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È proprio in questi decenni di pedagogismi proliferanti che l’insegnamento viene espropriato del suo tratto magistrale, che i programmi scolastici vengono privati dei loro contenuti fondamentali, che gli insegnanti stessi vengono sviliti a categoria sociale derelitta, malpagata, screditata, emarginata, a un branco di vecchi «sfigati».
Non ci si deve, perciò, stupire che i genitori prendano sempre più spesso partito per i figli nei conflitti con gli insegnati. La rottura dell’alleanza scuola famiglia è il prodotto della distruzione storica di entrambe. Il padre che abbia perso il rispetto per l’insegnante del proprio figlio è, infatti, con tutta evidenza, un genitore che ha già perso il rispetto di se stesso.
La situazione attuale, per l’insegnamento della geografia, è questa: nel biennio dei tecnici commerciali si insegna tre ore a settimana nel biennio, mentre nei tecnici turistici si insegna anche nel triennio, 2 ore a settimana. Nei tecnici industriali e negli istituti per geometri si insegna un’ora a settimana, a scelta nel primo o nel secondo anno. Nei licei scientifici e classici c’è la geostoria, tre ore a settimana al biennio: ma trattandosi di una materia «a metà» nella maggior parte dei casi la geografia viene fagocitata dalla storia, tanto più che ad insegnarla sono i professori di lettere. Alle primarie c’è un’ora alla settimana, così come alle medie. «Stiamo lavorando sulle macerie», sintetizza Canesi.
Rincara Garofalo: “Troppo spesso la GEOGRAFIA nelle scuole medie è sacrificata dai docenti di area umanistica in favore delle altre due discipline da questi insegnate: Italiano e Storia.
I risultati dell’ignoranza in materia spaziale e geografica sono evidentissimi al primo anno di accesso alle scuole superiori. Al fine di non ridurre la disciplina della Geografia a ruolo di ancella e subordine rispetto ad altre materie e per la migliore offerta formativa degli studenti si chiede che la GEOGRAFIA nelle scuole secondarie di primo grado venga affidata ai docenti specializzati della c.d.c. A039 per non meno di 2 ore settimanali. Stop quindi anche all’atipicità A039 nelle scuole superiori!
Personalmente devo dire che la geografia ha segnato abbastanza profondamente il mio curriculum scolastico: alle elementari atlanti e carte geografiche mi hanno sempre affascinato; alle medie facevamo in classe un gioco a quiz e io concorrevo per la geografia (cfr. anche nota); alle superiori c’era 1 ora settimanale di geografia al ginnasio; all’università il mio primo esame è stato “Storia delle esplorazioni geografiche”, come complementare e Geografia, come fondamentale; la tesi l’ho fatta in “Topografia dell’Italia antica”; l’abilitazione all’insegnamento di materie letterarie ancora in Geografia, naturalmente!
Ma perché l’ignoranza della geografia può essere fatale (specialmente quando si parla di politica)?
Vedete quel puntino rosso in alto a sinistra? E’ il territorio russo dell’Oblast’ di Kaliningrad tra la Polonia e la Lituania;tecnicamente in geografia si chiama exclave, il che significa che appartiene ad uno stato diverso da quelli che lo circondano (tutti territori UE), e precisamente a quello stato in bianco che occupa tutto il resto della carta.
Per chi non avesse ancora indovinato questo stato si chiama Russia che vi può accedere quando vuole dal Mar Baltico.
Chi non avesse ancora capito il sottinteso dia un’occhiata a quello che ha fatto la Russia dal Mar Caspio : https://terzapaginainfo.wordpress.com/2015/10/07/un-po-di-geografia/
Proprio qui, però, si manifesta il nodo più sconvolgente. Un marziano si aspetterebbe che gli insegnanti, che hanno scelto un mestiere che ha a che fare con le idee, la cultura, l’educazione, posti di fronte a simili schede, rifiutassero semplicemente di prenderle in considerazione, con un grilliano «vaffa» nei confronti di chiunque, dal ministero in giù, volesse loro imporle, o che, quanto meno, le facessero compilare ad uno di loro in maniera rapida e meccanica, dando ad esse il nessun peso che meritano. Abbiamo notizie che in qualche caso le cose sono andate proprio così. Ma si tratta di casi isolati. Lo spettacolo che solitamente si presenta ha dell’incredibile: insegnanti che si lasciano via via coinvolgere in discussioni e diatribe su simili compilazioni. La frequenza scolastica dell’allievo (altra voce da compilare) è «assidua», «regolare», o «saltuaria»? C’è già registrato, sul tabellone dello scrutinio il numero di assenza per ciascuna materia, una nuda cifra che non ha bisogno di chiose. Ma spesso succede che un insegnante propone di barrare, per un certo allievo, la casella della frequenza «regolare», e subito un altro, che constata un numero maggiore di assenza per la propria materia, reagisce (specie se in pregressa dissintonia psicologica con il primo) dicendo «Ma come! La frequenza non è regolare, è saltuaria!», e giù a discutere. Abbiamo assistito di persona ad una discussione, riguardo ad un allievo, se in riferimento al suo metodo di studio dovesse venire barrata la casella «ordinato», oppure quella «organizzato» (sic!).
estratto da http://www.appelloalpopolo.it/?p=13821#
Consigliamo caldamente la lettura di TUTTO l’articolo a chi vuol farsi l’idea di cosa è diventata la scuola, ma anche agli insegnanti che credono nella sua resurrezione!
