Per ragioni professionali ho sempre seguito il Censis e il suo rapporto annuale e quest’anno scopro che il sovranismo è diventato un disturbo mentale
(Non è un fake. Qui il link alla pagina).
Saltate la pubblicità che la Treccani insiste a tenere!
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Quelli che proprio mi fanno morire sono quelli che, nel nome della ‘soluzione d’insieme’, della ‘visione globale’, pensano di saltare a piè pari le politiche locali o nazionali.
Su una grande quantità di temi (immigrazione, ecologia) una parte ampia di pensiero sedicente progressista pensa di stare già all’altezza di questi grandi temi una volta che hanno invocato una ‘soluzione globale’.
E su questa base guardano con disprezzo alle piccinerie locali o nazionali, perché loro sì che c’hanno l’occhio lungo: loro sanno che la soluzione o è globale o non è.
Una volta che si sono messi in questa posizione panoramica sono soddisfatti: il punto di vista è quello giusto, il resto sono dettagli, e chi si attarda a discuterli è un reazionario.
Certo, poi quando gli chiedi chi è che dovrebbe porre questi problemi globali in una dimensione globale nell’interesse globale, beh, le risposte sono vaghe, evasive, spesso la domanda stessa viene vissuta come una provocazione: “Insomma, io ti ho dato la cornice giusta, se poi insisti sui dettagli sei un provocatore.”
Quei pochi che accettano la domanda abbozzano cose patetiche come “la Comunità Internazionale”, l’ONU, l’UE.
Il meccanismo mentale qui è per me di particolare interesse, perché questi soggetti applicano (credo inavvertitamente) un’antica lezione marxiana, ma lo fanno solo per una metà, quella comoda.
Marx infatti è il pensatore che ha insegnato al mondo occidentale a pensare in termini di strutture sociali complessive, guardando al ‘sistema’.
Solo che poi Marx andava sempre anche a vedere come funzionava il sistema reale, nella storia corrente, e solo a quel punto suggeriva soluzioni.
Questi invece si limitano alla parte comoda, allo sguardo panoramico, che ha anche il vantaggio di far sentire superiori al volgo coinvolto nei dettagli della vita di tutti i giorni. E sbottano impazienti rispetto a quelli che insistono a capire come quella ‘volontà generale’ dovrebbe diventare ‘volontà operativa’. Son dettagli che turbano la loro serenità e comunque l’unica cosa di cui sono certi a priori è che la risposta non può certo essere quella bruttura storica che è lo Stato-nazione
Fonte: Andrea Zhok
il modello politico propugnato dal gruppo dirigente contiguo a Vladimir Putin in Russia è percepito, dalle classi popolari dei Paesi della Ue, come estremamente più democratico del modello di “liberalismo reale” promosso dal ceto dirigente sistemico, di centrodestra e di centrosinistra, rappresentato da personaggi quali Cameron, Hollande, Berlusconi, Sarkozy, Merkel e Renzi. In questo senso, è perfettamente comprensibile il voto massivo di operai, impiegati (un iscritto su quattro al sindacato francese Cgt, politicamente su posizioni di sinistra, per dichiarazione stessa del segretario generale della nominata centrale sindacale “rossa”, Philippe Martinez, «vota per il FN»), piccoli e medi imprenditori e disoccupati, ossia i cosiddetti “defraudati”, “marginalizzati” e “sradicati” dai processi di globalizzazione, ai partiti europei cosiddetti “populisti”, dal Front National al FIDESZ; partiti, questi ultimi, apertamente favorevoli all’innesco di una serie di dinamiche di risovranizzazione (politica, economica, culturale, monetaria e, in parte, anche militare) degli Stati nazionali del “Vecchio Continente” (naturalmente, occorre tener presente che una prospettiva deglobalizzatrice immaginata in chiave esclusivamente nazionalistica non conduce da alcuna parte in quanto genera, nel periodo medio lungo, ripiegamento localistico e chiusura sciovinistica, se non viene coniugata in un’accezione eurasiatista, ossia di costruzione di un vero e proprio blocco geopolitico continentale, costruito su basi culturalmente tradizionali ed economicamente solidaristiche, cooperativistiche e socialiste, ma va tenuto presente che la critica “nazionalistica” del capitalismo odierno è assai più in sintonia con i sentimenti, le esigenze e le aspettative delle classi popolari rispetto alle confusionarie velleità progettuali degli altermondialisti, new global, “dirittumanisti” e femministe, fautori di una lacrimevole e parolaia critica del liberismo economico ma sostenitori del nomadismo e del cosmopolitismo di indistinte “moltitudini desideranti” in ambito culturale).