La classifica Censis delle università italiane

Roma, 3 luglio 2017 – La nuova edizione della Classifica Censis delle Università italiane. Anche quest’anno sono disponibili le classifiche delle università italiane elaborate dal Censis e divenute ormai un appuntamento annuale a supporto dell’orientamento di migliaia di studenti pronti a intraprendere la carriera universitaria. Si tratta di un’articolata analisi del sistema universitario italiano attraverso la valutazione degli atenei (statali e non statali, divisi in categorie omogenee per dimensione) relativamente alle strutture disponibili, ai servizi erogati, al livello di internazionalizzazione e alla capacità di comunicazione 2.0. A questa classifica si aggiunge il ranking dei raggruppamenti di classi di laurea triennali e dei corsi a ciclo unico rispetto alle dimensioni della progressione in carriera e del grado di internazionalizzazione. Complessivamente si tratta di 40 classifiche, che possono aiutare i giovani e le loro famiglie a individuare con consapevolezza il percorso di formazione migliore.

Tornano a crescere le immatricolazioni. Il picco di immatricolati alle università italiane si era registrato nell’anno accademico 2003/04 (337mila nuovi iscritti). Dopo di allora si è verificato un calo che si è protratto fino al 2013/14, con una riduzione complessiva nel periodo del 20%. Nell’a.a. 2015/16 (276mila immatricolati) si ha, per il secondo anno consecutivo, una lieve crescita (+1,9%, circa 6mila immatricolati in più, dopo il +0,8% registrato nell’anno precedente, in cui si era invertito il trend).

I mega atenei statali. Tra i mega atenei statali (quelli con oltre 40.000 iscritti) mantiene la prima posizione in graduatoria l’Università di Bologna, con un punteggio complessivo di 92,0. Segue l’Università di Firenze (88,2) che guadagna una posizione rispetto all’anno precedente, acquisendo, tra l’altro, 6 punti nella comunicazione e nei servizi digitali. Terza e quarta posizione per l’Università di Padova e l’Università di Roma La Sapienza, che oltre a migliorare il loro punteggio nella comunicazione e nei servizi digitali guadagnano rispettivamente 4 e 1 punti nel livello di internazionalizzazione. Ultima in classifica tra i mega atenei è, come lo scorso anno, l’Università di Napoli Federico II. Penultima l’Università di Catania, che guadagna una posizione. L’Università Statale di Milano, infine, si conferma terz’ultima.

Più in dettaglio. Questi sono i principali risultati dell’edizione 2017/2018 della Classifica Censis delle Università italiane. Le graduatorie possono essere esaminate nel dettaglio nella sezione del sito del Censis (www.censis.it), dove si possono interrogare in funzione dei personali obiettivi e percorsi di studio. Sul sito sono consultabili anche le classifiche della didattica delle lauree triennali e magistrali a ciclo unico (raggruppate rispettivamente in 15 e 6 aree disciplinari) ed è disponibile la metodologia utilizzata per la classificazione.

 

Universitaly

Universitaly di Federico Bertoni è un saggio politico. Il suo oggetto immediato è la metamorfosi inquietante dell’università pubblica in Italia; ma, come in ogni vero esercizio saggistico, l’oggetto è in realtà pretesto per un discorso più generale. Bertoni, mentre discute di università e di ricerca, sta in realtà costringendo il lettore a riflettere su una questione di fondo, inaggirabile benché ovunque elusa: se si manomettono le forme istituzionali di educazione pubblica di massa è la qualità stessa della nostra democrazia a essere a rischio. Questo è il nodo attorno a cui il saggio ruota. E il decalogo che chiude il volume – le dieci pratiche di resistenza a cui il testo invita – andrebbe letto come un piccolo manifesto portatile di disobbedienza civile. Ma andiamo con ordine.

