Suggestione di massa

Alcuni passaggi teorizzati da Sigmund Freud in “Psicologia delle masse e analisi dell’Io” ci forniscono un formidabile strumento per analizzare alcuni meccanismi mentali che hanno condotto alla paralisi il Paese, nell’insensato tentativo di eradicare del tutto un virus a bassa letalità. Scrive il padre della psicanalisi, prendendo spunto da alcune riflessioni di Gustave Le Bon: “Osservazioni attente sembrano provare che l’individuo immerso per qualche tempo nel mezzo di una massa cada in uno stato particolare, assai simile allo stato di fascinazione dell’ipnotizzato nelle mani dell’ipnotizzatore. La personalità cosciente è svanita, la volontà e il discernimento aboliti. Sentimenti e pensieri vengono orientati nella direzione voluta dall’ipnotizzatore”.

Secondo Freud, l’effetto che la suggestione di massa determina sul singolo è tale da offuscare ogni capacità critica, inducendolo a “orientare i sentimenti e le idee a senso unico, con la tendenza a trasformare immediatamente in atti le idee suggerite da altri. Egli non è più se stesso, ma un automa, incapace di essere guidato dalla propria volontà”. Ora, mi sembra evidente che nella presunta ipnosi di massa che stiamo subendo da oltre un anno, come sempre accade in analoghe situazioni, alcune parole, ripetute come in modo martellante da politici di governo, virologi ed esponenti dell’informazione, risultano del tutto funzionali. Parole in gran parte desunte dal quotidiano bollettino di guerra che scandisce questa infinita emergenza sanitaria. Covid, morti, terapie intensive, ricoveri, contagi, tamponi, mascherine, assembramenti, distanziamento, vaccino e lockdown sono solo alcuni dei termini che evocano la fine dell’umanità nella testa dei più, facendo loro accettare e seguire con diligenza le norme più insensate.

Si tratta di milioni individui che, proprio a causa del sovrastante clima di continuo allarme, hanno dato corpo ad una enorme massa emotiva la quale, avendo abolito ogni capacità critica, si comporta come un gregge terrorizzato dai lupi. In tal senso, a beneficio di chi possiede ancora un barlume di razionalità, ritengo che l’unico antidoto contro questa colossale suggestione di massa sia possibile trovarlo nella attenta lettura dei dati relativi alla pandemia in atto. Cosa, peraltro, che mi sembra che su questo giornale si cerchi di fare sin dall’inizio di questa tragedia sanitaria.

Ebbene, in tema di morti e di mortalità generale, che in verità nel 2020 ha registrato un aumento importante, il 15,6 per cento, ma non catastrofico. Un aumento, occorre sottolineare, che solo in parte è stato attribuito al Covid-19, dal momento che tante altre gravi patologie sono state trascurate nel caos di una epidemia descritta come la peste bubbonica. Quest’anno però, malgrado le centinaia di decessi che ogni giorno vengono divulgati attraverso il citato bollettino, la stessa mortalità generale risulta, almeno nei mesi di gennaio e febbraio, assolutamente in linea con quella del quinquennio 2015/2019. Addirittura nel 2017 si registrarono nello stesso bimestre 134.917 decessi contro i 126.866 del 2021. Dunque è probabile che per molti dei poveretti che ci lasciano, risultati positivi al Sars-Cors-2, la causa primaria del decesso vada ricercata altrove.

A conferma di ciò mi sembra illuminante la risposta che l’ex capo del Comitato tecnico/scientifico, Agostino Miozzo, dette tempo fa su Rai Tre a Lucia Annunziata, la quale chiedeva lumi circa il record di morti registrato in Italia: “Noi siamo rigorosi nel denunciare tutti coloro che muoiono con il Covid e li categorizziamo morti da Covid, per Covid. Comunque, tutti Covid positivi”. Ergo, dal momento che il virus si è oramai diffuso in ogni angolo d’Italia, tant’è che l’Oms stima il numero effettivo dei contagiati fino a 20 volte superiore a quello ufficiale, il numero dei decessi attribuiti giornalmente al Covid-19 appare sempre meno attendibile. Un simile ragionamento dovrebbe valere per chi rischia sul serio di finire in terapia intensiva o peggio, ovvero gli anziani e i portatori di gravi e gravissime patologie. Infatti, al 30 marzo 2021 risultano 106.789 pazienti deceduti Sars-Cov-2 positivi. Di questi 1.188 sotto i 50 anni (l’1,1 per cento) e addirittura 282 con meno di 40 anni (lo 0,26 per cento), in maggioranza affetti di gravi e gravissime patologie pregresse.

