Ars longa, vita brevis

Vita brevis, ars longa, occasio praeceps, experimentum periculosum, iudicium difficile è una locuzione in lingua latina il cui significato letterale è “la vita è breve, l’arte è lunga, l’occasione fuggevole, l’esperimento pericoloso, il giudizio difficile”.

La frase non appartiene alla letteratura latina, ma è una traduzione successiva di un aforisma di Ippocrate di Coo (Aforismi, 1, 1), il cui originale è:

«Ὁ βίος βραχύς, ἡ δὲ τέχνη μακρή, ὁ δὲ καιρὸς ὀξύς, ἡ δὲ πεῖρα σφαλερή, ἡ δὲ κρίσις χαλεπή»
(Ho bíos brachýs, he de téchne makré, ho de kairós oxýs, he de peîra sphaleré, he de krísis chalepé).

L’aforisma è spesso citato in forma abbreviata Ars longa, vita brevis, con evidente richiamo a Seneca (De brevitate vitae 1, 1): “Inde illa maximi medicorum exclamatio est: «vitam brevem esse, longam artem»” (“Da ciò deriva quella celebre esclamazione del più grande dei medici: «la vita è breve, lunga l’arte»”), anche se il filosofo latino, traducendo, opera il chiasmo, dando rilievo maggiore al contrasto degli aggettivi.

Si tratta, in ogni caso, di una sintesi di saggezza morale che riunisce in un breve testo alcuni concetti cardine sia della filosofia che della metodologia ippocratea (sempre attenta a ribadire l’importanza dello studio e la difficoltà dell’analisi diagnostica) sia, più in generale, dell’antichità (la brevità della vita e la fugacità del tempo).

Nella sostanza, il messaggio è questo: in tutte le arti, la vita di un uomo è insufficiente per raggiungere la perfezione, che suppone l’esercizio progressivo di più generazioni.

Seneca, invece, nel riprendere l’aforisma, afferma polemicamente che la brevità non è connaturata in maniera ineluttabile alla vita, ma discende dall’insensatezza dell’uomo che disperde il suo tempo nei mille rivoli di inutili occupazioni.

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21 luglio 2017

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Quale futuro?

di Paolo De Gregorio – 05/01/2015

Fonte: Arianna editrice

Titola Massimo Fini su “il Fatto Quotidiano” del 27 dicembre: tanti auguri di collasso economico, per salvarci.

Siccome vorrei restare nei limiti di un articolo pubblicabile, farò come la mia vecchia professoressa di italiano che, accanto ai blu e ai rossi, scriveva un brevissimo commento.

“di intelligenza in Italia ne abbiamo a carrettate, siamo diventati tutti furbissimi”. Credo che anche in terza media si sia in grado di distinguere tra furbizia, soprattutto quella degli “intellettuali” che si vendono un tanto al chilo, e intelligenza, che viene dal latino intelligere, cioè capire, che significa avere del mondo una visione d’insieme, non solo materialista ma anche umanista e storica.

“fin dagli albori della nostra civiltà sono stati i filosofi a orientare la politica”. Se fosse vero che i filosofi fossero ascoltati presso le corti o le cancellerie, dovendo giudicare i risultati di questa eventuale influenza nella storia europea, non riusciamo a ricordare altro che orrende sanguinarie, interminabili guerre imperiali, religiose, basate su una sola filosofia riconoscibile: mors tua, vita mea, a cui, dal 1500 in poi, si è sommata l’occupazione coloniale dell’America (dal Nord al Sud), con genocidi, conversioni forzate, importazione di schiavi neri dall’Africa il cui sfruttamento bestiale creò le basi economiche della ricchezza della peggior feccia di europei calati sul continente americano come avvoltoi.

