La tragedia di Corinaldo e il nichilismo consumistico

di Marco D’Urso Castelli

Una volta, i giovani morivano per la Patria, la Libertà, la Giustizia Sociale, la Democrazia. Forse non era giusto, ma aveva un Senso.
Ogni nuova generazione che si affaccia al mondo e alla società è tendenzialmente naïf, ignorante, presuntuosa. Tuttavia, quello che contraddistingueva i giovani, era quasi sempre una pulsione ideale, la volontà di dimostrarsi migliori dei propri padri, di superarli e di ucciderli metaforicamente. Era una tensione positiva, perché proiettava verso il positivo, il meglio: la costruzione di qualcosa. Per questo ci si buttava in politica, per dimostrare di essere capaci di fare qualcosa di meglio di chi ci aveva preceduto. Cosi’ era nella sfera professionale, come in quella personale.
C’era sempre il conformismo tra pari, certo: omologarsi e seguire la corrente di quello che facevano i nostri coetanei e che andava di moda di volta in volta; tuttavia, si poteva scorgere ed intuire un moto della società, verso la direzione di un qualche progresso o anche solo, miglioramento.

LA DISTRUZIONE DELLA FAMIGLIA

Ma, per migliorare, hai bisogno di un riferimento. Di qualcosa o qualcuno a cui ispirarti. Io, ad esempio, ho iniziato a scoprire la musica con le audio-cassette di Lucio Battisti di mio padre e i dischi di Franco Battiato di mia madre. Ricordo che in casa c’erano collezioni di Lucio Dalla, Fabrizio De Andre’, dei Pink Floyd, Giuni Russo… E’ vero che poi ho sviluppato i miei gusti e ho successivamente scoperto nuovi gruppi e nuovi generi. Ma e’ stata la mia Famiglia a crearmi l’humus sulla quale poi crescere ed evolvermi. E’ a casa che si forma l’intelligenza emotiva, la rete cognitiva-emozionale che poi ti guida fuori, nel mondo.
Mi domando come si sia potuta spezzare questa rete, questa connessione; dove e quando si sia rotta. Mi fa riflettere il fatto che la Famiglia non riesca più a tramandare: a trasmettere i Valori, i gusti, le passioni. Che è poi il compito naturale dell’istituzione familiare, in quanto tale.
Non è il ribellismo che spaventa, è il Vuoto Assoluto: l’Assenza che non sia riempita dai video di YouTube, da un telefonino o da un paio di cuffie h24.
Ma forse la ricerca delle risposte sta nell’evoluzione di questi ultimi 20 anni nella forma e nel ruolo della Famiglia.
Mancano i genitori, mancano i Padri e, quando i genitori ci sono, svolgono ruoli sbagliati: una madre non deve accompagnare una bambina in una discoteca come quella per ascoltare certa roba; una madre deve dire NO: questo e’ il SUO ruolo!
C’è un fattore sociale, economico ed uno culturale-valoriale che, a mio parere, sono a monte di questa crisi antropologica.
La Famiglia è al centro di un attacco materiale ed ideologico senza precedenti.
I genitori, sfruttati sul luogo di lavoro, sfibrati da ritmi sempre più frenetici, sull’orlo di una nevrosi permanente, ritornano a casa ad orari antisociali, costretti magari a lavorare anche di sabato notte o durante le aperture domenicali. Questa sottrazione di tempo cerca di essere sostituita e compensata con la Dea del nostro “Nuovo Progresso”: la Tecnologia. Un po’ di Videogames, un cell al passo con i tempi, un Ipad per regalo, per manifestare i nostri sentimenti. Si passa sempre meno tempo in casa ed e’ un tempo insufficiente e di poca qualità , per la maggior parte.