Adesso, tutto questo ci deve spingere verso la palude del negazionismo preconcetto? Niente affatto. Da tali, semplici valutazioni dei numeri della pandemia, che chiunque in possesso di un collegamento internet è in grado di estrapolare, è possibile uscire dal vortice emozionale di una suggestione collettiva che impedisce ai più di farsi una idea più equilibrata di questa brutta malattia. Una idea la quale, se dovesse prendere piede, potrebbe spingere le autorità preposte a prendere misure assai più ragionevoli, sul modello della Svezia e di altri Stati aperturisti. Perché, e qui concludo, continuando a paralizzare il sistema con le attuali regole, il Paese non riuscirà più ad estrarre le risorse necessarie per occuparsi di chi soffre o soffrirà in futuro di altre serie malattie, anche peggiori del Covid-19.

Claudio Romiti in http://www.opinione.it/editorial

Igienismo

La presunta “crisi” causata dal Covid ha permesso il dispiegamento di un arsenale sanitario, ma soprattutto emotivo e mediatico alla cui base si trova un meccanismo ricattatorio e colpevolizzante: “la gente muore perché tu non metti la mascherina”. Derogare ai capricci normativi della dittatura sanitaria è non solo un reato, ma prima di tutto un peccato.

Lo Stato terapeutico e igienista è il vettore dell’asepsi della vita sociale, l’ambizione a eliminare ogni rischio, ogni malattia, ogni contaminazione e, in definitiva, la morte. Le facce intabarrate nel tessuto sono una negazione delle relazioni umane, il volto dell’altro diventa irriconoscibile e la comunicazione perde la sua immediatezza.

Le norme anti-Covid sono la perfetta prosecuzione (e il completamento) del rapporto ossessivo che la nostra società intrattiene col corpo e che si esprime mediante diete fanatiche, chirurgia estetica, allenamento sportivo e fissazioni su difetti fisici immaginari.

L’egoismo che innerva ogni forma di salutismo è esploso. Si preferisce sacrificare la vita relazionale a vantaggio della propria vita biologicaSeppellirsi in casa è diventato più desiderabile di una vita all’aria aperta. L’isteria che circonda il virus è sintomo di un forte e malsano timore della realtà, che si esprime nella volontà, come già detto, di schedare, tracciare e sanificare.

L’igienismo è anch’esso un’espressione del progressismo: il sogno di un mondo senza conflitti, persino senza quelli tra i batteri e il nostro sistema immunitario. Un mondo dove non esistono ombre, in cui è possibile ricostruire ogni movimento. Le élites transnazionali che detengono le leve del potere politico, economico e mediatico hanno paura dei popoli, soprattutto dopo l’ascesa di Trump e dei populismi, e il miglior modo per rendere qualcosa meno spaventoso è dominarlo. Hanno inculcato al popolo il terrore del virus cinese, sobillando la paura a derogare alle norme, minacciando ecatombi, diffondendo immagini di malati e così via. Il Coronavirus è uno specchietto per allodole.

La crisi sanitaria farlocca è un’accelerazione verso un futuro di individui dall’espressività facciale mutilata dalla mascherina, chiusi in casa, soli, gonfi di ansie, ripiegati sulle proprie paure, con scarse occasioni mondane, ridotte possibilità di incontrare l’altro sesso le cui uniche relazioni avvengono per procura, tramite dispositivi digitali.

Il progresso avanza ed è lo zero assoluto di una vita sociale e pienamente umana.

SEPPELLITI IN CASA – L’IGIENISMO, IL PROGRESSISMO E LA DITTATURA SANITARIA (di Davide Cavaliere)

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/l-igenismo-il-progressismo-e-la-dittatura-sanitaria

Siate diversi!

Noi esseri umani siamo animali di branco e, per gran parte della nostra storia, in branco siamo vissuti, che si chiamasse tribù, comunità, villaggio, famiglia allargata. Le divisioni sociali, le guerre, i conflitti, la competizione hanno minacciato, deteriorato e spesso distrutto completamente tribù e comunità ma, fino alla società industriale, resistevano i villaggi e la famiglia allargata e anche una buona parte di comunità rurali. La società industriale ha intaccato pesantemente le comunità rurali rimaste, ha ristretto le famiglie; la società global-consumistica le ha annullate: distruggendo con esse ciò che rimaneva di comunicazione, trasmissione dei saperi, collaborazione, sistemi di valori condivisi.