Un genere in estinzione, credo. I due proposti qui sono stati girati negli anni ’70 in super8 sonoro in due classi del liceo Scientifico di Bondeno (FE)
“ Le democrazie hanno grandi risorse di intelligenza e di immaginazione. Ma sono anche esposte ad alcuni seri rischi: scarsa capacità di ragionamento, provincialismo, fretta, inerzia, egoismo e povertà di spirito. L’istruzione volta esclusivamente al tornaconto sul mercato globale esalta queste carenze, producendo un’ottusa grettezza e una docilità –in tecnici obbedienti e ammaestrai – che minacciano la vita stessa della democrazia, e che di sicuro impediscono la creazione di una degna cultura mondiale.
Se non insistiamo sul valore fondamentale delle lettere e delle arti, queste saranno accantonate, perché non producono denaro. Ma esse servono a qualcosa di ben più prezioso, servono cioè a costruire un mondo degno di essere vissuto…”
“Non per profitto –Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica” di Martha C. Nussbaum
Sarà per questo che la Fabbri ha fatto uscire in questi giorni una collana dedicata ai classici latini e greci?
Convinto di mettere in atto le sue idee progressiste con una grande conversione aziendalista, nel 1997 Berlinguer disarticola il sistema scolastico, assimilando le singole scuole ad aziende che, d’ora in poi, lustreranno la propria immagine ciascuna con un proprio piano di offerta formativa. L’uomo vende la sua riforma come progressista nel nome della “autonomia”, una parola che seduce, perché evoca spruzzi e sprazzi di democrazia diretta e libertà da pastoie burocratiche, ma che in realtà maschera il disimpegno dei governi iperliberisti dal finanziare il sistema-scuola. L’autonomia allontana le singole scuole da ogni progetto educativo nazionale e dai contenuti culturali vincolanti per l’insegnamento; fa balenare, sia pure in prospettiva, i finanziamenti privati ed elude i controlli sulla preparazione di docenti e allievi.
A disinteressarsi della sua preparazione culturale e a valutare da sé i propri risultati il docente mediocre si sente finalmente legittimato dall’autonomia scolastica berlingueriana. Non più guidato da un progetto educativo nazionale, svincolato da ogni contenuto disciplinare da parte del ministero, malpagato e senza alcuna considerazione sociale, assillato e plagiato dalla lobby pidiessina dei pedagogisti accademici, il docente è invogliato, o costretto, a ritagliarsi un’immagine positiva affaccendandosi nel nulla di scartoffie, di griglie, di funzioni aggiuntive e di formule valutative demenziali. Vuoti organi collegiali e dirigenti selezionati tramite i quiz di produzione brussellese impongono al docente adempimenti burocratici insulsi e del tutto inutili. La cancellazione dei criteri nazionali condivisi di quali siano i saperi essenziali finisce col coprire gli insuccessi educativi, perché non consente più al docente di capire chi è l’allievo preparato e chi lo è meno.
Fin qui Luciano Del Vecchio in http://www.appelloalpopolo.it/?p=12973
In sostanza, la “Buona Scuola” proposta dal governo sarà fondata su competenza, metodi e saper fare invece che su conoscenza, contenuti e sapere. In pratica la scuola non sarà più il luogo della cultura, della mediazione, della cooperazione o della trasmissione della memoria collettiva. Sarà, invece, il luogo della competizione, del consumo e della rapidità.
Per rendersene conto, è sufficiente leggere le 136 pagine del progetto. Qui manca ogni accenno alla didattica, alla pedagogia e al diritto allo studio. Manca ogni aggancio alla Costituzione repubblicana e ai concetti di uguaglianza e di accesso all’educazione statale. Sembra passato inosservato il fatto che nel titolo del ministero dell’Istruzione sia scomparso, già da molto tempo, il termine “Pubblica”.
Il fine principale, e unica intenzione concreta e dichiarata, è la compressione dei salari con la limitazione della spesa, la modifica dello statuto giuridico dei docenti, l’introduzione della competizione tra insegnanti, della mobilità territoriale, della flessibilità delle mansioni. E poi l’introduzione della tecnologia e delle imprese. Tutti i docenti sono destinati a competere tra loro, a guadagnare meno e produrre di più. Solo i dirigenti, ossia i presidi, non subiranno decurtazioni dello stipendio.