 

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Lettera di una maestra

Molti genitori parcheggiano a scuola i bambini mandandoli con la febbre a quaranta o dopo una notte passata in Pronto Soccorso, li scarozzano da un’attività all’altra perché i piccoli hanno bisogno di socialità e sport, organizzano feste con cento invitati in agriturismo per l’ottavo compleanno ma di loro si curano pochissimo. Quando tornano a casa i bambini si attaccano alle televisioni o alle console oppure ai telefoni e non danno più fastidio ai genitori che a volte rincasano alle nove o le dieci e i pargoli, per stare con loro, vanno a nanna alle undici o mezzanotte, magari guardano insieme un film horror di quelli che io non potrei mai digerire. Frequentano chat o videogiochi pieni di simboli occulti. Certi vanno nelle loro camere e si addormentano solo con la loro televisione accesa, altri ancora dormono nel letto con la mamma “single”. Molti genitori fanno tenerezza e a volte ci parlano come a psicologi o confessori delle loro vite sottosopra, raccontandoci compagni o compagne che girano, della assoluta difficoltà di educare i propri figli da soli e con un lavoro da sostenere e i bimbi da mantenere. Spesso sono persino più persi dei nostri alunni.

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Agenzie educative

È proprio in questi decenni di pedagogismi proliferanti che l’insegnamento viene espropriato del suo tratto magistrale, che i programmi scolastici vengono privati dei loro contenuti fondamentali, che gli insegnanti stessi vengono sviliti a categoria sociale derelitta, malpagata, screditata, emarginata, a un branco di vecchi «sfigati».

Non ci si deve, perciò, stupire che i genitori prendano sempre più spesso partito per i figli nei conflitti con gli insegnati. La rottura dell’alleanza scuola famiglia è il prodotto della distruzione storica di entrambe. Il padre che abbia perso il rispetto per l’insegnante del proprio figlio è, infatti, con tutta evidenza, un genitore che ha già perso il rispetto di se stesso.

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Il ministero della solitudine

Il governo britannico ha istituito il ministero della solitudine. L’ orgoglioso impero che fu della regina Vittoria e della Compagnia delle Indie alza bandiera bianca. Fu proprio la vecchia Inghilterra la prima patria dell’individualismo, da Locke a Hume passando per l’utilitarismo di Bentham e l’economia degli scozzesi, Smith e Mandeville. Prima di loro, Thomas Hobbes teorizzò che homo homini lupus, dunque va tenuto a freno con le spicce da governi ferrei. Theresa May, primo ministro britannico, forse per sensibilità femminile, ha colto qualcosa di profondo: il tempo presente, in Occidente, è quello della disgregazione, della depressione, della solitudine.

Crediamo che la decisione sia la più clamorosa ammissione di sconfitta fatta da un sistema politico, economico e sociale. La solitudine, nel Regno Unito, coglie almeno dieci milioni di sudditi, un sesto della popolazione ed è certamente una delle cause principali dell’alcolismo, delle dipendenze, della depressione, dei suicidi. Sembra più diffusa tra le classi medie che tra i poverissimi, ma non è altro che l’esito naturale di un modo di vivere – l’individualismo, l’inseguimento di carriera, successo, denaro – che inevitabilmente allontana dagli altri. Se per Aristotele, l’uomo era un animale sociale, o politico, la cui realizzazione avveniva nella concretezza della polis, per l’occidentale postmoderno vale la drammatica convinzione di Max Stirner: l’Unico. Secondo il pensatore tedesco della sinistra hegeliana il solo modo di salvare l’uomo da ogni forma di schiavitù politica, culturale o religiosa consiste nell’esaltarlo come valore assoluto. Il singolo diventa l’Unico, il cui compito è appropriarsi di una sola, autentica proprietà, se stesso.

Potremmo ricordare come il protestantesimo del nord Europa e della Gran Bretagna, nella forma dell’anglicanesimo radicale dei puritani, pervenga per sentieri diversi ad uguali conclusioni, con l’uomo solo dinanzi al mistero del tutto, impegnato parossisticamente nella vita activa per dimostrare a se stesso di possedere la grazia. La conseguenza, dimenticato ogni riferimento alla trascendenza, è la solitudine successiva allo scatenamento delle passioni umane.

