Se la civiltà è efficienza, la risposta è ovvia: tedeschi e olandesi sono più civili di spagnoli e italiani. Ma se la civiltà è il sentimento che modella la società, il centro che le dà forma, le cose stanno diversamente. In questa dicotomia tra efficienza (ragione strumentale, partita doppia, profitti e perdite) e sentimento (ragione morale, umanità, comunità) vi è tutto il conflitto tra due forme di civilizzazione. Affinché una società sia davvero civile, non è sufficiente che sia illuminata e tecnologicamente avanzata, serve comprensione reciproca tra i suoi membri, empatia, comunità. Quando Aristotele sottolinea la relazione tra l’emergere dei miti e la filosofia, afferma che la filosofia nasce dallo stupore, un sentimento che precede la ragione. La gente ragiona su ciò che la attrae, che in precedenza ha generato un sentimento. Civiltà è, prima di tutto, prendere posizione.
Certo, il sentimento è solo un primo passo che la ragione deve valutare, perché, insegna la storia, non c’è nulla di più distruttivo del sentimento sbagliato. Ma quando scompare il sentimento che anima l’ascesa di una civiltà, la società si riduce a convivenza casuale in cui l’efficienza prevale su qualsiasi altro valore. Quindi, la civiltà può degenerare in barbarie come abbandonare gli anziani al loro destino perché, nell’impero dell’efficienza, l’età è un fattore determinante per il valore di una vita. Sono i sentimenti a collegarci con gli anziani e con i più giovani. Edmund Burke lo avvertì quando disse che quelli a cui non importa degli antenati non si preoccuperanno dei loro figli.
La perdita del sentimento porta al deterioramento delle relazioni umane. Da questo punto di vista, l’atteggiamento olandese è un fedele riflesso dell’uomo moderno, che, arrendendosi all’efficienza, decide di sacrificare gli anziani, freddamente, senza rimorsi o malizia. Dopotutto, la conoscenza della realtà materiale così com’è, senza valutare alcun principio, è conoscenza della morte. Non molto tempo fa la vecchiaia era ancora venerata come deposito di saggezza e legame con il passato, e salvaguardare gli anziani era segno di alta civiltà. Ora che la conoscenza è diventata universale e il passato è un onere irritante e sacrificabile, gli anziani sono identificati come una minaccia al mantenimento del benessere. Pochi se li caricano sulle spalle, conservando ancora abbastanza eroismo per non essere travolti dall’efficienza scientificamente programmata.
In questi giorni, tuttavia, stiamo osservando eventi sociologici apparentemente contraddittori. I tedeschi, di solito più riservati, escono su balconi e finestre per fraternizzare con i vicini, mentre gli italiani, così refrattari al distanziamento sociale, dimostrano una disciplina insospettata nell’ isolamento. Non è così strano. I tedeschi, di fronte a una concreta minaccia esistenziale, hanno sentito il bisogno di socializzare, mentre noi accettiamo il sacrificio perché sappiamo di tutelare noi stessi e gli altri. In entrambi i casi, ha prevalso il sentimento, unito a una dose di razionalità, o meglio di senso comune. E’ la civiltà millenaria dell’ ”animale sociale”, che sa di non potere vivere, sopravvivere ed essere felice da solo. Lo sapeva Aristotele già duemilacinquecento anni fa, ed è forse il senso profondo del “pensiero meridiano” del Sud Europa, evocato da Franco Cassano. Desta ripugnanza che non lo sappiano i civilissimi figli delle brume, reduci dall’avere affisso sulla porta della chiesa di Wittenberg le novantacinque tesi di Lutero, padre del soggettivismo, dell’efficienza individuale, della solitudine esistenziale, dell’etica “more geometrico” e del frigorifero dell’anima nordica.
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