Il meccanismo meritocratico che organizza la progressione di carriera dei docenti, come quasi tutti i sindacati hanno provato con calcoli e proiezioni, in realtà porta la categorie ancora più indietro rispetto le medie europee ed è uno specchietto per le allodole, per tutti coloro che credono al mito dell’”insegnante fannullone” e ritengono che 60 euro al mese siano sufficienti a riformare la classe insegnante e motivarla a produrre impegno, dedizione e rinnovamento.
Il fine principale, come vogliono la logica neoliberista e gli interessi di mercato che guidano le scelte finanziarie europee, è quello di deprimere la massa dei lavoratori e fidelizzare, gratificandola, l’élite dei dirigenti. D’altro canto, un rapporto OCSE del 1996 già auspicava che gli insegnanti fossero ridotti al semplice rango di “prestatori di servizi educativi”. E, di conseguenza, le scuole diventeranno un luogo di controllo sociale ed economico.
estratto da http://www.appelloalpopolo.it/?p=12720
al link http://www.minimaetmoralia.it/wp/la-pagliacciata-della-scuola/
trovate un articolo che riporto integralmente nella speranza di una maggior diffusione; vorrei aggiungere che, con lo stesso eccellente curriculum, ho conosciuto docenti più fortunati (perché in un altra classe di concorso) che sono finiti ad insegnare nella scuola media (i cui standard sono ormai all’analfabetismo, quando non si aggiungono altri problemi più gravi)
di Christian Raimo
Stamattina alle 6 e 50 circa ero alla stazione Termini: ho acquistato una copia di Repubblica e ho preso al volo il treno per Frosinone che stava partendo. Sulla prima, la seconda e la terza di Repubblica campeggiava un lungo pezzo con le prime linee guida, le anticipazioni come dire sulla “rivoluzione non una riforma” della scuola che il ministro Giannini e il premier presenteranno venerdì. «Renzi ha annunciato una sorpresa e non sono qui per rovinarla»: Concita De Gregorio era ieri a Rimini e ha raccolto le dichiarazioni del ministro dell’Istruzione alla platea di CL.
Il titolo di Repubblica non faceva la tara all’enfasi di governo: Rivoluzione scuola, ecco il piano. “Meritocrazia e apertura ai privati”. E anche nell’articolo di De Gregorio venivano prese per buone le parole del ministro: “L’abolizione del precariato, anzi «la cura definitiva della piaga del precariato» calcificato da decenni di alchimie burocratiche. Eliminare il ricorso alle supplenze «agente patogeno del sistema scolastico, batterio da estirpare»”. Leggevo questo lungo pezzo mentre guardavo dal finestrino scorrere Ferentino e Colleferro, diretto alla stazione di Frosinone, dove mi aspettava un mio amico in macchina che mi avrebbe dato un passaggio all’USR (Ufficio Scolastico Regionale, l’ex-provveditorato) di Frosinone.
Proprio oggi infatti alle 9 ci sarebbe stata l’assegnazione delle cattedre – l’immissione in ruolo – per i vincitori del concorso del 2012 per diverse classi (ossia materie): lingue, storia dell’arte, pedagogia e anche filosofia e storia per i licei – la A037. La mia.
Sia io che il mio amico abbiamo vinto il concorso l’anno scorso: concorso che bandiva per 780 candidati in filosofia e storia per i licei circa 26 posti in tutta la regione Lazio. Pochi, uno direbbe, tenuto conto che l’ultimo concorso c’era stato nel 1999 e ogni anno si assegnavano decine di cattedre con supplenze annuali.
Comunque io e lui ci siamo abilitati entrambi alla SSIS con il massimo dei voti, abbiamo passato con agio la preselezione, e l’anno scorso abbiamo preso entrambi 38 su 40 allo scritto e 40 su 40 all’orale dell’esame finale, al concorso. Io sono arrivato undicesimo in graduatoria, lui secondo (giustamente, perché ha un dottorato e varie pubblicazioni scientifiche più di me): vincitori. In realtà entrambi, quando l’anno scorso avevamo visto i risultati, ci eravamo chiamati perché volevamo festeggiare con una birra che fosse gemella a quella che ci prendemmo, da sconosciuti, un po’ più giovani ma mica tanto, nel settembre di qualche anno fa quando andammo a vedere i risultati dell’ammissione alla SSIS (lì la selezione era circa 20 su 350): eravamo convinti entrambi l’anno scorso che, saputo il risultato del concorso verso fine luglio, ci avrebbero assunto per l’anno scolastico 2013-2014.