“destra e sinistra non sono più in grado di comprendere le esigenze più profonde dell’uomo contemporaneo che non sono economiche ma esistenziali”. Destra e sinistra sono ormai omologate dalla accettazione del mercato e hanno ucciso la dialettica politica, ma parlare di motivazioni esistenziali dei disoccupati italiani e di quei poveracci che arrivano mezzi morti con i barconi fa ridere i polli.

Massimo Fini poi cita il giornalista per caso Beppe Severgnini, che parlando seriamente sostiene: “il mondo ci riconosce che per adesso non si è inventato niente di meglio della democrazia e del mercato”. Se Severgnini fosse vissuto quando si facevano i sacrifici umani per placare l’ira degli dei e si aveva il diritto di vita e di morte sugli schiavi avrebbe detto che la civiltà era quella e che non era stata inventata soluzione migliore.

Magari ci saremmo accontentati di una evidenza terra-terra, che il cosiddetto mercato lascia senza lavoro il 45% dei giovani italiani, e che la democrazia non è mai esistita perché le classi capitaliste dominanti possiedono tutto, cioè le imprese, i mezzi di comunicazione, con cui orientano cervelli e consumi, e l’80% degli eletti in Parlamento sono avvocati che con tutta la loro cultura ed esperienza non sentono la mancanza del confronto con le categorie produttive, milioni di operai e contadini, totalmente assenti nel Parlamento di questa fasulla democrazia.

L’unico punto in cui sono parzialmente in sintonia con Fini è quando vede questo sistema economico ed ecologico al collasso e prima viene giù tutto meglio è, così si può ricominciare da capo.

Io il collasso lo vedo, ma credo che quelle grandi forze oscure che sono le multinazionali, le banche, i circoli guerrafondai e sionisti, le massonerie, che sono i diretti responsabili del disastro prossimo venturo, sono in grado di reagire a tutti i livelli, anche quello atomico, e non ci sono ragioni filosofiche o etiche che tengono, hanno la forza militare, la useranno senza scrupoli e imporranno regimi autoritari fascistoidi che già si vedono all’orizzonte.
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=50057

Meritocrazia?

al link http://www.minimaetmoralia.it/wp/la-pagliacciata-della-scuola/

trovate un articolo che riporto integralmente nella speranza di una maggior diffusione; vorrei aggiungere che, con lo stesso eccellente curriculum, ho conosciuto docenti più fortunati (perché in un altra classe di concorso) che sono finiti ad insegnare nella scuola media (i cui standard sono ormai all’analfabetismo, quando non si aggiungono altri problemi più gravi)

