriniana! – dell’Istruzione Valeria Fedeli asserisce trionfale che occorre rendere obbligatorio l’Erasmus per tutti e anticiparlo già alle scuole superiori. Quod erat demonstrandum! Abbiamo rimosso la leva obbligatoria e abbiamo messo come nuova naia l’Erasmus, per rieducare i giovani al globalismo post nazionale.

VERSO UNA COSCIENZA INFELICE. L’obiettivo è che essi abbandonino ogni radicamento nazionale e ogni residua identità culturale e si consegnino senza coscienza infelice all’erranza planetaria, all’espatrio permanente, al moto diasporico globalizzato e alla centrifugazione post moderna delle identità. I pedagoghi del mondialismo possono così, con profitto, imporre ai giovani italiani la nuova postura cosmopolita no border.

L’Erasmus impone alle giovani generazioni lo spaesamento generalizzato, ossia l’assenza di radicamento territoriale, storico e culturale

 

La figura dell’Erasmus (European Region Action Scheme for the Mobility of University Students, “schema d’azione delle regioni europee per la mobilità degli studenti universitari”) svolge, in questo contesto, una sua specifica funzione ideologica. Tenuto a battesimo fin nel 1987, l’Erasmus è, di fatto, un progetto di educazione che impone alle generazioni più giovani la mobilità internazionalistica, l’espatrio permanente, l’erramento gaudente e lo spaesamento generalizzato (ossia l’assenza di radicamento territoriale, storico, culturale) come valori di riferimento.

STUDIO DEL TUTTO SECONDARIO. Forgia e modella l’immaginario dei giovani in senso liberal-libertario, educandoli all’abbandono di ogni radicamento e di ogni appartenenza nazionale, al divertimento senza frontiere (rispetto al quale lo studio svolge una funzione del tutto secondaria), alla narrativa no border del mondialismo e all’integrazione cosmopolita. Da una diversa prospettiva, il programma di rieducazione dell’Erasmus inocula nelle nuove generazioni l’etica del tempo della deeticizzazione, centrata sulle figure dell’erranza e dello sconfinamento, dell’espatrio e della delocalizzazione.

COME FLUSSI FINANZIARI GLOBALI. Senza esagerazioni, l’Erasmus si presenta come la riproposizione, sul versante culturale degli stili di vita delle nuove generazioni a capitalismo integrale, della nuova struttura dei flussi finanziari globali in permanente mobilità, deterritorializzati e sempre in cerca di migliori opportunità di profitto. Esso è, a rigore, un programma di rieducazione coatta alla mobilità e al mondialismo che la genera a propria immagine e somiglianza.

Lo studio all’estero promuove quella mobilità delle persone che è il derivato necessario della mobilità dei mercati del lavoro e delle pratiche della delocalizzazione

 

Al di là delle narrazioni edulcoranti per anime belle, l’Erasmus promuove quella mobilità delle nuove generazioni che è il derivato necessario della mobilità dei mercati del lavoro e delle pratiche della delocalizzazione. La libera circolazione delle merci produce a propria immagine e somiglianza la libera circolazione delle persone, esse stesse ridotte al rango di merci che si spostano sul piano liscio del mercato globale sul fondamento della legge fattasi planetaria della domanda e dell’offerta: con annessa possibilità, per gli architetti del globalismo, di massimizzare i processi della valorizzazione del valore, sempre a detrimento dei lavoratori e dell’ambiente, dei diritti e delle sicurezze.

ATTRATTI DALLA MOVIDA PERMANENTE. In una simile prospettiva, l’Erasmus non è altro che il volto trendy e accattivante della delocalizzazione permanente e dell’espatrio forzato a cui il Capitale condanna i popoli del pianeta. La gioventù coattivamente addestrata ai valori dell’anarco-capitalismo e all’idiosincrasia verso ogni forma di maturità e di stabilizzazione identifica la libertà ora con il diritto alla movida permanente, ora con il diritto alla mobilità e al nomadismo, ora con il diritto dei popoli ad accedere alla mondializzazione dei mercati, con l’appoggio ausiliario della Nato e con l’abbattimento imperialistico dei “tiranni” locali, ossia di tutti i governanti non piegati al Washington consensus.

