Impunità

Citazione

L’impunità era organizzata, e aveva radici che le gride non toccavano, o non potevano smovere. Tali eran gli asili, tali i privilegi d’alcune classi, in parte riconosciuti dalla forza legale, in parte tollerati con astioso silenzio, o impugnati con vane proteste, ma sostenuti in fatto e difesi da quelle classi, con attività d’interesse, e con gelosia di puntiglio. Ora, quest’impunità minacciata e insultata, ma non distrutta dalle gride, doveva naturalmente, a ogni minaccia, e a ogni insulto, adoperar nuovi sforzi e nuove invenzioni, per conservarsi. Così accadeva in effetto; e, all’apparire delle gride dirette a comprimere i violenti, questi cercavano nella loro forza reale i nuovi mezzi più opportuni, per continuare a far ciò che le gride venivano a proibire. Potevan ben esse inceppare a ogni passo, e molestare l’uomo bonario, che fosse senza forza propria e senza protezione; perché, col fine d’aver sotto la mano ogni uomo, per prevenire o per punire ogni delitto, assoggettavano ogni mossa del privato al volere arbitrario d’esecutori d’ogni genere. Ma chi, prima di commettere il delitto, aveva prese le sue misure per ricoverarsi a tempo in un convento, in un palazzo, dove i birri non avrebber mai osato metter piede; chi, senz’altre precauzioni, portava una livrea che impegnasse a difenderlo la vanità e l’interesse d’una famiglia potente, di tutto un ceto, era libero nelle sue operazioni, e poteva ridersi di tutto quel fracasso delle gride. Di quegli stessi ch’eran deputati a farle eseguire, alcuni appartenevano per nascita alla parte privilegiata, alcuni ne dipendevano per clientela; gli uni e gli altri, per educazione, per interesse, per consuetudine, per imitazione, ne avevano abbracciate le massime, e si sarebbero ben guardati dall’offenderle, per amor d’un pezzo di carta attaccato sulle cantonate. Gli uomini poi incaricati dell’esecuzione immediata, quando fossero stati intraprendenti come eroi, ubbidienti come monaci, e pronti a sacrificarsi come martiri, non avrebber però potuto venirne alla fine, inferiori com’eran di numero a quelli che si trattava di sottomettere, e con una gran probabilità d’essere abbandonati da chi, in astratto e, per così dire, in teoria, imponeva loro di operare. Ma, oltre di ciò, costoro eran generalmente de’ più abbietti e ribaldi soggetti del loro tempo; l’incarico loro era tenuto a vile anche da quelli che potevano averne terrore, e il loro titolo un improperio. Era quindi ben naturale che costoro, in vece d’arrischiare, anzi di gettar la vita in un’impresa disperata, vendessero la loro inazione, o anche la loro connivenza ai potenti, e si riservassero a esercitare la loro esecrata autorità e la forza che pure avevano, in quelle occasioni dove non c’era pericolo; nell’opprimer cioè, e nel vessare gli uomini pacifici e senza difesa.
L’uomo che vuole offendere, o che teme, ogni momento, d’essere offeso, cerca naturalmente alleati e compagni. Quindi era, in que’ tempi, portata al massimo punto la tendenza degl’individui a tenersi collegati in classi, a formarne delle nuove, e a procurare ognuno la maggior potenza di quella a cui apparteneva. Il clero vegliava a sostenere e ad estendere le sue immunità, la nobiltà i suoi privilegi, il militare le sue esenzioni. I mercanti, gli artigiani erano arrolati in maestranze e in confraternite, i giurisperiti formavano una lega, i medici stessi una corporazione. Ognuna di queste piccole oligarchie aveva una sua forza speciale e propria; in ognuna l’individuo trovava il vantaggio d’impiegar per sé, a proporzione della sua autorità e della sua destrezza, le forze riunite di molti. I più onesti si valevan di questo vantaggio a difesa soltanto; gli astuti e i facinorosi ne approfittavano, per condurre a termine ribalderie, alle quali i loro mezzi personali non sarebber bastati, e per assicurarsene l’impunità.

Manzoni, “I Promessi Sposi”, cap. I

Il romanzo

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il romanzo è il genere che, conquistando la capacità di narrare qualsiasi storia in qualsiasi modo, arriva a raccontare, con una ricchezza e un peso inediti, l’esistenza delle persone come noi, cioè qualcosa che per i moderni è diventato cruciale e che fino a quel momento aveva avuto un posto minore nella società e nella cultura europea.