Universitaly si apre con una domanda spiazzante: «perché un luogo di elaborazione e di trasmissione della conoscenza diventa uno straordinario concentrato di stupidità, in cui l’automazione frenetica delle pratiche svuota di significato le azioni quotidiane?». La risposta non è semplice e il testo prova ad articolarla in tre mosse. La prima si intitola esperienza. Federico Bertoni è professore di letterature comparate e teoria della letteratura all’Università di Bologna. È dunque un insider. Per spiegare come si insegna e come si fa ricerca oggi, il primo passo è quello di descrivere in presa diretta la vita quotidiana di un professore italiano. Bertoni si diverte a mostrare la follia della routinenella quale è imprigionato; ma il tono generale della scrittura è amaro. In questa prima parte del volume lo seguiamo mentre cerca di dribblare il sovraccarico di burocrazia, la mole di email senza fine, le richieste sempre più astruse degli organi di valutazione della ricerca, gli intimidatori comandi dei centri informatici, la scrittura a ritmo fordista di abstract, le lettere di presentazione per gli studenti, eccetera… Ma il lavoro del professore universitario non dovrebbe essere quello di fare ricerca e di insegnare? Sembrerebbe di no. È stato costruito, in meno di due decenni, un esorbitante apparato normativo che per funzionare richiede un lavoro continuo. Ed è precisamente questo il lavoro per cui viene selezionato oggi un professore universitario. Ricerca e docenza passano in secondo piano.

La seconda mossa del saggio si intitola narrazione e ha il compito mostrare al lettore i dispositivi che producono il discorso sull’università, vale a dire quella rappresentazione aggressivamente demolitoria del sistema pubblico alla quale da oltre due decenni siamo quotidianamente sottoposti. A iniziare dalle classifiche di rating mondiali: tutti sappiamo che il nostro sistema non eccelle in queste classifiche. Pochi però si interrogano sul senso di una comparazione che valuta realtà quasi incomparabili. È sensato analizzare allo stesso modo una piccola università privata come Harvard, che ha poco più di 15.000 studenti e che da sola ha un finanziamento pari al 40% dell’intero sistema pubblico italiano, con una università statale come, per esempio, quella di Bologna, dove gli studenti sono quasi 100.000 e le risorse finanziarie, rapportate alle sue dimensioni, sono decisamente scarse? E come mai, nonostante questa disastrosa posizione, l’emigrazione scientifica italiana ha assunto ovunque posizione di rilievo proprio perché molto ben preparata? Non è forse che i conti non tornano del tutto?

Il discorso sull’università ipnotizza però la discussione pubblica soprattutto con tre concetti: merito, eccellenza e valutazione. Sono tre termini tossici. Perché impediscono di ragionare seriamente sul significato politico di un’istruzione universitaria di massa. Bertoni giustamente ricorda che «la meritocrazia tende a premiare chi può accedere a grandi risorse, opportunità, orizzonti sociali e culturali, reti di relazioni. Non c’è bisogno di essere raccomandati dal potente di turno per essere favoriti nella competizione: basta nascere in una “buona” famiglia, crescere in un ambiente sereno, avere i mezzi per viaggiare o studiare le lingue, disporre di una grande biblioteca, rientrare in un sistema ramificato di scambi e di relazioni sociali». Ed è per questa ragione che «merito è solo un altro nome per privilegio». Il secondo termine tossico è eccellenza. Presentata come obiettivo da conquistare grazie al merito, l’eccellenza non è altro che una martellante strategia retorica. Si vuole compensare, in realtà, il senso profondo del fallimento istituzionale dello Stato, nascondendo cause e responsabilità politiche. L’ultimo concetto ipnotico è quello di valutazione: il dispositivo che deve certificare l’eccellenza. Queste sono, fra le pagine del libro, quelle più importanti, un vero e proprio microsaggio di retorica, di politica e di psicologia sociale. Bertoni interpreta la valutazione come un dispositivo di potere che impone, in chi lo subisce, una sorta di auto-coercizione volontaria con effetti pratici immediati: è dal buon funzionamento di questo dispositivo, infatti, che dipendono fondi di ricerca, acquisizioni e posti di lavoro.