In realtà non fu così: all’USR del Lazio dissero che per ritardi di lavoro, per pastoie burocratiche e altri guai simili, non riuscivano a incardinare nessuno dal concorso appena concluso e le cattedre disponibili vennero assegnate a chi era nelle graduatorie a esaurimento o ai supplenti annuali.
Ma quest’anno era diverso: il ministero dell’Istruzione aveva fatto sapere che quest’anno invece si recuperava – più assunzioni dal concorso a colmare anche le mancanze dell’anno scorso, questa era la voce sia ufficiosa che ufficiale. Certo doveva coordinarsi con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ma sembrava chiaro che per il 2014-2015 l’andazzo sarebbe stato diverso: Renzi aveva esplicitato messo tra le sue priorità la scuola, e anche i sindacati battagliavano perché ci fosse un reale cambio di passo rispetto ad assunzioni, selezione docenti, svecchiamento, etc…
Tra luglio e agosto sono arrivati i decreti. Molto difficili da spulciare, spesso in contraddizione tra loro; a leggerli e rileggerli però, quelli che ci riguardavano, a me e questo mio amico è venuta una sensazione di spaesamento prima e di disagio dopo. Detta semplice: le cattedre di filosofia e storia che il Ministero dell’Istruzione metteva a disposizione per i vincitori del concorso erano, in tutto il Lazio, dieci: nessuna a Roma, sette nella provincia di Roma (tra Anzio, Pomezia, Civitavecchia, Maccarese), una a Amatrice, due nella provincia di Viterbo (Civita Castellana e Nepi).
Di queste dieci cattedre in realtà soltanto per quattro il Ministero dell’Economia e delle Finanze aveva stanziato dei fondi. E di queste quattro in realtà soltanto tre potevano essere assegnate (andando una di diritto a un riservista, non vincitore di concorso).
Insomma stamattina, in una stanzetta accaldata dell’USR di Frosinone (sede distaccata alla quale è stato dato incarico di gestire le immissioni in ruolo della A037), io e il mio amico abbiamo toccato con mano il risultato del concorso 2012, quello voluto fortemente dall’ex ministro Profumo al grido di “mai più graduatorie”.
Il concorsone – quasi ottocento candidati, tre fasi di selezione, centinaia di selezionatori reclutati per svolgere le procedure… – ha prodotto per la mia classe di concorso in tutto il Lazio tre posti: uno a Maccarese, uno a Pomezia, uno a Civitavecchia.
Tre posti, in due anni, in tutto il Lazio – lo riscrivo.
Il resto delle cattedre verrà assegnato come ogni anno: attraverso graduatorie d’istituto, supplenze provvisorie, il solito caos, i soliti precari che arrivano a essere ormai ultracinquantenni.
Mentre il funzionario dell’USR sbuffava ripetendo per l’ennesima volta frasi in codice del tipo che “solo chi matura Frosinone può scegliere la sede”, evitando qualunque risposta minimamente esaustiva alle domande che gli venivano poste (ci saranno altre convocazioni? perché non vengono messe a disposizione altre cattedre anche se sappiamo che ci sono molte vacanze? in caso di pensionamenti ci saranno chiamate ad hoc dopo settembre?…): “Io sono solo un esecutore”; io mi ricordavo le parole che avevo sentito alla radio qualche giorno fa da Renzi (“La scuola è un asset proritario”) e mi sfogliavo e risfogliavo le pagine di Repubblica dove la Giannini dichiarava che la rivoluzione avrà come criterio di selezione la meritocrazia e «Ci sarà entro l’anno prossimo un nuovo concorso». Altre centinaia di migliaia di candidati, altri mesi per svolgere tutte le pratiche, altre migliaia di persone che si prepareranno senza uno straccio di programma e senza capire quali sono i criteri di valutazione. Con il Ministero dell’Economia che elargirà qualche spiccio, mentre altre interviste di Renzi e Giannini sproloquieranno che non ci sono tagli, anzi.
E diciamo di più. Perché il concorsone 2012, pare, avesse validità triennale. E quindi, facciamo un’ipotesi come si dice di scuola: zero assunzioni nel 2013, tre assunzioni nel 2014, mettiamo altre tre nel 2015, e poi? Il concorso scade? I restanti venti vincitori di concorso si terranno la gloria di aver fatto 46 su 50 ai quiz preselettivi?
Ho aspettato il mio amico che scegliesse la sua cattedra: Civitavecchia, c’è un treno la mattina un po’ dopo le sei dove ci si può portare la bicicletta, un altro nostro amico ci ha insegnato per un paio d’anni. Gli ho fatto gli in bocca al lupo più sinceri. Se li merita tutti, sarà un bravissimo insegnante. Poi, visto che era nemmeno ora di pranzo ci siamo detti che per la birra comunque aspettiamo un’altra volta per prendercela.