Nel beneamato Occidente, alla plebe che ha sostituito il popolo, si dà invece una classica incultura. La cultura di massa nacque negli Stati Uniti dopo la prima guerra mondiale e oggi si diffonde a colpi di spettacoli puerili in 3D, libri dementi, videogiochi stupidi o sadici, serie televisive per sordomuti, drugstore che distribuiscono emozioni dolciastre, spettacoli selezionati dal clero secolare del sistema. Scriveva Theodor W. Adorno: la ripetitività, la ridondanza e l’ubiquità che caratterizzano la cultura di massa moderna tendono a automatizzare le reazioni e indebolire le forze di resistenza dell’individuo. L’’obiettivo del francofortese non era la denuncia, ma la costruzione di quello che Marcuse definì l’uomo a una dimensione, liberato dalla “personalità autoritaria.”
La cultura in cui siamo immersi ha voltato le spalle al suo immenso patrimonio. Che si tratti di Lady Gaga, dell’ultimo successo editoriale, del jazz, del rap, della pittura contemporanea o dei film di cassetta, nulla è frutto del caso. Questa cultura, osservava già Lev Tolstoj, non è più cristiana, non è più radicata nella storia di un popolo o in un suolo; è legata al condizionamento di massa, astratta e massificata, ha fini e obiettivi precisi, globalizzati, rintracciabili attraverso la storia della letteratura contemporanea e del cinema. La musica moderna deve farti impazzire, ordinò Adorno. L’inquinamento acustico serve a distruggere la personalità umana. Plutarco evoca il terrorismo sonoro dei Parti prima della battaglia di Carre, i cui rumori misero in crisi le truppe romane. Il cinema di Stanley Kubrick ha molto insistito sull’importanza dei rumori e della musica.
Il jazz è stato creato ai tempi di George Gershwin e ha sostituito gli spirituals della popolazione di colore, contribuendo alla scristianizzazione dei neri d’America. Per il ruolo del rock, basta al giudizio la devastante biografia dei suoi protagonisti, mentre il rap ha accompagnato milioni di giovani dei ghetti sui marciapiedi della dipendenza, della droga, dell’autodistruzione.
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Siate diversi!
Noi esseri umani siamo animali di branco e, per gran parte della nostra storia, in branco siamo vissuti, che si chiamasse tribù, comunità, villaggio, famiglia allargata. Le divisioni sociali, le guerre, i conflitti, la competizione hanno minacciato, deteriorato e spesso distrutto completamente tribù e comunità ma, fino alla società industriale, resistevano i villaggi e la famiglia allargata e anche una buona parte di comunità rurali. La società industriale ha intaccato pesantemente le comunità rurali rimaste, ha ristretto le famiglie; la società global-consumistica le ha annullate: distruggendo con esse ciò che rimaneva di comunicazione, trasmissione dei saperi, collaborazione, sistemi di valori condivisi.
L’essere umano della cosiddetta società post industriale vive nella confusione mentale, morale e spirituale alimentata ogni giorno dai potenti mezzi di persuasione di massa in mano al potere economico. Dalla televisione a internet (ormai, con i cellulari, incorporato come una protuberanza elettronica della mano) con le sue cosiddette “reti sociali”, tutto contribuisce a privare l’essere umano della capacità di osservazione, riflessione, deduzione; ad alienarlo dalla realtà, dalla comunicazione spontanea e sincera, reale, diretta con gli altri esseri umani; ad alienarlo dal proprio stesso spirito, inducendolo ad imitare atteggiamenti, espressioni, linguaggio dei “personaggi” falsi e costruiti che vede in televisione. Atrofizza la sua anima, inducendolo a una continua competizione e ricerca di ciò che gli viene indicato come il “successo” e, in tale frenetica ricerca di esso in tutti i campi, si esaurisce l’immaginazione, la fantasia, l’osservazione, la capacità di meditazione (non quella che si compra ma quella che un tempo era appannaggio di tutti).
Nella società capitalistica globale le masse umane, composte non più di comunità partecipi e solidali, in cui ci si conosce, ci si apprezza o compatisce, si scambia e si collabora materialmente e spiritualmente (il branco), diventano mandrie. Con dei pastori inflessibili e occhiuti, onnipresenti e attenti, ma che essi non vedono.
Non li vediamo, i nostri padroni. I padroni delle grandi imprese multinazionali, i padroni degli organi di stampa e dei governi, delle televisioni e di internet, noi non li vediamo. Al massimo vediamo i loro cani da pastore, coloro che ne svolgono le veci e che ci guidano, ci spingono, ci persuadono: governi e media.
Ma loro ci vedono e dirigono il nostro cammino e, come tutti i componenti di una mandria, noi andiamo dove tutti vanno.
Perché si comporta così la mandria?
Gli animali di gregge, mandria ecc. si comportano così perché sono prede ed erbivori: hanno bisogno di grandi spazi aperti ma anche di protezione. Hanno scelto questa strategia: essere in tanti, rimanere sempre tutti assieme, muoversi tutti nella stessa direzione. Ognuno di loro sa che la sopravvivenza dipende dal confondere il predatore con il grande numero in movimento e, soprattutto, dal non farsi notare dal predatore: dal non apparire diverso, dal non fare nulla di diverso da tutti gli altri.
Il fatto è che l’essere umano della società globale di dominio e competizione è talmente solo, spaventato, aggressivo o aggredito, insicuro, da essere indotto ad agire come un animale di mandria. Dato che si sente costantemente sotto l’occhio del predatore, e di un predatore impossibile da distinguere e localizzare, perché ognuno dei suoi simili potrebbe essere il nemico. Homo hominis lupus è una frase inventata da un altro impero globale, quello romano. Dunque la massima paura dell’individuo di quest’ultimo impero globale, più o meno conscia, è quella di apparire diverso.
Sonia Savioli, estratto da http://www.ilcambiamento.it/editoriale/siate_diversi.html