In realtà, come spiega wikipedia, nel testo originale non c’è l’apostrofo:
Va, pensiero, sull’ali dorate;
- Va, ti posa sui clivi, sui colli,
- Ove olezzano tepide e molli
- L’aure dolci del suolo natal!
Del Giordano le rive saluta,
- Di Sïonne[3] le torri atterrate…
- Oh mia patria sì bella e perduta!
- Oh membranza sì cara e fatal!
Arpa d’or dei fatidici vati,
- Perché muta dal salice pendi?
- Le memorie nel petto raccendi,
- Ci favella del tempo che fu!
O simile di Solima[4] ai fati
- Traggi un suono di crudo lamento,
- O t’ispiri il Signore un concento
- Che ne infonda al patire virtù! ( 4 volte)’
- Era il 1961 e, per il centenario dell’unità d’Italia, il nostro insegnante di musica delle medie ci fece studiare e cantare proprio questo inno che ricordo tuttora.
- Ora provate a immaginare che cosa potevamo capire dei riferimenti colti di cui parla wikipedia, ma anche Bruno Belli in http://www.classicaonline.com/inviato/appuntamenti/14-03-11.html
- Eppure il fascino della musica è innegabile, tanto che è stato proposto anche come alternativa all’inno nazionale italiano e adottato come tale dagli esuli di Istria e Dalmazia dopo la seconda guerra mondiale.
- Nell’originale (il Nabucco) gli esuli erano gli ebrei in Babilonia, ma, fin dal suo debutto nel 1842, ci fu una piena immedesimazione (come per molte opere Verdiane) con i destini della liberazione dell’Italia dallo straniero.