Theresa May, almeno, si è resa conto del problema e vuole fare qualcosa; dubitiamo tuttavia che il neonato ministero possa ribaltare la situazione. Tutt’al più, metterà in campo qualche assistente sociale con l’incarico di suonare il campanello degli inglesi in orario d’ufficio, esclusi il fine settimana e le feste comandate. L’esponente conservatrice è una distinta sessantenne sposata senza figli, una condizione condivisa con la paffuta Angela Merkel, mutti, mammina sterile dei tedeschi. Paolo Gentiloni dei conti Silverj, taciturno capo del governo italiano non sfugge alla triste regola, come il francese Emmanuel Macron, a non contare i figli di primo letto della moglie Brigitte Trogneux, di un quarto di secolo più anziana, tre volte madre e nonna di sette nipoti. Tra i maggiori leader governativi europei, solo lo spagnolo Mariano Rajoy ha due figli. Esiste indubbiamente un collegamento tra la solitudine esistenziale che si è impadronita del nostro spazio e il rifiuto della paternità/maternità e della responsabilità. Poiché Rajoy è galiziano, citiamo un detto della sua terra: todo es empeorable, tutto può peggiorare.

Roberto Pecchioli

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Familismo amorale

di Gabriella Giudici

Quello che una volta era considerato “Familismo Amorale” – secondo la definizione coniata dall’antropologo americano Edward Banfield per descrivere il comportamento degli abitanti del Borgo di Chiaromonte in Basilicata, nel quale si massimizzavano “unicamente i vantaggi materiali di breve termine della propria famiglia nucleare, supponendo che tutti gli altri si comportino allo stesso modo” – è stato talmente tollerato da diventare una sorta di autodifesa legittimata, che portava naturalmente l’individuo a perseguire solo l’interesse della propria famiglia e mai quello della comunità.

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“Il primo centro di potere è la famiglia”, scriveva Barzini, corollario del “tengo famiglia” di Longanesi. “L’organizzazione legittima o illegittima della quale la famiglia fa parte, è il gruppo, il clan, il partito politico, la camarilla, la combriccola, la consorteria, la setta, l’associazione, l’alleanza aperta o segreta, ma per quanto potenti possano essere altrove queste consorterie, di rado esse hanno l’importanza che hanno sempre avuto e hanno tutt’ora in Italia”. E Gramsci: “al partito politico e al sindacato moderni si preferiscono le cricche, le camorre, le mafie, sia popolari sia legate a classi alte”.

estratto da http://gabriellagiudici.it/il-familismo-amorale/

Siamo già poveri?

Potete fare il test voi stessi, utilizzando le seguenti categorie:

Persone a rischio di povertà – Tutte quelle persone che dispongono di un reddito pari al 60% del reddito medio pro capite del Paese in cui abitano. Il calcolo viene effettuato in questo modo, prendete il reddito che entra ogni anno in una famiglia e dividetelo per 1.0 per il primo adulto, dividetelo di un ulteriore 0,5% per ogni altro componente dai 14 anni in su, dividetelo di un ulteriore 0,3% per ogni altro componente al di sotto dei 14 anni.

Persone “dentro” la povertà e/o l’esclusione sociale (“severely materially deprived persons”) – Tutte quelle persone che si trovano in ristrettezze e vivono 4 delle 9 situazioni seguenti: 1) incapacità di pagare affitti o mutui o debiti entro la data stabilita; 2) incapacità a riscaldare adeguatamente la casa 3) incapacità a fronteggiare spese impreviste (ad esempio il dentista, una forte multa, la riparazione di mezzi meccanici) 4) incapacità a acquistare carne, pesce o cibi equivalenti come contenuto proteico ogni due giorni 5) non in grado di passare almeno una settimana di vacanza fuori casa (inclusi quelli che si appoggiano a parenti) 6) che non possiedono un’auto 7) che non possiedono una lavatrice 8 che non possiedono un televisore a colori 9) che non possiedono un telefono (compreso il telefono cellulare)

Persone che vivono in nuclei familiari a “bassa intensità di lavoro” – Tutti coloro che vivono in una famiglia nella quale uno o più membri in età lavorativa hanno lavorato il 20% meno di quanto avrebbero potuto fare. Sono esclusi gli studenti.

Fonte: http://irradiazioni.wordpress.com/2012/02/12/siamo-sempre-piu-poveri-ed-esclusi/