L’ultima mossa del volume prende il nome di politica. Bertoni avanza un’analisi impietosa di come l’università si sia progressivamente trasformata in una consumer oriented corporation senza alcuna forma di opposizione da parte di un corpo docente per lo più irresponsabile perché incapace di difendere il nesso humboldtiano ricerca-educazione, ripensandolo all’altezza del presente. A questo quadro già di per sé sconfortante si aggiunga poi una dosa massiccia di esterofilia, aggravata, nel caso della ricerca umanistica, da un senso di inferiorità verso le scienze pure e il loro delirio di onnipotenza. Come se ne esce? Il libro si chiude con dieci azioni semplici e due libri. Anzitutto dieci piccole pratiche di resistenza quotidiana capaci di mantenere viva un’idea altra di università come istituzione in grado di «promuovere una buona qualità media dell’istruzione collettiva, di fondare il progresso del Paese nell’estensione dei diritti e delle opportunità sociali». Quindi la lezione di due libri di Luigi Meneghello: I piccoli maestri (1964) e Fiori italiani (1976). Entrambi insegnano cosa produce l’uso sbagliato dei libri: uno scollamento sempre più grave fra conoscenza astratta ed esperienza del mondo. Quanto una buona università dovrebbe con ogni forza scongiurare.

A margine, una riflessione. È possibile pensare la trasformazione attuale dell’università come risposta politica a un problema di fondo, che potremmo identificare nel nesso fra qualità dell’istruzione di massa e conflitto sociale potenziale? Uno studio degli archivi della Fulbright Commission, sugli anni Settanta italiani, potrebbe forse rivelare risposte inaspettate. In questi anni ci siamo tutti dimenticati che l’istruzione pubblica resta uno dei campi privilegiati della battaglia per l’egemonia.

Universitaly, La cultura in scatola, Laterza, 2016

di Daniele Balicco Alfabeta2

Diseguaglianza

A livello universitario, da anni, si assiste a una riduzione progressiva del numero degli iscritti (per non parlare del livello indecente di preparazione fornito a partire dalla “riforma Berlinguer”, che ha abbassato drasticamente la qualità dello studio – il merito, appunto – con l’introduzione del sistema dei “crediti”, dell'”audience” (le cattedre vengono mantenute se c’è un certo numero di frequentanti, ma i corsi più “esigenti” in termini di impegno vengono disertati per quelli più facili che danno comunque “crediti”).

Questa “facilitazione” – accolta con suicida soddisfazione anche da alcune ideologie di movimento – ha rapidamente trasformato alcune facoltà in fabbriche di diplomi di laurea senza alcuna utilità professionale o semplicemente lavorativa. A soffrirne di più, naturalmente, sono state le facoltà umanistiche, che erano anche le uniche a poter fornire un “sapere critico”, ovvero capace – se ce n’era la capacità individuale – di interrogarsi sulle premesse teoriche di quel che si andava studiando. E quindi anche della società in cui si vive.

http://contropiano.org/cultura/item/31433-diseguaglianza-realta-e-ideologia-di-merda

Lo spirito del Risorgimento

O giovani, voi siete d’una terra che fu grande oltre ogni altra, grande, essa sola nella storia d’Europa, due volte, e sarà grande la terza. Le vostre Università diffusero istitutori e scienza a tutti i popoli. Le vostre scuole filosofiche cacciarono fin dal XVII secolo i germi, pur troppo inavvertiti fra noi, delle dottrine che diedero e danno vita alle scuole Francesi e Tedesche. Il vostro intelletto, potente quanto quello d’ogni altra contrada, è più audace e più rapido. E il Genio Italiano, quando Genio Italiano fu, non guasto, non traviato dal vezzo dell’imitazione straniera, ebbe sempre, unico in Europa, capacita singolare di porre in perfetta armonia due cose quasi sempre disgiunte, la sintesi e l’analisi, la teorica e la pratica, il pensiero e l’azione. La civiltà dei padri nostri, gli Etruschi, faceva tutta la legislazione interprete d’un concetto religioso, e architettava la terra, la città sull’ideale che si formava del cielo. Pitagora, italiano, se non per nascita, per adozione, e gl’Italiani di lui seguaci, non soddisfatti d’essere depositari del più alto e profetico sapere che allora fosse, sentivano il bisogno di tradurlo in atti e ordinavano associazioni segrete e città repubblicane nel mezzogiorno della Penisola. Dante era poeta, guerriero, pensatore politico e profugo cospiratore ad un tempo. Machiavelli affrontava tortura e persecuzioni. Michelangiolo fortificava i bastioni di Firenze. Tommaso Campanella scendeva dalla sfera delle utopie filosofiche per proporre ordinamenti di Stati e congiurava audacemente contro la dominazione straniera. I nostri più potenti intelletti furono apostoli e martiri. L’unita delle umane facoltà non s’è mai rivelata tanto quaggiù quanto nella nostra Italia. Voi siete degni, giovani, d’altri destini che non quelli ai quali oggi ancor soggiacete.