di Christian Raimo

Stamattina alle 6 e 50 circa ero alla stazione Termini: ho acquistato una copia di Repubblica e ho preso al volo il treno per Frosinone che stava partendo. Sulla prima, la seconda e la terza di Repubblica campeggiava un lungo pezzo con le prime linee guida, le anticipazioni come dire sulla “rivoluzione non una riforma” della scuola che il ministro Giannini e il premier presenteranno venerdì. «Renzi ha annunciato una sorpresa e non sono qui per rovinarla»: Concita De Gregorio era ieri a Rimini e ha raccolto le dichiarazioni del ministro dell’Istruzione alla platea di CL.
Il titolo di Repubblica non faceva la tara all’enfasi di governo: Rivoluzione scuola, ecco il piano. “Meritocrazia e apertura ai privati”. E anche nell’articolo di De Gregorio venivano prese per buone le parole del ministro: “L’abolizione del precariato, anzi «la cura definitiva della piaga del precariato» calcificato da decenni di alchimie burocratiche. Eliminare il ricorso alle supplenze «agente patogeno del sistema scolastico, batterio da estirpare»”. Leggevo questo lungo pezzo mentre guardavo dal finestrino scorrere Ferentino e Colleferro, diretto alla stazione di Frosinone, dove mi aspettava un mio amico in macchina che mi avrebbe dato un passaggio all’USR (Ufficio Scolastico Regionale, l’ex-provveditorato) di Frosinone.
Proprio oggi infatti alle 9 ci sarebbe stata l’assegnazione delle cattedre – l’immissione in ruolo – per i vincitori del concorso del 2012 per diverse classi (ossia materie): lingue, storia dell’arte, pedagogia e anche filosofia e storia per i licei – la A037. La mia.
Sia io che il mio amico abbiamo vinto il concorso l’anno scorso: concorso che bandiva per 780 candidati in filosofia e storia per i licei circa 26 posti in tutta la regione Lazio. Pochi, uno direbbe, tenuto conto che l’ultimo concorso c’era stato nel 1999 e ogni anno si assegnavano decine di cattedre con supplenze annuali.
Comunque io e lui ci siamo abilitati entrambi alla SSIS con il massimo dei voti, abbiamo passato con agio la preselezione, e l’anno scorso abbiamo preso entrambi 38 su 40 allo scritto e 40 su 40 all’orale dell’esame finale, al concorso. Io sono arrivato undicesimo in graduatoria, lui secondo (giustamente, perché ha un dottorato e varie pubblicazioni scientifiche più di me): vincitori. In realtà entrambi, quando l’anno scorso avevamo visto i risultati, ci eravamo chiamati perché volevamo festeggiare con una birra che fosse gemella a quella che ci prendemmo, da sconosciuti, un po’ più giovani ma mica tanto, nel settembre di qualche anno fa quando andammo a vedere i risultati dell’ammissione alla SSIS (lì la selezione era circa 20 su 350): eravamo convinti entrambi l’anno scorso che, saputo il risultato del concorso verso fine luglio, ci avrebbero assunto per l’anno scolastico 2013-2014.
In realtà non fu così: all’USR del Lazio dissero che per ritardi di lavoro, per pastoie burocratiche e altri guai simili, non riuscivano a incardinare nessuno dal concorso appena concluso e le cattedre disponibili vennero assegnate a chi era nelle graduatorie a esaurimento o ai supplenti annuali.
Ma quest’anno era diverso: il ministero dell’Istruzione aveva fatto sapere che quest’anno invece si recuperava – più assunzioni dal concorso a colmare anche le mancanze dell’anno scorso, questa era la voce sia ufficiosa che ufficiale. Certo doveva coordinarsi con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ma sembrava chiaro che per il 2014-2015 l’andazzo sarebbe stato diverso: Renzi aveva esplicitato messo tra le sue priorità la scuola, e anche i sindacati battagliavano perché ci fosse un reale cambio di passo rispetto ad assunzioni, selezione docenti, svecchiamento, etc…
Tra luglio e agosto sono arrivati i decreti. Molto difficili da spulciare, spesso in contraddizione tra loro; a leggerli e rileggerli però, quelli che ci riguardavano, a me e questo mio amico è venuta una sensazione di spaesamento prima e di disagio dopo. Detta semplice: le cattedre di filosofia e storia che il Ministero dell’Istruzione metteva a disposizione per i vincitori del concorso erano, in tutto il Lazio, dieci: nessuna a Roma, sette nella provincia di Roma (tra Anzio, Pomezia, Civitavecchia, Maccarese), una a Amatrice, due nella provincia di Viterbo (Civita Castellana e Nepi).
Di queste dieci cattedre in realtà soltanto per quattro il Ministero dell’Economia e delle Finanze aveva stanziato dei fondi. E di queste quattro in realtà soltanto tre potevano essere assegnate (andando una di diritto a un riservista, non vincitore di concorso).
Insomma stamattina, in una stanzetta accaldata dell’USR di Frosinone (sede distaccata alla quale è stato dato incarico di gestire le immissioni in ruolo della A037), io e il mio amico abbiamo toccato con mano il risultato del concorso 2012, quello voluto fortemente dall’ex ministro Profumo al grido di “mai più graduatorie”.
Il concorsone – quasi ottocento candidati, tre fasi di selezione, centinaia di selezionatori reclutati per svolgere le procedure… – ha prodotto per la mia classe di concorso in tutto il Lazio tre posti: uno a Maccarese, uno a Pomezia, uno a Civitavecchia.
Tre posti, in due anni, in tutto il Lazio – lo riscrivo.
Il resto delle cattedre verrà assegnato come ogni anno: attraverso graduatorie d’istituto, supplenze provvisorie, il solito caos, i soliti precari che arrivano a essere ormai ultracinquantenni.
Mentre il funzionario dell’USR sbuffava ripetendo per l’ennesima volta frasi in codice del tipo che “solo chi matura Frosinone può scegliere la sede”, evitando qualunque risposta minimamente esaustiva alle domande che gli venivano poste (ci saranno altre convocazioni? perché non vengono messe a disposizione altre cattedre anche se sappiamo che ci sono molte vacanze? in caso di pensionamenti ci saranno chiamate ad hoc dopo settembre?…): “Io sono solo un esecutore”; io mi ricordavo le parole che avevo sentito alla radio qualche giorno fa da Renzi (“La scuola è un asset proritario”) e mi sfogliavo e risfogliavo le pagine di Repubblica dove la Giannini dichiarava che la rivoluzione avrà come criterio di selezione la meritocrazia e «Ci sarà entro l’anno prossimo un nuovo concorso». Altre centinaia di migliaia di candidati, altri mesi per svolgere tutte le pratiche, altre migliaia di persone che si prepareranno senza uno straccio di programma e senza capire quali sono i criteri di valutazione. Con il Ministero dell’Economia che elargirà qualche spiccio, mentre altre interviste di Renzi e Giannini sproloquieranno che non ci sono tagli, anzi.
E diciamo di più. Perché il concorsone 2012, pare, avesse validità triennale. E quindi, facciamo un’ipotesi come si dice di scuola: zero assunzioni nel 2013, tre assunzioni nel 2014, mettiamo altre tre nel 2015, e poi? Il concorso scade? I restanti venti vincitori di concorso si terranno la gloria di aver fatto 46 su 50 ai quiz preselettivi?
Ho aspettato il mio amico che scegliesse la sua cattedra: Civitavecchia, c’è un treno la mattina un po’ dopo le sei dove ci si può portare la bicicletta, un altro nostro amico ci ha insegnato per un paio d’anni. Gli ho fatto gli in bocca al lupo più sinceri. Se li merita tutti, sarà un bravissimo insegnante. Poi, visto che era nemmeno ora di pranzo ci siamo detti che per la birra comunque aspettiamo un’altra volta per prendercela.

