Filosofi e stagnini

Molti si sorprenderanno del fatto che per iniziativa dell’Unesco, il terzo giovedì di novembre di ogni anno si tenga la Giornata Mondiale della Filosofia.

La celebrazione conferma il momento di popolarità che sembra vivere l’ostica disciplina di Aristotele e Tommaso d’Aquino. In Italia esistono festival dedicati alla filosofia frequentati da un vasto pubblico, alla presenza di pensatori o sedicenti tali, alcuni dei quali divenuti vere e proprie attrazioni assai ricercate dai programmi televisivi di intrattenimento. Molti assessorati alla cultura fanno a gara per avere nei propri eventi almeno una serata con la presenza di filosofi, in genere ben remunerati e interessati a promuovere la pubblicazione della loro ultima prestazione intellettuale, proposta come una pietra miliare del pensiero contemporaneo. Meglio così, naturalmente, l’interesse per la filosofia è positivo anche nella forma frivola e consumista prevalente. E’ un bene che si diffonda una certa simpatia sociale per la filosofia, pur se accompagnata da idee molto vaghe sul lavoro degli studiosi o dalla completa ignoranza di quello di cui si occupano.

Qui sorge l’inevitabile domanda che deve affrontare chiunque studi o abbia passione per la materia: a che cosa serve la filosofia? E’ un quesito che nessuno avanza a proposito della pedagogia, delle scienze della comunicazione o della moda. A volte la domanda è posta con genuino interesse, più spesso nasconde un larvato discredito, l’annoiata degnazione che si riserva a una faccenda divertente, ma del tutto estranea alla vita reale. Nulla di nuovo, se ricordiamo il modo in cui Callicle rimprovera Socrate nel Gorgia di Platone: come può giocare, intrattenersi con la filosofia un uomo della sua età, invece di dedicarsi a cose più serie e profittevoli, come guadagnare denaro o fare carriera politica? Socrate farebbe meglio a lasciare simili sottigliezze a giovani oziosi.

[omissis]

La filosofa inglese Mary Midgley, scomparsa di recente a quasi cent’anni di età, lo spiegò in forma più prosaica ma non meno efficace quando paragonò la professione filosofica a quella dell’idraulico: l’una e l’altra si interessano di cose necessarie, ma non immediatamente visibili.  Non ci si fa caso finché le strutture non si ingorgano o non funzionano: allora serve l’intervento dell’esperto. Se alla fine, come ribatte Socrate a Callicle, non c’è questione più seria della domanda su come dobbiamo vivere, tanto vale pensarci bene, con l’aiuto di filosofi e stagnini.  

Roberto Pecchioli

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Vita longa est, si uti scias

A ciò va aggiunto che gran parte dei giovani non dispongono dei decorsi del dolore e della gioia e questo perché di rado giungono a quel livello che permette loro di riconoscere un sentimento. E’ quindi necessario tornare ad integrarsi attraverso il gesto di ribellione, di una forza prepotente ed ex leges dell’Io, contro le odierne convenzioni sociali. Vivere nell’assoluto presente è de-responsabilizzante giacché il futuro in termini umani non esiste più, non tanto perché non c’è un tempo fisico, ma perché viene meno la sua configurazione. «Il domani è dei giovani» ci dicono, ma non è fattualmente in nostro possesso. «È il regime dell’eterno presente e della desertificazione dell’avvenire. La condanna del presente è il presente come condanna», scrive il filosofo Diego Fusaro.

Claudia Grazia Vismara

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La giustizia secondo Socrate

Alle celebre affermazione del sofista Trasimaco,  secondo il quale la giustizia è il diritto con il quale i forti impongono il loro vantaggio, Socrate obietta che la giustizia esiste: è l’utile del più debole, ed esistono anche i governanti giusti, uomini che si incaricano dell’onere di rendere felici i propri concittadini. Questi non cercano onori e fama, ma accettano di guidare lo stato «per non incorrere nel tremendo castigo di essere governati da chi è peggiore di loro».

La Repubblica di Platone nel bell’allestimento teatrale di Claudio Longhi messo in scena dalla Fondazione San Carlo di Modena il 7 e 9 febbraio 2014 nei video che accompagnano l’articolo: nel primo lo scontro tra Socrate e il sofista, in quello successivo l’intero spettacolo.

Gabriella Giudici