Ed io vi chiamo a compirli. Vi chiamo a compirli, perch’è dovere: vi chiamo a compirli, perché so che ne siete capaci; stanno mallevadori per voi i tanti che segnarono col sangue nel 1848 e nel 1849 il Patto fra le Università e la Nazione.

Voi siete, Giovani delle Scuole, sacerdoti del Pensiero tra noi; in voi, consacrati agli studi, vivono le speranze dell’intelletto italiano: consacratevi a un tempo sacerdoti dell’Azione, e vivano in voi le speranze dell’onore e dell’avvenire d’Italia. Sia ogni vostra Università come un santuario della Nazione; l’altare su cui arda perenne, alimentata da mani giovani e pure, la fiamma delle grandi idee e dei grandi fatti; il simbolo e la promessa della Patria futura: voi chiamano le vostre tradizioni e la potenza della mente e del core ad essere, nella battaglia che si combatte, primi all’assalto, ultimi nel ritrarsi; esempio e scorta ai migliori nei momenti solenni d’entusiasmo e di santo ardire, freno, difesa e rimprovero nei momenti di subito e vergognoso sconforto che talora assalgono i popoli tentennanti sulle vie della vita. E tutte le vostre Università si colleghino da un punto all’altro d’Italia in una fratellanza nella quale la sacra bandiera della Nazione sia trasmessa come nella Legione Sacra de’ Lacedemoni da chi cade a chi sorge. È questa, o giovani, la vostra missione. Il sangue corre a voi più fervido nelle vene; il pensiero v’è dato più pronto e spontaneo: vostro è il foco delle forti passioni; vostro il coraggio che fa il braccio ministro della mente. E i doveri, non lo dimenticate mai, stanno in ragione delle doti che l’uomo possiede. Voi incontrerete forse, prodotto bastardo delle recenti delusioni e di scuole straniere, uomini vecchi a venticinque anni, incadaveriti anzi tempo nell’egoismo della vanità e della paura, uomini che si dicon filosofi e non hanno se non scetticismo, ch’è la negazione d’ogni filosofia, meschini beffeggiatori che, dopo aver veduto un popolo disarmato scacciare un esercito austriaco, negano la potenza del popolo, dopo aver veduto le difese di Roma e Venezia negano l’attitudine dei giovani volontari alla guerra, dopo aver veduto la fede patria diffondersi, attraverso i martirii e i tentativi falliti e ognor rinascenti, dalla gioventù culta agli operai delle nostre città, negano l’efficacia educatrice del martirio e della lunga incessante protesta. Respingete

 

Giuseppe Mazzini, 4 luglio 1856

Fonte: http://www.appelloalpopolo.it/?p=12417

Tesi di laurea

tracce455
Ogni tanto mi capita che qualcuno mi chieda una consulenza per la sua tesi di laurea (quella triennale), ma, ovviamente, non ha nessuna intenzione di modificare l’impostazione del suo diligente lavoro di copia e incolla.

Altrettanto ovviamente libri utili come questo diventano inutili visto che, comunque, in sede di laurea il candidato rimedia almeno 100; quindi adesso il libro in questione non si trova.

Giusto per darvene un’idea ne ho copiato la pag.148,  che riporta gli errori più comuni (scaricabile in PDF); ma sarebbe già buona che il candidato sapesse scrivere in un italiano grammaticalmente e sintatticamente corretto.