L’essere umano della cosiddetta società post industriale vive nella confusione mentale, morale e spirituale alimentata ogni giorno dai potenti mezzi di persuasione di massa in mano al potere economico. Dalla televisione a internet (ormai, con i cellulari, incorporato come una protuberanza elettronica della mano) con le sue cosiddette “reti sociali”, tutto contribuisce a privare l’essere umano della capacità di osservazione, riflessione, deduzione; ad alienarlo dalla realtà, dalla comunicazione spontanea e sincera, reale, diretta con gli altri esseri umani; ad alienarlo dal proprio stesso spirito, inducendolo ad imitare atteggiamenti, espressioni, linguaggio dei “personaggi” falsi e costruiti che vede in televisione. Atrofizza la sua anima, inducendolo a una continua competizione e ricerca di ciò che gli viene indicato come il “successo” e, in tale frenetica ricerca di esso in tutti i campi, si esaurisce l’immaginazione, la fantasia, l’osservazione, la capacità di meditazione (non quella che si compra ma quella che un tempo era appannaggio di tutti).

Nella società capitalistica globale le masse umane, composte non più di comunità partecipi e solidali, in cui ci si conosce, ci si apprezza o compatisce, si scambia e si collabora materialmente e spiritualmente (il branco), diventano mandrie. Con dei pastori inflessibili e occhiuti, onnipresenti e attenti, ma che essi non vedono.

Non li vediamo, i nostri padroni. I padroni delle grandi imprese multinazionali, i padroni degli organi di stampa e dei governi, delle televisioni e di internet, noi non li vediamo. Al massimo vediamo i loro cani da pastore, coloro che ne svolgono le veci e che ci guidano, ci spingono, ci persuadono: governi e media.

Ma loro ci vedono e dirigono il nostro cammino e, come tutti i componenti di una mandria, noi andiamo dove tutti vanno.

Perché si comporta così la mandria?

Gli animali di gregge, mandria ecc. si comportano così perché sono prede ed erbivori: hanno bisogno di grandi spazi aperti ma anche di protezione. Hanno scelto questa strategia: essere in tanti, rimanere sempre tutti assieme, muoversi tutti nella stessa direzione. Ognuno di loro sa che la sopravvivenza dipende dal confondere il predatore con il grande numero in movimento e, soprattutto, dal non farsi notare dal predatore: dal non apparire diverso, dal non fare nulla di diverso da tutti gli altri.

Il fatto è che l’essere umano della società globale di dominio e competizione è talmente solo, spaventato, aggressivo o aggredito, insicuro, da essere indotto ad agire come un animale di mandria. Dato che si sente costantemente sotto l’occhio del predatore, e di un predatore impossibile da distinguere e localizzare, perché ognuno dei suoi simili potrebbe essere il nemico. Homo hominis lupus è una frase inventata da un altro impero globale, quello romano. Dunque la massima paura dell’individuo di quest’ultimo impero globale, più o meno conscia, è quella di apparire diverso.

Sonia Savioli, estratto da http://www.ilcambiamento.it/editoriale/siate_diversi.html

Effetto Dunning-Kruger

Per contrasto, le persone molto competenti sottovalutano le loro capacità, e soffrono di inferiorità illusoria. Questo causa una situazione viziosa, in cui le persone incompetenti si considerano molto superiori alle persone veramente competenti. Il fenomeno spiega anche perché la competenza vera possa indebolire la fiducia in se stessi, in quanto le persone competenti presumono, errando, che gli altri abbiano un livello di comprensione e abilità almeno equivalente al loro. La distorsione cognitiva degli incompetenti deriva da un errore di valutazione di se stessi che può portare a svalutare gli altri, mentre quella dei competenti deriva da una valutazione errata degli altri che può portare a svalutare se stessi.
L’ignoranza genera fiducia più spesso della conoscenza. – CHARLES DARWIN (naturalista e geologo britannico)
Elevando al cubo la distorsione cognitiva dell’incompetente entriamo nell’incubo: un incompetente fa rete con altri suoi simili e insieme cominciano a diffondere, in modo virale, idee campate in aria sgorgate dalla loro incompetenza. Per rafforzarsi, inconsapevolmente, sostengono che chi non la pensa come loro è in malafede, al soldo di qualche occulto gruppo d’interesse.

Gianluca Magi , I 64 enigmi, Sperling & Kupfer, p.115