Guido Mazzoni in “I nomi propri e gli uomini medî ”

http://www.leparoleelecose.it/?p=24142

Utilitarismo

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Anche rimanendo nel piccolo mondo quotidiano, è sempre duro scontrarsi con la cecità di chi ci dovrebbe condurre all’eccellenza, ma preferisce tenerci nel fango del porcile così non rompiamo i coglioni

Nota: io parlerei piuttosto di cinismo

http://spersanelletere.com/2016/02/01/sempre-accusando-sempre-cercando-il-responsabile-non-certo-io/

L’essere umano

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L’Essere Umano non vuole vivere di idee e di progetti, ma vuole mangiare fino a scoppiare, vuole scoparsi tutte le donne, vuole avere sempre il massimo, vuole vivere nel lusso, inconsapevole della propria miseria interiore. Loro, i potenti, sono gli autentici custodi dell’autenticità del messaggio cristiano, sono i pastori realistici e pragmatici di un gregge di mascalzoni che non meritano la minima considerazione se non il disprezzo della comunità, e loro, i potenti, praticano l’umiltà nell’approccio perché capiscono quella autentica essenza.
“I fratelli Karamazov” di Fedor Mickailovitch Dostoevskij, meglio noto come “La leggenda del Santo Inquisitore”. – See more at: http://www.bondeno.com/2015/07/30/il-dito-e-la-diga/#sthash.hUQIFDi0.dpuf

Caramelle

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Un grande uomo politico , il bavarese Franz-Josef Strauss , manifestò il suo pensiero sull’Europa comunitaria con una affermazione lapidaria e tagliente : “I dieci comandamenti contengono 279 parole, la Dichiarazione americana d’indipendenza 300 e le disposizioni della Comunità Europea sull’importazione di caramelle esattamente 25.911.

Retroguardie

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Le sciagure d’una nazione, la quale, piena di coraggio e di forze, le rivolge furiosamente contro i suoi figli, e prepara allo straniero la via, consumando miseramente se stessa, saranno sempre alto argomento di dolore, e di pianto a chi sente. E diciamo di dolore, e di pianto, perché in ogni tempo i più s’appagano di gemere, e di tacere sovra infortunii, a cui non possono porre riparo. Ma in tutti i secoli v’hanno delle anime di fuoco, che non possono acquetarsi all’universal corruttela, né starsi paghe d’uno steril silenzio.

Collocate dalla natura ad una immensa altezza comprendono in un’occhiata la situazione, e i bisogni de’ loro simili; straniere a’ vizi de’ loro contemporanei, tanto più vivamente ne sono affette; uno sdegno santo le invade; tormentate da un prepotente desío di far migliori i loro fratelli, mandano una voce possente e severa, come di Profeta, che gridi rampogna alle genti; voce, che il più delle volte vien male accolta da coloro, a’ quali è dirizzata, come da fanciulli la medicina. Ma chi dirà doversi anteporre la lusinga d’un plauso fugace alla riconoscenza più tarda de’ posteri?

A questa sola Dante mirava, e lo esprimeva in quei versi, che non dovrebbero obbliarsi mai da chi scrive

“E s’io al vero son timido amico,
Temo di perder vita tra coloro,
Che questo tempo chiameranno antico”.
Parad., c. XVII

Giuseppe Mazzini

Fenomenologia del meno peggio

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A volte viene il momento di “sciogliere” l’opinione pubblica responsabile della sua stessa rovina tramite indifferenza, accidia, delega in bianco, estraneità di comodo: quella che non vuol sapere perché andare al  patibolo bendati è meglio, quella che vorrebbe una politica invisibile che sbrigasse gli affari comuni mentre i cittadini stanno pacificamente a curare quelli personali di famiglia, quella che spera in un uomo forte, in una salvezza da fuori magari grazie ai marziani, che si tiene un orrendo presente noto per timore di un ignoto domani, uno sconosciuto altro, magari imprevedibile, magari criptico, ma probabilmente bello, nel quale aspettative, talenti, doveri e diritti trovino il loro posto.

Anna Lombroso

https://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2015/06/14/venezia-fenomenologia-del-meno-peggio/

Associazionismo, non volontariato

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Il volontario non dovrebbe fare il cameriere del potere, ma lavorare per il bene comune; normalmente le due cose non coincidono.

Ultimamente queste parole vengono usate come se fossero sinonimi, in realtà si riferiscono a cose diverse: sostanzialmente il volontariato è lavoro non retribuito ed ha una vita relativamente recente, mentre l’associazionismo risale alla nascita dello stato costituzionale.