Fonte: Lettera 43

Monadi nomadi

Il sottosegretario agli Esteri del governo Renzi, Sandro Gozi, un deputato del Pd iscritto anche ai Radicali italiani del duo filosionista e “amerikano” a oltranza Bonino-Pannella, nonché membro del think tank ultraliberale European Council of Foreign Relations (comprendente al suo interno figure di spicco del panorama politico-imprenditoriale a stelle e strisce e “a stella di David” italiota, tipo Giuliano Amato, Emma Bonino, Maria Cuffaro, Marta Dassù, Massimo D’Alema, Gianfranco Fini, Franco Frattini, Emma Marcegaglia, Lapo Pistelli e Luisa Todini), si è, a sua volta, del tutto comprensibilmente vista la “stoffa” del personaggio, prodigato nell’apologia diretta della Erasmus Generation, questa generazione «libera, poliglotta e cosmopolita»[41] di “studenti internazionali” «artatamente educati […] alla vita allegra»[42] e integralmente secolarizzati al materialismo pratico più gretto, caratteristico di quella che il sottosegretario Gozi definisce «una società laica [dove] non devono esserci tabù»[43]. Una società nel cui ambito ogni studente avrebbe dovuto preventivamente conoscere «il suo valore di mercato»[44]. Gozi ha pubblicato recentemente un libro, guarda caso edito dalla casa editrice dell’Università Bocconi di Milano (tempio della cultura neoliberale italiota), dall’inequivocabile titolo: Generazione Erasmus al potere. Il coraggio della responsabilità. In questo pamphlet, Gozi traccia un profilo apologetico del “mondo senza confini” e “senza limiti” (un mondo unificato dove gli Stati nazionali regrediscono al rango di filiali locali di aziende multinazionali e startup con sede a New York o Londra). Il mondo unificato, open society, tratteggiato da Gozi, è infatti “Cosmopolis”, sorta di multinazionale delle relazioni sociali, politiche ed economiche privatizzate, gestita in conto terzi da babbioni filoamericani e figli di papà, rincoglioniti di ceto medio sans frontières sui cui volti si sarebbe potuta ravvisare unicamente «una tranquilla tabula rasa con al centro un unico pensiero: se stessi»[45]. Una volta descritto il profilo politico (liberale di sinistra) e sociologico (classe media postmoderna, totalmente americanizzata) dei gestori di “Cosmopolis” sfornati dal Programma Erasmus e dalle business school private anglosassoni, Gozi si esibisce in una vera e propria, nonché inquietante, dimostrazione di cieco fideismo ideologico nei confronti della più radicale e spaventosa operazione di ingegneria sociale mai pensata dal 1945 a oggi, ossia la creazione del “cittadino nomade globale” europeista, totalmente sradicato da precedenti riferimenti identitari e comunitari e conquistato alla causa del disimpegno e del divertimento sans frontières dal passaggio (burocratico, omologante e ormai pressoché obbligatorio) dell’Erasmus come “certificato di ammissione” nel novero della open society per monadi consumistiche, pauperizzate e standardizzate agli stili di vita e di consumo “trendy” di ogni sorta. Scrive infatti Gozi, ricordando come anche il vate della filosofia del disincanto e della rassegnazione cosmopolitica all’italiana, il defunto Umberto Eco, fosse un incallito sostenitore dell’Erasmus quale megamacchina creatrice ex novo di identità postnazionali:

Babycakes_Romero_cultura_inquieta

L’Erasmus è la più geniale intuizione avuta dall’Unione europea per costruire il proprio futuro […]. Oggi sono milioni i giovani europei a fare l’Erasmus… Ragazze e ragazzi che trovano assolutamente normale frequentare l’università a Bologna come a Bruges o a Barcellona, che scrivono su WhatsApp in francese o in inglese […]. Ragazze e ragazzi che hanno avuto l’occasione di studiare in ogni angolo d’Europa: e non solo di studiare, se diamo un’occhiata ai dati pubblicati dalla Commissione europea secondo cui dal 1987 è nato più di un milione di bambini frutto di incontri Erasmus. Bambini che nelle vene hanno sicuramente il sangue blu a stelle fin dalla nascita… Già, Umberto Eco aveva proprio ragione […]. Il nostro semiologo disse che l’Europa si sarebbe naturalmente realizzata grazie alle coppie che si incontravano col Programma Erasmus, i cui figli sarebbero stati europei nel loro DNA[46].

Paolo Borgognone

in http://www.maurizioblondet.it/le-nuove-classi-medie-cosmpolite-guardie-pretoriane-del-capitalismo-terminale/