Fancazzisti

Fauna particolarmente diffusa nei social network, per la quale qualsiasi affermazione altrui è solo una opinione (e non si prendono neanche la briga di confutarla, come facevano invece i sofisti di seconda generazione), e la prendono come giustificazione per continuare a farsi i cavoli propri, ma solo a uno scopo pratico ed edonistico.

Sofistica

Enciclopedie on line

sofistica Movimento filosofico, e più ampiamente etico e culturale, affermatosi nella Grecia antica, e soprattutto in Atene, tra il 5° e il 4° sec. a.C.Il nome di σοϕιστής ha, nella grecità più antica, un significato simile a quello di σοϕός «sapiente, esperto». Tra la metà del 5° e la fine del 4° sec. a.C. il significato si precisa, designando coloro che sono capaci di rendere gli altri σοϕοί, nei vari campi di conoscenze teorico-pratiche, utili perché il cittadino possa avere successo politico

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Dal pensiero pensante al pensiero calcolante

È soprattutto l’economia il sapere privilegiato verso cui vengono dirottati le giovani teste pensanti chiamate a cessare di essere tali. L’economia è oggi scienza dominante e, insieme, scienza del dominio: il suo fine precipuo è di addomesticare le giovani teste pensanti all’ordine della globalizzazione, affinché, dunque, cessino di pensare e si limitino a riprodurre tautologicamente l’esistente.

Diego Fusaro