Mi pare lo illustri bene lo scritto Mazziniano del 1860 su I doveri dell’uomo:

“Sia dunque l’Associazione dovere e diritto per voi.

Taluni a limitarne il diritto fra i cittadini, vi diranno che l’associazione è lo Stato, la Nazione: che voi ne siete o dovete esserne tutti i membri: e che quindi ogni associazione parziale tra voi è o avversa allo Stato o superflua.

Ma lo Stato, la Nazione non rappresentano se non l’associazione dei cittadini in quelle cose, in quelle tendenze che sono comuni a tutti gli uomini che ne sono parte. Esistono tendenze e fini che non abbracciano tutti i cittadini, ma solamente un certo numero d’essi. E come le tendenze e il fine comune a tutti generano la Nazione, le tendenze e il fine comuni a parecchi fra i cittadini devono generare l’associazione speciale.

Poi – e questa è base fondamentale al diritto d’associazione – l’associazione è la mallevadoria del Progresso. Lo Stato rappresenta una certa somma, un certo insieme di principi nei quali l’università dei cittadini consente nel periodo in cui lo Stato è fondato. Ponete che un nuovo e vero principio, un nuovo e ragionevole sviluppo delle verità che danno vita allo Stato, s’affaccino a taluni fra i cittadini: come potranno diffonderne, senza associarsi, la conoscenza ?

Ponete che in conseguenza di scoperte scientifiche, di nuove comunicazioni aperte fra popoli e popoli o d’altra cagione, si manifesti, per un certo numero d’uomini appartenenti allo Stato, un nuovo interesse: come potranno quei che lo intendono primi conquistargli luogo fra gli interessi da lungo esistenti se non affratellando i propri mezzi, le proprie forze ?

L’ inerzia, il riposo nella condizione di cose esistente e sancita dal comune consenso, sono troppo connaturali agli animi, perché un solo individuo possa, colla sua parola, scuoterli e vincerli. L’associazione di una minoranza di giorno in giorno crescente lo può. L’associazione è il metodo dell’avvenire. Senz’essa, lo Stato rimarrebbe immobile, incatenato al grado raggiunto di civiltà.

L’associazione deve essere progressiva nel fine a cui tende, non contraria alle verità conquistate per sempre dal consenso universale dell’ Umanità e della Nazione. Una associazione che s’impiantasse per agevolare il furto dell’altrui proprietà, una associazione che facesse obbligo ai suoi membri della poligamia, una associazione che dichiarasse doversi sciogliere la Nazione o predicasse lo stabilimento del Dispotismo sarebbe illegale. La Nazione ha diritto di dire ai suoi membri: noi non possiamo tollerare che si diffondano in mezzo a noi dottrine violatrici di ciò che costituisce la natura umana, la Morale, la Patria. Uscite e stabilite fra voi, al di là dei nostri confini, l’associazione che le vostre tendenze vi suggeriscono.

L’associazione deve essere pacifica. Essa non può avere altre armi che l’apostolato della parola deve proporsi di persuadere, non di costringere.
L’associazione deve essere pubblica. Le associazioni segrete, armi di guerra legittima dove non è Patria né Libertà, sono illegali e possono essere sciolte dalla Nazione, quando la Libertà è diritto riconosciuto, quando la Patria protegge lo sviluppo e l’inviolabilità del pensiero. Se l’associazione deve schiudere la via al Progresso, essa deve essere sottomessa all’esame e al giudizio di tutti.

E finalmente l’Associazione deve rispettare in altrui i diritti che sgorgano dalle condizioni essenziali dell’umana natura. Una associazione che violasse, come le corporazioni del medio evo, la libertà del lavoro o tendesse direttamente a restringere la libertà di coscienza, potrebbe essere respinta, governativamente, dalla Nazione.

Da questi limiti infuori, la libertà d’associazione fra cittadini è sacra, inviolabile, come il progresso che ha vita in essa. Ogni Governo che s’attentasse di restringerla tradirebbe la missione sociale: il popolo dovrebbe, prima ammonirlo, poi, esaurite le vie pacifiche, rovesciarlo”.

La libertà di associazione è ribadita dall’art.18 della Costituzione Italiana, lo slittamento lento e progressivo verso il volontariato mi sembra rischi di asservire quella che è una libera tensione verso il progresso, in una ulteriore forma,  irreggimentata, di sfruttamento del lavoro.

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