Gaudeamus igitur

1)Pereat tristitia,
Pereant osores.
Pereat diabolus,
Quivis antiburschius
Atque irrisores. —
—–
Let sadness perish!
Let haters perish!
Let the devil perish,
Along with anybody else who is anti-scholarship
And anti-intellectual!
2) Quis confluxus hodie
Academicorum?
E longinquo convenerunt,
Protinusque successerunt
In commune forum.
—-
Why has such a multitude of the academy
Come here today?
They have come together from far and wide;
And now forthwith they ascend
Into the academic forum!
3)Vivat nostra societas,
Vivant studiosi
Crescat una veritas,
Floreat fraternitas
Patriae prosperitas
—-
Long live our faculty association!
Long live those devoted to learning!
May unity in the truth increase,
May our brotherhood
And the prosperity of our country flourish!
4) Alta Mater floreat,
Quae nos educavit;
Caros et commilitones,
Dissitas in regiones,
Sparsos, congregavit
—-
May our Nourishing Mother thrive,
the university who has educated us!
Dear ones and comrades
from scattered regions,
although divided, have now congregated!
—————————————-

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A student’s Epicurean response (c.1287) to the Stoic Seneca’s De Brevitate Vitae (On the Shortness of Life)?

Executive summary:
1. Life’s short; so let’s party.
2. We’re headed for heaven or hell.
3. Death is unavoidable.
4. But the academic life is best.
5. Statesmen and benefactors sustain it.
6. We can’t forget to praise women.
7. But we condemn all enemies of the intellectual life.

To be sung when dining together as students:
Gaudeamus igitur
Juvenes dum sumus.
Post jucundam juventutem
Post molestam senectutem
Nos habebit humus.

Ubi sunt qui ante nos
In mundo fuere?
Vadite ad superos
Transite in inferos
Hos si vis videre.

Vita nostra brevis est
Brevi finietur.
Venit mors velociter
Rapit nos atrociter
Nemini parcetur.

Vivat academia!
Vivant professores!
Vivat membrum quodlibet
Vivant membra quaelibet
Semper sint in flore.

Vivant et res publica
et qui illam regit.
Vivat nostra civitas,
Maecenatum caritas
Quae nos hic protegit.

Vivant omnes virgines
Faciles, formosae.
Vivant et mulieres
Tenerae, amabiles
Bonae laboriosae.

Pereat tristitia,
Pereant osores.
Pereat diabolus,
Quivis antiburschius
Atque irrisores.

~~~

Therefore let us party
While we are young!
After pleasant youth
After troublesome old age
The earth will have us!

Where are they who before us
Have been in the world?
Go up to the heavenly regions
Or cross over into the hellish ones
If you wish to see them!

Our life is brief;
It will be ended shortly!
Death comes quickly;
Cruelly it snatches us;
No one will be spared

Long live the university!
Long live the profs!
Long live any student!
Long live any students whatsoever!
May they always be the best!

Long live the republic also
And those who rule it!
Long live our city,
And the charity of benefactors
Which protects us here!

Long live all virgins
Affable and shapely!
Long live mature women also,
Tender and lovely,
Loyal and industrious!

Let sadness perish!
Let haters perish!
Let the devil perish,
Along with anybody else who is anti-scholarship
And anti-intellectual!
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~~~~
Three verses to add for official academic occasions:

8. Look at who is here for convocation.
9. Look at those who greet them on stage.
10. The university unites us.
Quis confluxus hodie Academicorum? (2)
E longinquo convenerunt,
Protinusque successerunt
In commune forum; (2)

Vivat nostra societas, Vivant studiosi (2)
Crescat una veritas,
Floreat fraternitas,
Patriae prosperitas. (2)

Alma Mater floreat, Quae nos educavit; (2)
Caros et commilitones,
Dissitas in regiones
Sparsos, congregavit; (2)

~~~~~~~~~~
Why has such a multitude of the academy
Come here today?
They have come together from far and wide;
And now forthwith they ascend
Into the academic forum!

Long live our faculty association!
Long live those devoted to learning!
May unity in the truth increase,
May our brotherhood
And the prosperity of our country flourish!

May our Nourishing Mother thrive,
the university who has educated us!
Dear ones and comrades
from scattered regions,
although divided, have now congregated!

Vedi anche: http://issuu.com/afenice/docs/goliardia

e i colori della feluca goliardica

Link

Dal pensiero pensante al pensiero calcolante

È soprattutto l’economia il sapere privilegiato verso cui vengono dirottati le giovani teste pensanti chiamate a cessare di essere tali. L’economia è oggi scienza dominante e, insieme, scienza del dominio: il suo fine precipuo è di addomesticare le giovani teste pensanti all’ordine della globalizzazione, affinché, dunque, cessino di pensare e si limitino a riprodurre tautologicamente l’esistente.

Diego Fusaro